Si appresta ad uscire, negli Stati Uniti, un’edizione riveduta e corretta di Visione, di Tom King, Gabriel Hernandez Walta e Michael Walsh, ed ecco che Marvel.com intervista lo sceneggiatore della serie che ha stupito tutti l’anno scorso e ha dato i natali a due veri e propri astri nascenti del fumetto.

King, oggi autore in esclusiva con DC Comics, torna a parlare del personaggio che ha saputo reinventare.

 

Vision #1, copertina di Mike Del Mundo

Non sta a me dire se io abbia o meno cambiato la percezione del personaggio di Visione. Il pubblico del fumetto è composito e dubito che abbia reagito compatto alle nostre storie. Certo, è chiaro che sapevo di voler cambiare qualcosa di Visione, ma tutto quel che ho scritto è un tentativo di essere fedele al personaggio costruito da gente come Roy Thomas, John Byrne e Steve Englehart.

Visione sarà sempre un’arma malvagia che tenta di essere buona, un robot tragicamente convinto che essere buoni significhi essere normali. Nella serie, ci siamo seduti sulle spalle dei giganti che ne hanno raccontata la storia e abbiamo tentato di descrivere il mondo che vedevamo da lassù.

Non credo nelle storie in cui qualcuno apprende qualcosa su di sé, ha un’epifania e cambia la propria vita in meglio. A volte le scrivo, ma non ci credo mai. Siamo sempre impegnati a cambiare le cose, ma non sempre ci riusciamo. Perlopiù, quando facciamo qualcosa, ci rendiamo conto di non averla portata a conclusione, ci riscuotiamo e proviamo altre strade.

Visione cerca di essere normale e quello sforzo è la cosa più normale che lo riguardi. Quindi, in qualche modo, nel momento stesso in cui tenta, ha già successo. Il che è straordinario, per qualcuno che normale non è. Pertanto, nell’avere successo, fallisce.

 

King si dice convinto di avere troppo riconoscimento da critica e fan per il successo di Visione, frutto di uno sforzo comune suo e di tutti coloro che hanno lavorato alla serie. La sua versione Director’s Cut, come definita dalla Marvel, che mostra le sceneggiature originali e gli schizzi, sarà un’occasione per rendersene conto, oltre che un prezioso sguardo per i fan sui meccanismi della creatività a fumetti.

Inoltre, King apprezza questa edizione perché offre una finestra sul successo di Visione, permettendo a tutti quanti di vedere quante cose, durante il processo, sarebbero potute andare storte e quante coincidenze ne abbiano invece determinato il felice destino.

 

Visione non è dovuta passare attraverso tante versioni della sceneggiatura. Perlopiù, quel che leggete è la mia prima versione e sono stato fortunato che sia stata anche l’ultima. Vedrete le poche cose che ho cambiato, nelle pagine che mostrano la fase di lettering.

Il cambiamento più grande, durante la scrittura, è l’inclusione di Victor Mancha. Il suo ruolo doveva essere della Torcia Umana originale, che di Visione è una specie di padrino, ma per ragioni editoriali, non fu possibile utilizzare quel personaggio. L’editor Wil Moss propose Victor e funzionò anche meglio della mia prima idea. A volte, la parte migliore dei fumetti sta nell’improvvisazione.

 

Qualche ansia da parte di King nel rivelare ai lettori il dietro le quinte del suo lavoro. Del resto, dice, se non ci fosse, vorrebbe dire che questa decisione non comportava nessun rischio, mentre narrare a fumetti è costantemente prendersi dei rischi. Il che è la sola cosa che Tom King desidera fare da sempre.

 

Vision #12, copertina di Mike Del Mundo

C’è una scena, nel numero #10, in cui Visione prega, per poche pagine. Credo che sia la migliore che abbia mai scritto e, forse, che scriverò nella mia vita. C’è qualcosa in quelle tavole, qualcosa che di solito non riesco a cogliere, anche se ci provo sempre, che ha a che vedere con la meravigliosa assurdità della vita di un supereroe, che rispecchia l’assurdità della vita in generale. So di suonare presuntuoso, ma sono davvero orgoglioso di quelle pagine.

Il numero più complesso da scrivere è stato il #9, in cui muoiono i ragazzini. Li abbiamo creati io e Gabriel, esistono soltanto come scusa per raccontare quella storia, quindi la loro morte non dovrebbe essere una gran cosa. Ma, nello scrivere la scena e nell’immaginarla, con Visione che culla i suoi figli, ho avuto problemi a mettere le parole sulla pagina. Mi sentivo come se la mia tastiera fosse un’arma. Non ha senso, eppure è così.

Nel raccontare questa storia assieme a Gabriel, sono cresciuto moltissimo. Innanzitutto, ho realizzato che là fuori c’era un pubblico disposto a credere in una serie del genere. Ma per raggiungerlo, bisogna esserne degni, intelligenti, divertenti e sofisticati quanto lui. Amo questa storia e ho adorato scriverla, con persone che mi piacciono un mondo. La mia crescita sta nel fatto di aver trovato un posto in mezzo a tutte queste cose e persone che ho amato.

Vision #7, copertina di Mike Del Mundo

 

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Fonte: Marvel