[Berlinale 2017] Patriot 1x01 / 1x02: la recensione

La nostra recensione del pilot di Patriot, la serie con Terry O'Quinn e Michael Dorman presentata alla Berlinale

Critico e giornalista cinematografico


Condividi

Siamo già ampiamente dopo i titoli di testa, dopo le prime scene e sono passati più di 10 minuti quando Patriot ricorda al pubblico di essere una serie comica. Quest’attesa invece che essere segno di debolezza è uno di forza.

CIA, un funzionario di buon livello (Terry O’Quinn) spiega ad un altro che la persona più indicata per un lavoro delicato è un agente al momento in Olanda, parcheggiato dopo quel che è accaduto nell’ultima missione. Adesso è diventato un cantante folk. Si tratta di suo figlio (“Sarò di parte ma le sue canzoni sono molto belle”) e ha un solo problema, che nella sua nuova professione però è una virtù, è molto onesto nei suoi testi, molto sincero. Stacco. In una piazza di Amsterdam Michael Dorman con la chitarra suona un dolce brano di folk rock americano, una ballad nel cui testo c’è tutta la sua ultima operazione in Iran, con una quantità di dettagli, luoghi, nomi, connessioni e motivazioni top secret che fanno rotolare dal ridere.

Patriot assieme ad altre serie come Atlanta e The Young Pope è uno di quei nuovi prodotti in cui serietà e commedia si mescolano come prima non era pensabile. La storia parte da un carico di denaro che va portato da un luogo all’altro, l’agente (sempre Dorman) dovrà accompagnarlo, la sua copertura è un lavoro che gli fanno ottenere in una società qualsiasi, con un capo e colleghi qualsiasi, una che lo fa viaggiare e in particolare nel Lussemburgo dove va fatto lo scambio. Le cose non vanno necessariamente bene e comincia una lotta per non perdere i soldi e non essere scoperto.

Tra i colori desaturati e la follia anarchica e casuale dei film dei Coen ma anche un modo tutto personale di trattare l’umorismo, Patriot sembra svelare pochissime delle sue carte nei primi due episodi che fanno da pilota. Alcuni colleghi di Dorman sanno che è un agente, c’è un capo che lo ha preso di mira, una compagnia esilarante di fratelli brasiliani che lo malmena in una scena che per ritmo controllato, silenzi e luci sembra uscire dal miglior Refn (solo che si ride) e infine c’è l’immenso Michael Chernus. A lui tocca il ruolo del congressman, il senatore americano, fratello del protagonista (quindi anch’egli figlio di Terry O’Quinn) e impiegato nella grande operazione.

Steven Conrad, che del film è sceneggiatore e regista di tutte le puntate, oscilla tra il presente e molto passato (il 2012), per dare sostanza al missione: impedire che l’Iran sviluppi armi nucleari. I legami con la cronaca ci sono e forti, anche se Patriot non ha intenzione di calcare troppo la mano, è subito evidente che è una serie innamorata della finzione. La vera sorpresa semmai è quanto lavori sull’umorismo visivo e non scritto.

In un tipo di produzione (la serie tv) che è il trionfo stesso della scrittura, Patriot scavalca le regole e preferisce quasi sempre umorismo recitato a quello scritto. Non ci sono battute ma momenti creati con la regia, con gli stacchi e con alcune espressioni meravigliose (in questo Chernus è subito protagonista con la scena dell’attachè). Un prodotto difficilissimo che non rinuncia a niente, a creare suspense, a dire qualcosa e ad ambientare tutto in un mondo di idioti comuni.

Patriot è prodotto da Amazon Studios e sarà disponibile interamente sulla piattaforma Amazon Prime Video dal 24 Febbraio.

https://www.youtube.com/watch?v=GQVW6nt8ud0

Continua a leggere su BadTaste