Se c’è un grande segreto a proposito della trattativa sui premi e sulla palma d’oro tra i giurati di Cannes 75, il presidente di giuria Vincent Lindon si è detto, sorridendo, gelosamente non disposto a rivelarlo. Quale sia (o se esista veramente) questo segreto probabilmente non lo sapremo mai, mentre è stato invece lungamente ripetuto da tutti i giurati quanto l’esperienza di lavoro lungo le ultime due settimane sia stata estremamente piacevole, rilassata e soprattutto formativa. E, Lindon ci teneva a precisarlo, il tutto senza che nessuno di loro abbia mai alzato la voce con qualcun altro.

Se per Lindon fare parte di questa giuria gli ha insegnato “non tanto come guardare un film, ma come riflettere su di esso”, Jasmine Trinca ha voluto sottolineare l’aspetto precisamente emotivo di vedere i film collettivamente in un sala: “come spettatori, non solo come parte di una giuria”.  È invece Noomi Rapace a sottolinare come “fare film non ha età”. Come infatti, rivela l’attrice, EO poteva sembrare il film di un giovane, Close è al contrario è il film di un giovane che sembra provenire da un uomo molto maturo.

I premiati

Quando vinci due palme fai parte della storia del cinema” è la sintesi di quel che ha da dire subito dopo la vittoria di Triangle Of Sadness Ruben Östlund, regista che non ha mai nascosto la sua competitività e che ha colto l’occasione per commentare come veda il mondo del cinema d’autore: “Quando frequentavo la scuola di cinema tra il 98 e il 2001, sentivo che il cinema arthouse era diventato noioso, che fosse un genere a sé. Io invece ero ispirato da Lina Wertmüller o da Buñuel, che parlavano sì di temi importanti ma in modi anche divertenti […] Io volevo girare qualcosa di grande intrattenimento che rispettasse il pubblico“.

Quando gli chiedono dove sarà ambientato il prossimo film dopo averne fatti in musei, resort sciistici e una nave da crociera lui risponde, con ironia: “Lo giro tutto su un aereo, lo spunto è che i sistemi di intrattenimento per i passeggeri smettono di funzionare e così tutte le persone devono arrangiarsi“.

song kang-ho palma cannes

Per il resto in un palmares con molti nomi che erano già saliti a ritirare dei premi a Cannes negli scorsi anni, uno dei pochi nuovi arrivati a spiccare è stato Lukas Dhont, al secondo lungometraggio, che se ne va con il Gran Prix e che prima ancora che Östlund potesse parlare ha quasi risposto alle sue frasi, ammettendo di aver fatto un film che in un certo senso parla anche della sua esperienza nell’industria: “Quando desideri far parte della storia del cinema facilmente pensi di doverti conformare a quello che gli atri hanno già fatto. Conformarsi per sentirsi accettati“. Conformarsi per sentirsi accettati infatti è anche il punto del suo Close. Ma dal medesimo punto di vista è stata ancora più sintetica Zar Amir Abrahimi, miglior attrice grazie ad Holy Spider: “Per me essere qui con questo premio è un miracolo. Non è facile fare un diaspora movie“.

Chi nella storia del cinema c’è già è invece Park Chan-wook, stavolta premio alla regia con Decision To Leave. In una serata in cui tutti hanno dovuto rispondere ad almeno una domanda sul cinema in sala e l’importanza di vedere film in sala, quella di Park forse è stata la risposta più ragionata: “Io ho fatto un cortometraggio che si può vedere su YouTube e anche una serie tv. Continuerò a fare queste cose. Ma ogni lavoro ha il suo medium specifico e per me un film va visto in sala“.

Decision To Leave è un film che gioca con i luoghi comuni del cinema così consciamente che lo ammette lo stesso regista: “Questo è un film leggendo la cui descrizione facilmente puoi pensare di averlo già visto mille volte. Io invece volevo andare un po’ oltre: nella prima parte, arriva una femme fatale e alla fine scopri che non lo è, anzi è la protagonista, quella che porta su di sé l’intero film“.

park chan-wook palma cannes

L’altro coreano in palmares invece è Song Kang-ho, carriera formidabile, già mitologia del cinema mondiale e già insignito (anche se non personalmente) quando Parasite vinse la palma d’oro. Stavolta il premio è tutto suo e non riesce a non parlare del cinema coreano: “È la diversità del cinema coreano a rendere possibile questo premio“. Broker infatti è un film coreano ma diretto da un giapponese, Hirokazu Kore-eda, che tuttavia, come dice Song, “ha una grande familiarità con la cultura coreana“.

La stessa situazione in cui, curiosamente, si sono ritrovati Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, registi provenienti da Belgio del film a maggioranza italiana Le otto montagne, premiati con il premio della giuria: “Non avrei mai pensato di fare un film in italiano” lo prendiamo come un complimento “è stato bello calarsi in questo mondo sconosciuto. Con l’avventura americana di Beautiful Boy ho imparato a fare film in un’altra lingua e credo non mi sentirò mai più bloccato“.

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Fonte delle immagini: sito ufficiale

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