Giorgio Scorza, uno dei due registi tecnici di Questo mondo non mi renderà cattivo, ci spiega i processi attraverso i quali hanno animato 150 minuti in un anno di lavoro

Se c’è una ragione per la quale Michele Rech (vero nome di Zerocalcare) ha delle remore a usare per sé la parola regista è perché esistono persone come Davide Rosio o Giorgio Scorza, che fanno quello che i credits definiscono come regia tecnica per Movimenti Production. Sono le persone che si occupano di tradurre le idee avute da Rech o in collaborazione con Rech o che anche stanno nella sceneggiatura (scritta da Rech) in storyboard e poi in prodotto finito. Il processo, come ci hanno raccontato, coinvolge in ogni momento Michele Rech ma è in ultima analisi condotto da loro che hanno l’esperienza nel mondo dell’animazione necessaria a colmare il vuoto che esiste tra una suggestione e un’idea con la sua effettiva realizzazione.

Con lui abbiamo parlato di cosa sia cambiato in Questo mondo non mi renderà cattivo rispetto a Strappare lungo i bordi.

“In Strappare lungo i bordi abbiamo impostato un linguaggio: come uso il colore, come uso il delineo e come il ritmo. Qui ci siamo concentrati su come migliorare la recitazione, il livello dell’animazione e soprattutto i tempi del racconto, perché questa storia è molto più densa. Pensa al dialogo tra Zero e Sara per esempio. Pensa a tutto il rapporto con Cesare, come viene descritto e raccontato, parte da un momento da videogame in cui lui arriva come un T.Rex in Jurassic Park, fino a diventare un rapporto in cui si manifestano debolezze. Tutto questo in Strappare lungo i bordi non c’era. A Michele ho sempre detto che quella serie che erano 100 metri senza respirare, questa invece era una corsa a ostacoli. E a mezzo a fondo. Una in cui anche la lentezza va dosata, cosa per il mio carattere (e soprattutto per il suo) è complicata”.

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Come avete impostato il ritmo quindi? Cioè come ci lavorate?

“Ritmo non significa necessariamente sempre solo velocità, il ritmo è anche pause e poi accelerazione. Ci abbiamo lavorato dalla stesura dello storyboard e degli animatic, cioè quando Michele registrava i dialoghi in maniera brutale a casa e creavamo una forma di bozza della storia, anche magari con tanti buchi rispetto al dialogo che poi avremmo arricchito. In quel momento definiamo il ritmo, anche solo impostando i tempi di relazione di certi dialoghi o prevedendo lunghi momenti di solo musica (ci sono momenti in cui senti un brano anche per un minuto di fila!)”. 

La fase di storyboard è quella in cui si definisce tutto?

“Più o meno. Il finale del secondo episodio, con la citazione di Orfeo ed Euridice che diventa il ritorno nel quartiere di Cesare come se tornasse dagli inferi, non erano scritte, erano suggestioni che venivano da Michele e su cui abbiamo fatto, rifatto e rifatto ancora nella fase di storyboard fino ad arrivare a questa forma”.

Hai detto che avete alzato il livello della qualità di recitazione, intendi la recitazione del doppiaggio o proprio la “recitazione” dei personaggi animati?

“Quella dei personaggi animati. L’animazione ha delle sue regole di recitazione. Di solito va in overacting, cioè è richiesta una prestazione eccessiva per far capire quello che il personaggio fa: occhi che escono dalle orbite, lingua che esce fuori, espressioni molto cariche… Il vantaggio di una serie per adulti è che ti dà tempo di raccontare i personaggi e quindi ti consente di avere una recitazione che non per forza deve essere esasperata. Michele obiettivamente ha un talento pazzesco nel fare quella che lui chiama “le vocette”, e quando fa la vocetta di Sara ti fa innamorare del personaggio. Quindi in realtà la recitazione sta nella combinazione delle due cose. Da un lato non devi sovranimare i movimenti, cioè non devi mettere troppi controlli tecnici ai singoli personaggi perché altrimenti sembra che siano tutti sott’acqua che si muovono tutti in maniera fluida. Dall’altra devi capire come rendere la recitazione”.

