La sera di sabato 17 febbraio, presso la Royce Hall dell’Università della California (Los Angeles), si sono tenuti i 51º Annie Awards. I celebri premi per le opere animate che più si sono distinte nel corso della stagione sono stati consegnati, come ogni anno, dall’ASIFA-Hollywood, sulla base dei voti degli artisti registrati alla sezione di Hollywood dell’Association Internationale du Film d’Animation. Al pari dei Directors Guild of America Awards, dei Writers Guild Awards e delle altre premiazioni di categoria che annualmente, in questo periodo, si susseguono, andando a formare quel percorso che porterà alla notte degli Oscar, anche gli Annie sono un importante indicatore di quali potrebbero essere le vittorie agli Academy Awards. Ciò permette di ragionare, facendo le dovute previsioni, sul film che si porterà a casa la statuetta la sera dell’11 marzo.

Il tutto in un’edizione senza conduttore che purtroppo non è riuscita a brillare come si sarebbe voluto. Non solo è risultata scialba, disequilibrata dal punto di vista del ritmo, ma allo stesso tempo è mancata l’occasione di diventare un momento di confronto in un periodo di profonda fragilità che negli ultimi tempi sta coinvolgendo l’intera categoria.

L’animazione è il linguaggio audiovisivo che più di tutti ha riscontato difficoltà nel riprendersi dagli anni della pandemia. Questo si evidenzia tanto nei risultati al botteghino, nettamente inferiori rispetto al periodo pre-pandemico, quanto nei numerosi tagli e licenziamenti avvenuti in seno alle principali case di produzione. In virtù proprio di questi risvolti, si sta assistendo a una sempre maggiore sindacalizzazione da parte degli animatori, sull’onda anche degli scioperi di attori e sceneggiatori nel 2023. Ci si sarebbe aspettato, quindi, in occasione di uno degli eventi più importanti per l’industria, un maggior coinvolgimento in merito a questi temi. 

Tra lo spettro delle Intelligenze Artificiali che diventa ogni giorno più concreto, scatenando non poche preoccupazioni da parte degli addetti ai lavori, e la generale mancanza di rispetto dimostrata dai vertici degli Studios nei confronti della categoria, l’unico momento degno di nota è stato l’intervento del voice actor Eric Bauza. Dal palco della cerimonia, infatti, il doppiatore di molti personaggi animati, a partire dai celebri Looney Tunes, si è espresso con tono critico nei confronti di Warner Bros. Discovery e del probabile oblio al quale verrà destinato Coyote vs ACME. È così che viene lanciando un appello rivolto alla Major, chiedendo (con la voce di Bugs Bunny e Daffy Duck) la messa a disposizione del film, al grido dell’hashtag #ReleaseCoyoteVsACME.

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Spider-Man: Across the Spider-Verse prossimo all’Oscar?

In un’edizione segnata per la prima volta dalla totale assenza di film Disney in lizza per il premio principale (tanto sul fronte Walt Disney Animation Studios che su quello Pixar), c’è stato modo per le altre pellicole di godere di maggiore rilevanza, senza essere condizionate dall’ingombrante presenza dei titoli della Casa di Topolino. Questo già a partire dalle candidature, tanto da consentire a un film produttivamente più “piccolo” come Nimona di guidare la rosa con nove nomination assegnategli, seguito da Suzume, Il ragazzo e l’airone e Spider-Man: Across the Spider-Verse (con sette nomination per ciascuno).

A dominare la serata è stato, tuttavia, proprio il secondo capitolo della saga targata Sony Animation con protagonista Miles Morales, replicando quanto compiuto nel 2019 con Spider-Man: Into the Spider-Verse e trionfando in tutte le categorie per le quali era candidato, tra cui l’Annie per il miglior lungometraggio. A dispetto degli altri titoli di peso che componevano la cinquina. Delle nove candidature ricevute da Nimona, infatti, il film Netflix (ex-progetto Blue Sky Studios) si è dovuto accontentare del premio a Chloë Grace Moretz per la miglior interpretazione vocale e quello per la miglior scrittura. Invece, Il ragazzo e l’airone, l’altro grande favorito della serata, è tornato a casa con soli due premi (quello al miglior storybording, vinto dallo stesso Miyazaki, e quello per il miglior Character Animation per un film animato a Takeshi Honda).

