Ci scuserete se, con un po’ di ironia lo ammettiamo, per il titolo di questo articolo sulla serie L’antica apocalisse di Graham Hancock abbiamo preso in prestito le parole della mitica C’era una volta… Pollon. Nonostante la stranezza, alla fine di questo pezzo potrete forse concordare con noi su come, tra il cartone animato della fine degli anni Settanta e lo show di Netflix, ci siano molti punti in comune: entrambi infatti parlano di miti e leggende, sono piuttosto assurdi e – per esistere – prendono spunto dalla mitologia.

LA TEORIA DI GRAHAM HANCOCK

Partiamo da una premessa importante: la teoria che Graham Hancock snocciola negli 8 episodi di L’antica apocalisse è empiricamente affascinante. Il giornalista intende provare l’esistenza di una civiltà avanzata risalente a prima dell’era glaciale che sarebbe stata spazzata via da un disastro naturale di epiche proporzioni, causato dalla caduta di una cometa.
I superstiti di questa misteriosa civiltà, responsabili della costruzione di quelli che oggi sono considerati siti archeologici di grandissimo interesse, avrebbero poi viaggiato per il pianeta distribuendo la propria conoscenza di matematica, architettata, agricoltura e soprattutto astronomia alle comunità di cacciatori e raccoglitori che incontravano sul loro cammino, permettendo così all’umanità di progredire e evolversi nella forma e nelle modalità che conosciamo oggi.
E se questo non bastasse a stupirvi, sempre secondo le teorie di Hancock, il nostro pianeta sarebbe di nuovo sull’orlo di un altro disastro naturale che, come milioni di anni fa, potrebbe cancellare quasi completamente dal pianeta terra la vita umana.

STORIA O TEORIE DELLA COSPIRAZIONE (SPOILER: LA SECONDA)

Quello che possiamo dire di questo documentario è che sarebbe stato davvero interessante partire dall’origine della teoria di Graham Hancock, comprendere in che modo sia arrivato a postularla, perché la risposta non è esattamente quella data dal documentario di Netflix, quantomeno non è una risposta scientificamente accettabile.

Ciò che si vede infatti ne L’antica apocalisse è un uomo che ha speso la propria vita a cercare di dimostra una legge universale partendo da una serie di casi particolari (metodo induttivo), piuttosto che qualcuno che, partendo da un principio generale riesce a spiegare fenomeni particolari (metodo deduttivo). Parole forse un po’ complicate per dire più semplicemente che Hancock ha letteralmente girato il mondo a caccia di prove che calzassero con la sua teoria e, sorpresa delle sorprese, alla fine è riuscito a provarla.
Ma se quello che venga mostrato nel suo documentario sia la verità o meno è per così dire un altro paio di maniche.

Il vero problema della serie di Netflix e del suo creatore, che non fa un favore a se stesso quando mostra nel primo episodio alcuni estratti di una sua intervista con Joe Rogan, assurto agli onori della cronaca per aver divulgato false informazioni durante la pandemia ed aver usato in diretta nei suoi podcast appellativi razzisti, è il suo continuo porsi al pubblico come un libero pensatore che combatte contro l’archeologia mainstream. Non che dubitiamo che anche in quell’ambiente vi sia l’usuale dose di baroni che rifiutano idee innovative, ma bollare un’intera categoria senza mai dare loro, in 8 episodi, una sola possibilità di replica o indicare in che modo e perché rifiutino così categoricamente le sue idee, appare quantomeno sbilanciato, sia da un punto di vista scientifico che giornalistico.

Magari l’idea di base Graham Hancock era quella di ritagliarsi con L’antica apocalisse uno spazio che gli è stato fina ad ora negato, proprio per poter snocciolare le proprie teorie senza ricevere attacchi personali che chiaramente lo infastidiscono, ma la scienza è fatta di confronto e chiunque si presenti di fronte ad un pubblico rifiutandolo finisce per risultare comunque perdente.

L’unica concessione a quello che lui definisce il pensiero dominante dell’archeologia è una brevissima clip in cui un archeologo fa peraltro un’osservazione molto sensata a cui nessuno dà tuttavia una risposta: se davvero una civiltà così avanza è andata dimenticata, dove sono le prove della sua esistenza? La scrittura, gli strumenti e tutti quegli elementi che fanno parte della vita quotidiana di una popolazione tanto superiore? L’idea che tutto sia stato spazzato via da un’alluvione risulta forse troppo semplicistica. E comoda.

Dal punto di vista storico, inoltre, il fatto che Hancock postuli che società antiche non avrebbero mai potuto costruire siti come quelli che vengono mostrati nel documentario e che solo l’intervento di menti superiori e più avanzate potessero riuscirci, priva completamente quelle popolazioni della loro storia, ingegnosità e tradizione.
E non è un’omissione da prendere alla leggera perché, secondo i detrattori del giornalista, le sue teorie sono radicate in un profondo razzismo. Nella serie non lo sentirete mai pronunciare la frase “avanzata civiltà di bianchi“, ma secondo John Hoopes, archeologo dell’Università del Kansas, intervistato sull’argomento, i suoi libri sono infarciti di teorie seriamente xenofobe, così come – a differenza di quanto avviene nel documentario che pure nomina Atlantide, ma appare in qualche modo ripulito delle idee più estreme di Hancock per dargli una patina di credibilità – nei suoi iscritti non risparmia riferimenti al fatto che questa antica civiltà superiore sia in realtà quella degli atlantidei.

Il documentario, dal punto di vista narrativo, è concepito per far arrivare all’ultima puntata e battersi drammaticamente una manata sulla fronte per giungere alle stesse conclusioni di Hancock che, chiaramente quei serpenti che si vedono in ogni dove devono essere per forza una rappresentazione stilizzata di quell’antica cometa che ha cambiato la storia dell’umanità, ma lo fa in maniera del tutto subdola e tutt’altro che scientifica.

Il giornalista fa anche spesso uso della narrazione di miti antichi per dare credito alle sue teorie, attaccando nuovamente la comunità scientifica ed asserendo che non ha mai fatto uno sforzo concreto di tenerli seriamente in considerazione, altra cosa che non ci risulta assolutamente vera, considerato quando la storia dell’archeologia sia interlacciata con i miti antichi, che sono spesso usati come guida verso la conferma di una verità storica.

Nonostante poi l’insistenza con cui Hancock critichi la comunità scientifica ne L’antica apocalisse, accusando gli archeologi non solo di non accettare il confronto, ma di voler proprio nascondere la verità al mondo, da spettatori rimaniamo con una domanda senza risposta: perché?
Perché mai una persona votata a questa professione, la cui massima aspirazione è probabilmente quella di fare la scoperta della vita ed essere ricordato per sempre nei libri di storia, dovrebbe avere il desiderio di seppellire l’esistenza di un’antica civiltà?
Nessuno lo chiede, nemmeno Hancock, ed il motivo per cui nessuno lo fa è che non esiste nessun contraddittorio in questo discutibile documentario.

L’antica Apocalisse è disponibile su Netflix dall’11 novembre 2022.

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