Abbiamo intervistato Gary Frank in occasione del Lake Como Comic Art Festival. Con lui abbiamo chiacchierato dei suoi impegni attuali, tra cui spicca Doomsday Clock, e del rapporto con il suo sodale, Geoff Johns.

Abbiamo scoperto che il signor Frank è un grande amante del Lago di Como, che si è sposato proprio sulle sue sponde. Ecco perché ha voluto che l’intervista fosse condotta nella nostra lingua. Ecco cosa ci ha raccontato:

 

Come sta andando in Italia, signor Frank?

Molto bene. Del resto la conosco bene. Mi sono sposato da queste parti, a Cadenabbia.

Innanzitutto, grazie mille per il tuo tempo. Vedo che hai davanti uno sketch che ritrae Rorschach. Puoi dirci qualcosa sul progetto “Doomsday Clock”, che coinvolge i personaggi di “Watchmen” e su cui sei impegnato attualmente?

Il progetto è molto divertente, ma anche davvero impegnativo, perché si tratta di una storia enorme e complessa. Gli albi, invece che di ventidue pagine come al solito, sono di ventotto o trenta. E c’è un sacco di materiale aggiuntivo alle storie, quindi è un impegno piuttosto gravoso.

E confrontarsi con dei personaggi così importanti, diventati una pietra miliare del Fumetto internazionale, anche un po’ fuori dal loro elemento originale, com’è? Sai come l’ha presa Dave Gibbons, questa fusione tra “Watchmen” e l’Universo DC?

Ah, non ho la minima idea e non voglio parlare per lui. So che non è coinvolto, ma mi dicono che non si sia opposto. Magari potrai chiederglielo tu, dato che è qui.

Parlando invece del tuo sceneggiatore, Geoff Johns, possiamo dire ormai che siete una coppia professionale quasi fissa. Com’è la vostra relazione?

Lavorare con Geoff è molto divertente, perché è molto aperto e con lui si può parlare davvero tanto delle storie. Discutiamo sempre di quello che stiamo raccontando, ed è bello collaborare con lui. A quanto pare, lavoriamo bene insieme e vogliamo fare un tipo di Fumetto molto simile, abbiamo gusti simili. Quando lavori così, le cose funzionano sempre.

Che tipo di sceneggiatore è Johns? Entra nel dettaglio o ti lascia molto spazio di interpretazione?

In questo caso, con “Doomsday Clock”, devo dire che ha un po’ più la necessità di scendere nei particolari, ma di solito non è così. Non si fissa mai solo sulla propria idea ed è sempre contento di confrontarsi con me se ho un’altra idea o voglio fare le cose in maniera un po’ diversa da ciò che ha in mente lui. Cosa che mi diverte moltissimo.

E quali sono le differenze tra lavorare con Geoff Johns e invece con Peter David, con cui hai lavorato ai tempi di Hulk?

Be’, all’epoca ero molto giovane, quindi si tratta di un’esperienza davvero molto diversa. Non avevo tanta esperienza e non mi sono sentito a mio agio nell’interagire con lui, fare richieste, avanzare delle idee. Non avevo ancora la statura o il nome per farlo. Lui era già un maestro e io non ero nessuno, allora. Nessuno di importante. Devo dire che mi intimidiva parecchio.

Immagino che quella sia stata una scuola importante.

È il mio lavoro in Marvel più significativo. E per me era proprio l’inizio della carriera a livelli abbastanza alti.

Hai avuto l’occasione di disegnare diverse volte Superman, negli ultimi anni. E molti ti riconoscono come uno dei disegnatori più influenti sul personaggio.

Sì, eppure è strano, perché questa cosa succede anche se il numero di pagine che ho realizzato è davvero ridotto. Ho firmato solo tre storie che lo vedono protagonista, nel corso degli anni, in occasioni diverse. Forse dipende dal fatto che erano tutte e tre storie piuttosto importanti. Ovviamente le origini, ma anche per quello che abbiamo con Superboy e la Legione dei Super-Eroi. Credo che quest’ultima abbia avuto una certa rilevanza anche perché si trattava di un’idea un po’ dimenticata che abbiamo riportato alla luce, assieme al gruppo.

Ed è davvero Superman il più grande dei super eroi americani? Quando lo disegni, è lui quello che ti emoziona di più?

Sì, nel caso dei super eroi DC. Ma io ho un affetto grandissimo anche per Hulk, che citavi prima, perché ho iniziato la mia carriera con lui e mi è sempre rimasto dentro.

Sei stato anche un collaboratore di Joe Michael Straczynski, tra i grandi sceneggiatori che hanno punteggiato la tua carriera. Ha dovuto ritirarsi dalle scene per questioni di salute, purtroppo. Fu una bella esperienza, con lui, su “Supreme Powers”?

Sì, abbiamo lavorato molto bene assieme ed è una persona che stimo. Mi spiace che abbia dovuto decidere di abbandonare, ma sono certo che avrà delle buone ragioni.

Adesso che sei legato alla DC Comics, con l’arrivo di Brian Michael Bendis, ci sarà occasione di vedervi assieme?

Di sicuro non direi di no, ma non ne ho idea e, per adesso, il mio futuro è già scritto. “Doomsday Clock” mi impegnerà ancora per un anno, credo. Poi ci sarà “Batman – Terra Uno”, sempre assieme a Geoff, il terzo volume. Dopodiché c’è un altro progetto di cui preferisco non parlare, ancora.

A proposito di Geoff, che ha responsabilità sempre maggiori anche legate ai progetti cinematografici, pensi che sia possibile, per lui, tenere in piedi così tanti impegni? Non c’è il rischio che questo lo distragga dal Fumetto?

Guarda, non voglio parlare della carriera di un amico. Non saprei come risponderti.

Sei anche riconosciuto per il grande fascino delle tue donne. Credi che la nuova immagine della donna nel Fumetto, certamente meno stereotipata rispetto a un tempo, sia anche un limite creativo per i disegnatori come te? Non c’è proprio più spazio, nei comics, per le figure sensuali?

Guarda, io credo che ogni cosa abbia fatto il suo tempo. Quando ero un uomo giovane e pieno di ormoni, mi sono divertito a volte a rappresentare delle figure sexy, ma oggi che ho cinquant’anni non mi viene nemmeno l’idea. Devo dire che mi sentirei un po’ ridicolo. Quindi, personalmente, non percepisco questa cosa come un limite di nessun genere. Non è più una cosa che mi interessa.