Venezia 72 - In Jackson Heights, la recensione
C'è una comunità intera dentro il montaggio di In Jackson Heights, ultimo capitolo della cronaca che Wiseman sta facendo del mondo occidentale nel suo tempo
Forse si arrabbierebbe Wiseman se gli si desse del poeta, perchè il suo cinema rifugge la lirica, l'espressione e la retorica, anzi è senza fronzoli, si bea dell'impressione di assenza. Lo stesso una simile esibizione di pura umanità, anche se priva di "maniera", è ciò chiamiamo poesia.
La sua assenza fornisce l'impressione che dietro la videocamera non ci sia mai nessuno, come se l'autore l'avesse piazzata e se ne fosse andato, ogni scena è ripresa con un garbo e un'invisibilità che, non bastasse l'evidenza, è ribadita dall'atteggiamento noncurante delle persone comuni che sono i suoi soggetti, tutti intenti alle loro attività senza curarsi dell'obiettivo. Non solo, Wiseman non è una mosca sul muro, non pretende un'impossibile obiettività e non intrusione nei fatti, tanto è invisibile quando riprende tanto è pesante nel montaggio.In Jackson Heights come sempre è frutto di un lavoro mostruoso di montaggio del diverso. Il filo conduttore ovviamente c'è, è l'area di New York del titolo, la sua comunità dalla straordinaria tolleranza e multiculturalità, ma i singoli quadri sono completamente diversi l'uno dall'altro eppure, nel flusso del film, compongono un'armonia di quotidianità che non stanca nemmeno nei suoi 190 minuti. Il banale e il consueto non sono mai apparsi così significativi.
E anche ad un occhio più ravvicinato, le singole scenette vivono di un montaggio invisibile di una scelta fatta tra cosa tenere e cosa no o di quale sia il punto giusto da cui inquadrare ciò che avviene, che rende quel che probabilmente sarebbe noioso vissuto dal vivo, un documento significativo.Wiseman ha una sua agenda e suoi obiettivi, non vuole dimostrare nessuna tesi ma ha le idee chiare su come legare ciò che ha scelto tra le migliaia di persone, eventi e luoghi ripresi. Per questo in ogni suo film il senso è inafferrabile eppure chiaro, come l'insieme di una folla i cui movimenti non sono comprensibili ma la cui direzione e il cui atteggiamento è impossibile non comprendere.