Le nostre interviste realizzate a Rapalloonia 2017 proseguono con un artista che non ha bisogno di presentazioni: Mario Alberti. Basti dire che ha collaborato in Francia con Delcourt, Glénat e Les Humanoïdes Associés, o in America con Marvel e DC Comics; ma Alberti è soprattutto noto ai lettori di fumetti Sergio Bonelli Editore, avendo lavorato su Nathan Never e Legs Weaver.

Recentemente ha firmato, su testi di Mauro Boselli, il secondo numero di Tex Romanzi a Fumetti, ed è attualmente al lavoro sullo spin-off di Dragonero, Senzanima, pensato per un pubblico adulto. Qualche giorno fa, a Lucca Comics & Games 2017, è stato presentato in anteprima l’episodio d’esordio da lui disegnato, scritto dai creatori del franchise Luca Enoch e Stefano Vietti e colorato da Andres Mossa.

La serie sarà incentrata sul giovane Ian Aranill, appena sedicenne (come vi abbiamo raccontato da Lucca); come potete vedere in coda all’intervista, Mario ha regalato a tutti voi una sua splendida interpretazione del personaggio.

 

Ciao, Mario! Benvenuto, è un grande piacere averti qui su BadComics.it.
Hai lavorato per alcuni dei più grossi mercati del Fumetto al mondo: America, Francia e ovviamente Italia. Dov’è sei nato professionalmente?

Innanzitutto grazie per l’accoglienza! Sono nato professionalmente in Italia. Ho esordito su “Fumo di China” e poi ho lavorato per un anno per “L’Intrepido”. Quindi sono stato arruolato nello staff dei disegnatori Bonelli per “Nathan Never” e “Legs Weaver”.

Com’è cominciata la tua esperienza su Nathan Never, uno dei personaggi storici della casa editrice milanese?

Devo ammettere che è lì che ho imparato veramente il mestiere. Il rispetto degli stili narrativi Bonelli: l’importanza di mantenere sempre al centro delle tue attenzioni la storia e la chiarezza del racconto sono stati insegnamenti fondamentali per me. Penso che mi sia servito per capire davvero cosa significhi fare fumetti, ossia raccontare una storia, più che fare un bel disegno.

In America sei stato impegnato su alcune icone come gli X-Men, i Fantastici Quattro e Spider-Man. Ci puoi raccontare qualcosa di quel periodo e dirci se potrà ripetersi in futuro?

Tutto può succedere in futuro. La mia esperienza alla Marvel è stata bellissima. Il ricordo più bello e impegnativo riguarda certamente Spider-Man. Da piccolo leggevo “L’Uomo Ragno” e speravo che un ragno radioattivo mi mordesse, puoi immaginare! [ride] Spider-Man è stata una cosa immensa per me, molto complessa in termini produttivi, volendo fare matite, chine e colori per una serie con tempi così serrati.

Dopo i supereroi a stelle e strisce, sei passato al fantasy in Francia, prima di taglio fantascientifico su “Morgana”, di Luca Enoch, e poi horror, con “Les Chroniques de Légion”, su testi di Fabien Nury. Infine sei tornato in Italia per Tex con “Frontera!”. Dimostri una duttilità e una capacità di adattamento ai vari generi a dir poco singolare: con quale ti trovi più a tuo agio?

Assolutamente la fantascienza! È la cosa che mi diverte e mi appaga di più fare, cioè la possibilità di inventare mondi, personaggi e contesti. Credo anche che sia il genere dove riesco a dare il meglio di me stesso. Detto questo, a me piacciono molto le sfide, e Tex è stata una sfida enorme: sicuramente è stato il progetto più impegnativo che mi abbia visto coinvolto, finora. Per cui anche se non definirei il western uno dei miei generi preferiti, l’occasione di cimentarsi con Tex, che è un’icona assoluta del Fumetto, non solo italiano, era per me irrinunciabile.

Una volta accettato, quanta è stata la libertà che Mauro Boselli ti ha concesso?

Più che di libertà parlerei di comprensione, nel senso che all’inizio abbiamo dovuto incontrarci su ciò che intendo io per fumetto alla francese e su ciò che intendeva la Bonelli quando mi ha chiesto di fare un albo alla francese. L’idea dell’editore era indirizzato a qualcosa tipo “Blueberry”, che, seppur magnifico, definirei un po’ demodé riguardo il layout della tavola. Preferisco poter spaziare da una pagina all’altra senza mai – ovviamente – rinunciare alla leggibilità della storia. Quello è stato il parametro principale che abbiamo dovuto calibrare su Tex.

Per il resto, non ci sono stati problemi. Mauro Boselli è uno sceneggiatore fenomenale, ha una visione così precisa, limpida della pagina che pochi altri possono vantare, almeno per quanto riguarda la mia esperienza personale. Per cui c’è stato poco da discutere con lui. Talvolta ho proposto delle alternative. In alcuni casi sono state accettate, in altre no, ma aveva ragione Mauro! [ride] Abbiamo lavorato assiduamente e molto bene assieme.