Mi fai un esempio nelle prime quattro puntate di buona recitazione?

“Beh, secondo me c’è una buonissimo livello di recitazione con tutti gli stati d’animo nella cena a casa di Cesare, è un’intera scena in cui Michele è esasperato, è in tensione e gesticola tantissimo (che è molto interessante perché restituisce una cosa che diamo per scontata ma in realtà non si vede mai, cioè una recitazione italiana in animazione) e invece Cesare è immobile. Da questa recitazione isterica passiamo ai personaggi immobili sul balcone e lì usiamo piccoli gesti recitativi da cinema, cioè il dettaglio della sigaretta, il loro controluce, i tempi di attesa, Cesare che parla con lui ma guarda nel vuoto… Cose che l’animazione abitualmente non fa. E il fatto che in quel momento loro non si muovano ma stiano fermi mi rende fiero. È così anche nel dialogo tra Sara e Michele, quasi non si muovono, lei dà due colpi al tavolo, lava una tazza e va alla finestra. Fine”.

Però nella scena del dialogo con Sara in realtà la recitazione è tutta voce…

“È importantissima la voce, però ricorda sempre che quello è un Frankenstein, è sempre Michele che fa tutte le voci quindi non è un flusso naturale ma pezzi di audio montati tra di loro e tenuti uniti dalla mimica dei personaggi. Se ti guardi un po’ di film d’animazione noti che normalmente l’animazione viene usata per esagerare scene d’azione”.

Qual è la cosa più complicata dal punto di vista dell’animazione di questa serie?

“Nell’ultima puntata, senza fare spoiler, c’è una lunga scena in strada in cui tutti i nostri personaggi principali sono presenti e a confronto. Sono contento perché è una scena che, anche lì senza esagerare, penso non sia mai stata raccontata, almeno non in maniera così veritiera. Michele, essendo paranoico, credo che sia andato anche a verificarlo e in effetti è la prima volta che lo si fa nell’animazione”.

Una questione tecnica di quante cose si muovono nell’immagine?

“Quello ma al tempo stesso la capacità di non farsi fregare dal voler muovere tutto, cioè tenere ferme delle cose per aiutare il racconto”.

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In tutto quante persone hanno lavorato alla serie?

“Circa 300 persone sparse per l’Italia, con un centinaio localizzate a Firenze, tutte coordinate perfettamente per produrre 150 e passa minuti in un anno. È una cosa che rasenta il record. Michele si è molto adeguato alle nostre modalità di lavoro, Cioè ha capito che erano efficaci. Ha capito che non ci perdevamo in ciance ma andavamo sulla sostanza”.

C’è mai stata l’idea di fare una seconda stagione di Strappare lungo i bordi o da subito volevate fare un’altra cosa?

“La prima serie è stata una dichiarazione di intenti di quello che è il mondo Zerocalcare in animazione, ma poi volevamo fare una cosa diversa proprio per entrare in una storia pura. È un po’ quello che lui ha fatto anche con i libri”.

Dopo queste esperienze con Movimenti avete visto che è cambiato qualcosa in come vi rapportate ad altri produttori o canali?

“Siamo molto contenti di aver aperto questo squarcio sul fatto che si possa fare animazione per adulti o per Young adult in Italia e quindi essendo stati tra i primissimi sicuramente quando presentiamo qualcosa ci danno un po’ più retta di prima”.

Quante produzioni avete avuto in ballo in questo anno?

“Diciamo almeno 9 produzioni”.

Di che parliamo?

“Molte di queste sono coproduzioni con Inghilterra, la Francia o il Canada, più raramente anche altri. Per esempio stiamo facendo una serie con BBC e Rai, una coproduzione dopo tanti anni che non se ne facevano, con i produttori di Peaky Blinders e Mr. Bean da un’idea originale di un libro inglese. Si chiama Super Happy Magic Forest e ha un target 6+ e un tono sull’onda lunga di Adventure Time”.

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