È passato un anno dalla cosiddetta “big Netflix correction”, e cioè il cambiamento paradigmatico conseguente all’annuncio che il più grande streamer al mondo aveva iniziato a perdere abbonati. Fino ad allora, Wall Street aveva premiato Netflix pensando potesse accrescere costantemente il proprio numero di abbonati, e gli altri studios di Hollywood avevano iniziato a perseguire l’obiettivo di replicare il successo di questo nuovo, grande competitor lanciando piattaforme proprietarie e investendo miliardi di dollari in contenuti con l’unico scopo di aumentare il numero di abbonati.

Dopo il crollo in borsa in cui ha quasi dimezzato la propria capitalizzazione, Netflix ha cambiato la propria strategia, concentrando molti sforzi nella generazione di profitti e andando a evidenziare i progressi nelle comunicazioni trimestrali. Un anno e mezzo dopo, possiamo dire che Wall Street ha accettato di buon occhio il cambiamento, anche perché l’unico obiettivo degli investitori è proprio il profitto. La mossa ha però colto alla sprovvista gli altri studios, che non sono ancora neanche lontanamente vicini ai numeri di Netflix e sono ancora pesantemente in perdita investendo miliardi di dollari per far crescere le proprie piattaforme. Questi investimenti in perdita non vengono visti più di buon occhio dalla borsa, e questo ha costretto Warner Bros. Discovery, Paramount, Comcast e soprattutto Disney a prendere drastici provvedimenti per rimettere in ordine i conti, con licenziamenti, tagli negli investimenti, aumenti di prezzo degli abbonamenti, lancio di abbonamenti più economici con l’aggiunta di pubblicità e la rimozione dal catalogo di serie e film per risparmiare.

Quest’ultimo aspetto è quello che preoccupa alcuni consumatori, che si sono visti rimuovere 20 serie originali da Max, cinque da Paramount+, una da Showtime e Starz, una dozzina da Disney+ e HULU (più un certo numero di serie di catalogo).

Elena Diventerò Presidente - Trailer

Cosa succede quando una serie viene tolta da una piattaforma

La rimozione di una serie tv da una piattaforma ha come obiettivo quello di risparmiare nel pagamento di compensi residuali agli autori e agli attori, permettendo quindi un risparmio. Uno streamer tendenzialmente rimuove una serie poco popolare, per la quale quindi il costo non giustifica la presenza sulla piattaforma. Ma a quanto ammonta il risparmio?

Jonathan Handel su Puck ha fatto un interessante calcolo partendo dalla serie Elena, diventerò presidente, che ha debuttato nel 2020 e ha accumulato due stagioni per un totale di 20 episodi prima di essere cancellata e rimossa da Disney+ a maggio di quest’anno.

Handel, basandosi sui dati a sua disposizione e sui contratti collettivi sindacali (due dei quali, quello degli sceneggiatori e quello degli attori, sono al centro degli scioperi anche per via dei compensi residuali dello streaming), afferma che un episodio della serie costa, per il primo anno di disponibilità su Disney+, quasi $16,000 per il regista, circa $15,500 per i vari sceneggiatori (in proporzione al numero e al credito che ricevono), e una cifra in base allo stipendio di ogni attore per un massimo di $4,450 ciascuno (quindi si è fatta una media di circa $32,283 per episodio). Il totale è che i residuali pagati per un episodio della serie nel primo anno di disponibilità su Disney+ ai membri del sindacato DGA, WGA e SAG-AFTRA ammontano a $63,797. Moltiplicato per dieci episodi, fa circa $637,000 per una stagione. Il secondo anno di disponibilità la cifra cala a $567,000. Ma nel frattempo, è uscita anche la seconda stagione. Quindi, se il primo anno la Disney ha dovuto pagare compensi residuali pari a $637,000 per la prima stagione di Elena, diventerò presidente, il secondo anno ha dovuto pagare circa 1.2 milioni di dollari, coesistendo le due stagioni sulla piattaforma.

Eliminando le due stagioni dalla piattaforma dopo la cancellazione della serie, Handel stima che la Disney abbia risparmiato 2.6 milioni di dollari in compensi residuali nell’arco dei prossimi cinque anni. Se fosse stata prodotta una terza stagione, la spesa sarebbe salita a ben 4.5 milioni di dollari. Il tutto senza contare bonus e compensi aggiuntivi che vengono promessi ad alcune star o showrunner per alcune serie.

pluto tv

La vita di una serie continua

I fan di Elena, diventerò presidente o – per esempio – Willow non devono però disperare: l’eliminazione di una serie da una piattaforma streaming non significa necessariamente la sua scomparsa definitiva, anzi. In passato forse era così: a parte le repliche, non erano molte le serie tv che ricevevano una distribuzione home video, e quindi i fan potevano solo sperare nella prontezza del proprio videoregistratore per avere la sicurezza di conservare i loro episodi preferiti. Ma se da un lato la Disney cerca di risparmiare eliminando alcune serie da Disney+, dall’altro potrebbe cercare di generare altri profitti proponendole su licenza ad altre piattaforme streaming: non solo Netflix, ma soprattutto i cosiddetti canali FAST come Tubi e Pluto TV. In questo caso, i compensi residuali vengono calcolati sull’accordo di licenza e costano decisamente meno allo streamer iniziale (con buona pace, purtroppo, di attori, sceneggiatori e registi che infatti stanno scioperando anche per questo motivo).