Quando hai dovuto disegnare il protagonista, ti sei rifatto ad artisti precedenti oppure ti sei affidato alla tua ispirazione e al tuo stile?

No, non mi sono rifatto a disegnatori precedenti. Mi sono fatto una full immersion di un mese di film western. Perché il western ha tutta una sua meccanica di recitazione ben precisa. Volevo entrare in quell’ordine di idee, in quel tipo di linguaggio del corpo. Tex e i personaggi che lo attorniano si devono muovere in quel modo e non in un altro. Non è solo un discorso di ambientazioni, paesaggi che devono essere accurati e realistici. Tex è un western tradizionale, così sono andato a rivedermi tutti i classici di John Ford e Sergio Leone, tutte le pellicole con John Wayne e Clint Eastwood, e altre ancora.

Come dicevi prima tu, “Tex Romanzi a Fumetti” è una collana che si ispira come formato e caratteristiche al tipico cartonato alla francese. Se c’è qualcosa della tua esperienza francese che hai portato in “Frontera!”, qual è stata?

Sicuramente il layout della pagina. Il layout che ho scelto per “Frontera!” è lo stesso che utilizzerei per un fumetto che farei per la Francia, sempre con un vincolo fondamentale: il rispetto del lettore. Quindi la costruzione di una storia che sia immediatamente fruibile per lui senza elementi di incertezza o di ambiguità.

Restando sul formato alla francese, il cartonato a colori è l’edizione più venduta e comune in Francia, mentre risulta tutt’altro che facile da proporre in Italia. Per quale motivo, a tuo parere?

Penso sia essenzialmente un fatto di tradizione e di costume. Il pubblico italiano è abituato a fumetti di 94 o 96 pagine in bianco e nero, a un prezzo veramente – ripeto – veramente popolare, nella miglior accezione del termine. Quindi non è disposto a un esborso monetario che alla fine è per 46 pagine. Parliamo di un cartonato, di una qualità della carta superiore, di colore, ma non importa, stanno pagando di più per avere di meno. Penso sia questo il grosso problema che si debba affrontare quando si propone in Italia un formato del genere. Un francese non si pone questo problema, perché per lui l’editoria a fumetti funziona così. Per noi funziona in modo diverso, almeno fino a oggi.

Il tema di questa edizione di Rapalloonia è “Pennelli in fuga”, che fa un po’ il verso a un vero problema nostrano, “cervelli in fuga”. Tu, che hai lavorato per Francia e America, come vedi oggi il mercato del Fumetto italiano? A un nostro giovane talento, come accade per un ricercatore, conviene espatriare all’estero?

Non credo si possa fare un paragone del genere. Il tema di Rapalloonia è molto suggestivo, ma i due fenomeni non sono sovrapponibili. L’esigenza di un disegnatore di fumetti di andare all’estero è soprattutto creativa. Cerchi di fare le cose che ti piacciono, di esprimerti al meglio nell’ambito del tipo di fumetto che più ti è congeniale. I nostri giovani ricercatori spesso non hanno neanche la possibilità di lavorare in Italia, figuriamoci fare ciò che piace loro.

 

Senzanima, disegni di Mario Alberti, colori di Andres Mossa

 

In Italia ti rivedremo all’opera sulla serie adulta di “Dragonero”. Cosa puoi dirci dell’attesissimo “Senzanima”? Cosa possiamo aspettarci da questo spin-off?

Si tratta di un fumetto di guerra, un’ambientazione cruda nel contesto di una compagnia mercenaria. Racconta le vicende di un Ian sedicenne, per cui non è ancora il Dragonero che conosciamo. È un personaggio in divenire, con un carattere ancora da formare e in una situazione bellica in cui le regole possono cambiare da un momento all’altro, o capovolgersi addirittura. Immaginatevi un ragazzo sedicenne in mezzo a una guerra in cui gli autori non hanno risparmiato nulla, anzi hanno provato a descriverla con il massimo realismo, anche se parliamo sempre di una serie Fantasy.

Non ci saranno spargimenti di sangue e sbudellamenti. A me non piace l’estetica della violenza gratuita o fine a stessa, ma vedrete Ian, un ragazzino tutto sommato, messo di fronte a delle scelte che sarebbero giudicate amorali o difficili da comprendere in una cornice diversa, di normalità o di pace.

Questo è ciò che ho cercato di fare io disegnando questo fumetto, di trasportare in quelle pagine la brutalità e l’orrore della guerra. La guerra è una cosa orribile ed è ancora più orribile vissuta da un giovane di sedici anni.

Posso ancora aggiungere che Andres ha fatto un lavoro strepitoso con i colori di questo volume, che è anch’esso, ricordiamolo, un cartonato alla francese come “Frontera!”.

 

Rapalloonia 2017: disegno di Mario Alberti