Come già annunciato, il 29 settembre Netflix ha chiuso il suo servizio di distribuzione per posta dei DVD. Una fine attesa, ma dall’alto valore simbolico dato che l’azienda fondata da Reed Hastings e Marc Randolph iniziò proprio fornendo questo servizio, rivoluzionario per l’epoca. Il lancio avvenne 14 aprile del 1998 con 30 dipendenti e 925 DVD da spedire. Oggi i dischi sono molti di più, ma i dipendenti si sono ridotti a solo sei. 

Netflix si inserì con successo in un periodo di transizione. L’ispirazione fu il modello della “giovane” Amazon. L’utente poteva ricevere e restituire tramite posta i film ordinati online. Anche l’home video stava cambiando passando dalle più ingombranti e fragili VHS agli agili DVD. Il sistema funzionò tanto da garantire a Netflix un successo e una distribuzione capillare. All’apice del suo funzionamento faceva circuitare 1.2 milioni di dischi generando entrate per milioni di dollari. L’efficenza del servizio e la sua comodità permisero in poco di superare la rivale Blockbuster e sopravvivere più a lungo nel tempo dando una spinta decisiva al suo declino. 

I numeri della consegna via posta di Netflix 

Nonostante il lancio del servizio streaming nel 2007 e la successiva produzione di contenuti originali, Netflix ha continuato per questi anni a mantenere una base fedele di abbonati al prodotto fisico. Nelle settimane precedenti la chiusura i DVD e Blu-Ray evasi sono stati circa 50.000, tra i più popolari vi sono Avatar: la via dell’acqua e The Fabelmans, ma anche qualche titolo più ricercato (per certi versi il supporto fisico rimane il migliore dei modi per recuperare titoli i cui diritti di sfruttamento streaming non sono stati acquisiti). Tra le richieste vi sono anche le serie TV come Yellowstone e The Handmaid’s Tale. Al massimo della sua capacità il sistema Netflix operava su 58 strutture di spedizione, oggi ne rimangono solo 5. Il sistema riusciva a servire il 98.5% della clientela nel giro di 24 ore. 

Nel 2008 i dipendenti arrivavano ad aprire fino a 650 buste in un’ora. I lavoratori di Netflix per il noleggio postale hanno un rapporto di lunga data con l’azienda. Ogni dipendente dello stabilimento di Anaheim è stato assunto da più di un decennio. I ricavi dei primi sei mesi del 2023 per quanto riguarda il morente business del noleggio è stato di (un comunque non trascurabile) 60 milioni di dollari. Nulla in confronto a quanto venuto dallo streaming solo negli Stati Uniti nello stesso periodo: 6,5 miliardi di dollari.

Quanti l’hanno usato fino all’ultimo giorno?

Fino all’ultimo giorno Netflix ha servito circa un milione di persone. La consegna a casa è entrata nelle abitudini di queste persone e le ha fidelizzate. Se qualcuno si fosse mai messo a cercare una delle strutture in cui partono gli ordini, non l’avrebbe trovata molto facilmente. Nessun logo appariscente, solo un edificio anonimo. Il direttore dello stabilimento ha spiegato infatti che la scelta non è casuale: se avessero messo il logo sulla porta si sarebbero trovati le persone direttamente nel magazzino a restituire i film e a chiederne subito di nuovi data l’abitudine a recarsi in un luogo fisico per prendere e restituire i noleggi. La regola invece era: tutto deve avvenire per posta. 

Non tutti sono disposti a passare al servizio streaming. Alcuni dei clienti più fedeli intervistati si sono detti contrariati dalla fine del servizio. Amavano la possibilità di avere più opzioni di scelta. Per fare accettare la cosa, e per liberare le proprie strutture da film da mandare al macero, Netflix ha permesso ai clienti di tenere gli ultimi noleggi fatti.

Il futuro del cinema sembra essere sempre più immateriale. I film si muovono nella rete, ma con il sistema di abbonamento delle piattaforme nessun cliente possiede mai veramente un film. La domanda allora riguarda la scomparsa del supporto fisico: la strada intrapresa lo fa sembrare inevitabile eppure è difficile immaginare un futuro in cui la cinefilia non si esprimerà anche attraverso il possesso di un film nella propria collezione. In fondo, la nicchia del vinile per quanto riguarda l’industria musicale, può essere un interessante metro di paragone per la traiettoria dell’home video. 

Fonte: New York Times

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