Recensione - Ryse: Son of Rome - Il centurione non risorge
Recensita la versione per PC di Ryse: Son of Rome
Ryse: Son of Rome è una storia di vendetta, quella portata avanti dal centurione romano Marius Titus nei confronti degli uccisori della sua famiglia, in un contesto storico che è riprodotto in maniera molto libera, piuttosto che fedele, concedendo anche qualcosa ad un fantasy accennato ma piacevole. Ecco, le cinque, sei ore necessarie per completare il gioco sono ben accompagnate dalle vicende, la trama assume un andamento presto prevedibile, ma quasi costringe il giocatore a vivere fino all'ultimo quanto confezionato da Crytek, per scoprirne l'epilogo. Certo, in tal senso aiuta la brevità dell'esperienza in singolo giocatore, perché se fosse stata più sostanziosa allora i limiti del sistema di gioco avrebbero potuto scoraggiare anche i più inclini ad andare fino in fondo.
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La messa in opera di Crytek è infatti colossale, grazie a quella straordinaria tecnica che è marchio di fabbrica del team di sviluppo e qui porta su schermo personaggi densissimi a livello poligonale, ambientazioni curate nel minimo dettaglio, un'effettistica da applausi, componendo complessivamente una delle migliori esperienze visive su PC (a patto di avere una macchina performante, ma il motore grafico è scalabile). Oltre alla forza bruta, c'è anche quella direzione artistica che, come la storia, strizza l'occhio a contaminazioni tutt'altro che realistiche, ma che proprio per questo è capace di offrire situazioni particolari, ben sfruttate in determinati momenti di gioco (tutto il capitolo ambientato in una tetrissima foresta, tra cadaveri appesi, idoli maligni, con un enorme fantoccio di legno che si erge in una radura, è perfettamente rappresentativo di ciò). Peccato, peccato davvero, che non vi corrisponda un'adeguata strutturazione del comparto ludico.
"al di fuori di una cercata, a volte trovata, molte no, varietà di situazioni, si vive l'esperienza di gioco facendo sempre le stesse cose"Ci prova all'inizio il gioco a mostrare un minimo di profondità in un sistema di combattimento che purtroppo non decolla mai. Attacco semplice, respinta, parata, schivata sono le azioni performabili, utilizzabili in modo diverso a seconda del nemico che si affronta; le esecuzioni sono la loro truculentissima, spettacolare summa, eseguibili quando il proprio avversario è già vicino alla morte. Di questo sistema non c'è però evoluzione alcuna mano a mano che si procede nell'avventura, ed ecco come, al di fuori di una cercata, a volte trovata, molte no, varietà di situazioni, si vive l'esperienza di gioco facendo sempre le stesse cose. E no, non è quanto succede in ogni action, perché se nel titolo di genere di qualità spiccano combinazioni, strategia, tecnica, in Ryse: Son of Rome è rintracciabile un immobilismo che porta alla monotonia totale.
[caption id="attachment_136372" align="aligncenter" width="600"] Ryse: Son of Rome - screenshot[/caption]
Occasionalmente spunta fuori un elemento nuovo, potenzialmente interessante, poi puntualmente questo mostra la sua incompiutezza: guidare il proprio manipolo di soldati, organizzati in una solida testuggine, ordinandogli quando coprirsi con gli scudi, quando scagliare le loro lance, è molto coinvolgente la prima volta ma stanca già alla terza, perché le dinamiche son sempre le stesse. Identiche considerazioni per le poche volte in cui si sceglie con quale strategia affrontare un'imminente scontro, spostando le proprie forze da un lato o dall'altro, o quando si prende in mano lo scorpione, un'arma da assedio che spara dardi quasi alla velocità di un'arma automatica. Prova ad aggiungere qualcosa all'offerta ludica del titolo il comparto multiplayer, nel quale ci si sfida all'interno del Colosseo, ma le battaglie tra gladiatori, per quanto piacevoli, ripropongono le stesse problematiche strutturali della campagna.
Di Ryse: Son of Rome pare fosse in cantiere un seguito, abbandonato poi a causa delle difficoltà finanziare di Crytek, ed è un peccato, perché sarebbe stato interessante vedere come il team di sviluppo avrebbe aggiustato la mira rispetto alle critiche subite all'uscita, che la versione PC mette nuovamente in evidenza. Si può anche scendere a patti con la sua ripetitività, lasciarsi irretire dalla sua magnificenza tecnica e dal suo coinvolgente taglio cinematografico, badando più alla storia che alla sostanza, ma ludicamente la produzione è davvero poca cosa.