La vittoria di Spider-Man: Across the Spider-Verse in una stagione dei premi che l’ha visto fronteggiarsi con l’ultimo film di Hayao Miyazaki può essere indicativa della sua eventuale vittoria anche in occasione degli Oscar, riproponendo le dinamiche che hanno portato il capitolo precedente a conquistare la statuetta. Tale associazione, tuttavia, non è scontata. Per quanto la vittoria all’Annie si traduca spesso in una successiva anche agli Academy Awards, non è raro che a trionfare sia invece un’altra pellicola (circostanza verificatasi, in passato, in altre sette occasioni).

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Il mio amico robot: spazio agli indipendenti

Uno degli elementi peculiari degli Annie è la suddivisione dei lungometraggi animati in due categorie distinte: una dedicata ai film mainstream e l’altra a quelli indipendenti. Tale separazione ha sempre dato modo anche alle pellicole prive di grandi produzioni alle spalle di ottenere altrettanto risalto. È il caso, quest’anno, della co-produzione franco-spagnola Il mio amico robot, prima incursione nel cinema animato del regista Pablo Berger (in uscita da noi ad aprile, distribuito da I Wonder Pictures) che ormai da diversi mesi sta ricevendo ampio consenso in Europa come nel resto del mondo, vincendo il Contrechamp Award al Festival di Annecy, il premio per il miglior film d’animazione agli European Film Awards e due premi Goya (miglior film d’animazione e miglior sceneggiatura adattata). Unico film europeo della rosa di candidati agli Oscar nella categoria “miglior film d’animazione”, Il mio amico robot è stato insignito dell’Annie per il miglior film indipendente, battendo altri titoli che nel corso della precedente stagione hanno molto fatto parlare di sé, come Ernest e Celestine: L’avventura delle 7 note, sequel del celebre film del 2012 candidato agli Oscar, e The Inventor, film in stop-motion dedicato alla figura di Leonardo Da Vinci.

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Blue Eye Samurai: L’animazione per adulti colpisce ancora

Per quanto riguarda il fronte televisivo, invece, si può affermare, senza dubbio, che questo sia stato l’anno di Blue Eye Samurai. Sebbene rispetto ai film ci sia stata una maggiore uniformità nella consegna dei premi (con Disney che può consolarsi della mancata candidatura a miglior pellicola con l’assegnazione di tre premi a Moon Girl e Devil Dinosaur e due a Star Wars: Visions), la serie Netflix, prodotta e concepita dai coniugi Amber Noizumi e Michael Green, che con la sua prima stagione tanto ha sorpreso lo scorso autunno, è uscita vincitrice dalla premiazione, trionfando in tutte e sei le categorie in cui era candidata. Tra queste sono incluse miglior scrittura, così come miglior montaggio e miglior production design, fino ad arrivare all’ambito Annie per la miglior serie rivolta a un pubblico maturo. Per certi versi, il risultato ottenuto dallo show può essere paragonato a quanto ottenuto due anni fa da Arcane, la quale, nell’edizione del 2022, era stata insignita di ben nove premi.

La coronazione di un’altra serie che, per impostazione e messa in scena, guarda in direzione delle produzioni dal vero pur senza rinunciare a tutte le potenzialità espressive dell’animazione, è segno di una concreta presa di coscienza da parte dell’industria nei confronti di queste produzioni.

A ulteriore conferma di questo riconoscimento si evidenzia il cambio di denominazione avvenuto l’anno scorso per l’Annie Award for Best General Audience Animated Television Broadcast Production, il premio dedicato alle serie per un pubblico adulto, sostituendo il termine General con Mature, delineando una distinzione più chiara, meno generica.

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