I primi 5 episodi di A Murder at the End of the World introducono una serie austera con una premessa alla “Dieci piccoli indiani” di Agatha Christie che non ha nulla di originale, ma che si trasforma presto in un’inedita riflessione sull’uso (ed abuso) della tecnologia e sul destino della razza umana.

Di cosa parla A Murder at the End of the World

Secondo la descrizione ufficiale di FX A Murder at the End of the World è una serie del mistero con un nuovo genere di detective al timone. Un’investigatrice dilettante ed hacker esperta della generazione Z, di nome “Darby Hart”. Darby e altri otto ospiti vengono invitati da un solitario miliardario a partecipare ad un ritiro in un luogo remoto ed affascinante. Quando uno degli altri ospiti viene trovato morto, Darby deve usare tutte le sue abilità per dimostrare che si è trattato di un omicidio contro un’ondata di interessi contrastanti e prima che l’assassino uccida ancora.

La serie, composta da 7 episodi ed inizialmente intitolata Retreat, prima che diventasse A Murder at the End of the World, è stata creata da Brit Marling e Zal Batmanglij. Il duo, non nuovo alla produzione di serie del mistero, noto soprattutto per la serie The OA di Netflix, si è guadagnato l’attenzione di FX Networks creando quello che è stato definito dal suo Presidente:
una radicale concettualizzazione del giallo con personaggi davvero, davvero innovativi, in particolare una giovane donna forte e originale la cui storia passata e presente rappresenta un forte nucleo emotivo. Ovviamente c’è anche un mistero da svelare. Uno spettacolo distintivo e unico, non così facile da produrre”.

I primi 5 episodi di A Murder at the End of the World

Se, come anticipato, le premesse di A Murder at the End of the World potrebbero sembrare banali, la serie prende presto una piega intensa ed inaspettata, diventando una riflessione sul futuro dell’umanità, sui rischi dello sviluppo dell’Intelligenza Artificiale, sull’abuso di potere e sull’ineguaglianza sociale.

Il miliardario Andy Ronson (Clive Owen), afflitto da un non ben identificato male, invita 8 individui, considerati ciascuno dei geni nei loro rispettivi campi, ad un ritiro in un iper-tecnologico compound in una località segreta che si svelerà poi essere in Islanda per discutere su quella che considera l’imminente fine del mondo e mostrare loro come i ricchi si stiano preparando a questo evento catastrofico dovuto al cambiamento climatico. Quando una morte inaspettata sconvolge però gli ospiti, Darby (Emma Corrin) si mette sulle tracce di colui che è convinta essere un omicida con l’aiuto dell’Assistente Virtuale creato da Ronson e battezzato Ray (Edoardo Ballerini).

La protagonista interpretata da una splendida Emma Corrin è una ventiquattrenne particolarmente intelligente, una hacker cresciuta da un padre (Neal Huff) patologo legale, che le ha trasmesso una peculiare passione per il crimine che, da adolescente, la porterà sulle tracce di quello che è convinta essere un serial killer assieme al suo ragazzo Bill Farrah (Harris Dickinson). Nei flashback della serie non si assisterà quindi solo al fiorire della storia d’amore tra gli idealisti Darby e Bill, ma anche al loro tentativo di dare un nome ed un volto ad alcune delle moltissime vittime di omicidio negli Stati Uniti che restano senza un nome, in un’avventura che Darby trasformerà in seguito in un memoriale di successo che la giovane autrice dedicherà al suo idolo Lee Andersen (Brit Marling), un’iconica hacker sparita nel nulla dopo il matrimonio con il miliardario che la inviterà in seguito in Islanda.

I 7 episodi di A Murder at the End of the World, a volte inutilmente lunghi e forse troppo compiaciuti della loro gravitas (non aspettatevi mai un momento di sollievo o ironia da questa serie), sono caratterizzati da un’ambientazione inospitale che non lascia via di scampo agli ospiti del futuristico hotel, nello stesso modo in cui l’umanità, secondo l’eccentrico Ronson, non sembra poter trovare scampo da sé stessa. Sebbene l’espediente claustrofobico di costringere i personaggi in una situazione senza via di scampo, in cui non è contemplata la fuga per via del freddo inclemente, né la protezione all’interno dell’hotel a causa della presenza di un assassino, lo show trae giovamento dai flashback, che forniscono una sorta di intermezzo più rasserenante, nonostante il difficile tema che trattino. Una distinzione che viene ulteriormente sottolineata dalla fotografia, la cui direttrice Charlotte Bruus Christensen, sfrutta la freddezza dei paesaggi invernali, contrapponendola al calore ed alla luminosità del deserto dei flashback, che si fa metafora tra ingenuità della giovinezza e difficoltà della vita adulta.

Oltre all’ambientazione, la tecnologia è un altro aspetto fondamentale della serie, che non diventa solo argomento di conversazioni tra gli ospiti di Ronson, ma una vera e propria protagonista, quando Darby comincia ad utilizzare l’Assistente Artificiale Ray per farsi aiutare nelle indagini, senza però sapere fino a che punto possa fidarsi di lui.

Fortunatamente i 7 episodi di A Murder at the End of the World, che vanno gustati ed assaporati con i giusti tempi, con l’eccezione dei primi due, rilasciati contemporaneamente il 14 novembre (anche in Italia), avranno poi una cadenza settimanale. Considerati infatti i molti strati narrativi di questo show, magistralmente interpretato da una Emma Corrin che, più in questa serie che in The Crown, è evidente essere solo all’inizio di una brillante carriera, sarete grati che non sia stato scelto di rilasciare tutti gli episodi assieme, lasciando così il tempo al pubblico di immergersi ancora più a fondo nel mistero indagato dalla sua protagonista tra colpi di scena e cliffhanger.

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