Forse nella disaffezione che colpì molti degli attori del cast di Game of Thrones nelle battute finali della serie non c’è figura più simbolica di quella di Conleth Hill, l’interprete di Varys, il Ragno Tessitore. Celebre è quel momento del filmato della lettura collettiva della sceneggiatura in cui l’attore, giunto alle pagine in cui si compie il destino del suo personaggio, getta il copione sul tavolo con fare stizzito.

Varys, assieme a Tyrion Lannister e a Petyr Baelish, fa parte di quel trittico di personaggi “intelligenti”, o quanto meno più complessi che hanno sofferto in modo particolare l’appiattimento su una caratterizzazione più lineare e la transizione della serie dai temi degli intrighi di corte e della politica a quelli più incentrati sull’azione e sulla battaglia. Un rapido esame della situazione di partenza e della risoluzione dell’arco narrativo ci permettono di dire che Conleth Hill non ha tutti i torti.

Un Personaggio in Pausa

Giunti al fatidico punto di svolta del finale della stagione sei, Varys fa parte dell’entourage che si è radunato attorno a Daenerys Targaryen nel momento in cui salpa per Westeros. Anzi, è in buona parte il fautore della nutrita alleanza che vede i Tyrell, i Martell e parte dei Greyjoy unire le loro sorti sotto i vessilli della Madre dei Draghi. Tuttavia, come accade anche agli altri due personaggi sopra citati, già da tempo soffre particolarmente del suo “trapianto” fuori dall’ambiente di corte a lui congeniale, trapianto che peraltro è un’iniziativa degli showrunner: mentre nella serie Varys accompagna Tyrion nel suo esilio a est dopo l’omicidio di Tywin, nei romanzi rimane saldamente ad Approdo del Re, dove continua a tessere le sue trame sotto il turbolento regno di Cersei, facendosi anzi perfino più audace e meno nascosto. La sua sorte nella serie TV è invece quella di fare da “spalla” e da contraltare alle peregrinazioni di Tyrion, e se è pur vero che la chimica tra i due personaggi è piacevole, grazie alla caratura degli attori e a qualche felice passaggio di sceneggiatura, Varys, una volta lasciato Approdo del Re, è un pesce fuor d’acqua, un personaggio essenzialmente messo in pausa. Pausa che perdura fin quasi a trasformarsi in una stasi una volta che l’alleanza con la Targaryen è completa e le navi della grande flotta salpano verso ovest. Da lì in poi, la discesa si fa ripida.

“Nerfare” Daenerys

Ci si perdonerà l’uso poco elegante di un termine preso a prestito dal mondo dei giochi e dei videogiochi, ma essenzialmente è proprio questo il ruolo e l’uso di Varys nella settima stagione. Sinteticamente parlando, le forze schierate da Daenerys al suo ritorno nel Continente Occidentali sono talmente preponderanti che in teoria, se lo scontro fosse immediato e frontale, non ci sarebbe storia. E così buona parte della stagione è dedicata a tarpare, depotenziare e distrarre su altri fronti la calata della Madre dei Draghi per riequilibrare le sorti in campo e preparare il terreno a una stagione finale dove lo scontro sia più equilibrato. È un ingrato compito che toccherà per lo più a Tyrion Lannister, che vedrà grippato il suo proverbiale acume in varie occasioni, ma anche Varys ci metterà del suo consigliando prudenza e frammentazione delle forze. Ci piacerebbe avere altro su cui mettere mano, ma la triste verità è che il buon Ragno fa poco altro oltre a questo nell’arco di tutta la penultima stagione, a ulteriore riprova che i personaggi più complessi e “politici” faticano a trovare un ruolo nelle vicende finali e uno spazio nella mente degli sceneggiatori.

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Un Tradimento Frettoloso

Arriviamo così alla stagione finale, dove essenzialmente l’unico ruolo che Varys ha è quello di scavarsi la fossa da solo. Come accade anche al collega e rivale Littlefinger, il Ragno abbandona la cautela e la lucidità che lo contraddistinguono per gettarsi in un piano senza capo né coda al puro scopo di incamminarsi verso l’uscita di scena, piano che nel caso di Varys consiste nel tentato avvelenamento di Daenerys Targaryen per sostituirlo con un Jon Snow potenzialmente più stabile ed equilibrato. Questa trama è legata a doppio filo a quella della follia di Daenerys, argomento quanto mai controverso su cui dovremo tornare a fondo in un appuntamento futuro, ma dandolo momentaneamente per acclarato, i tempi, le scelte e le mosse di questa sottotrama sono tutte fallaci.

Colpisce innanzitutto la drasticità della scelta di Varys, che ha impiegato le sette stagioni passate a manovrare per portare la Targaryen sul Trono, ma che decide di colpo di toglierla di mezzo ai primi segni di instabilità (ricordiamo che il tradimento di Varys si consuma ben prima che la follia di Daenerys giunga alle fasi finali). Colpisce doppiamente se pensiamo che nei lunghi anni di Approdo del Re, Varys ha sopportato stoicamente e senza indulgere a tentazioni omicide le intemperanze ben più letali di sovrani come il Re Folle e Joffrey Baratheon. Restano quindi nebulose e poco convincenti le motivazioni che lo spingono non solo a sbilanciarsi in prima persona per togliere di mezzo la regina da lui voluta, ma anche di rinunciare alla doverosa segretezza comunicando a Tyrion i suoi propositi, con le conseguenze che conosciamo e che lo accompagnano a un’uscita di scena siglata dal drastico “Dracarys”. Per Varys, purtroppo, c’è ben poco a cui aggrapparsi sul fronte dei pro: una chiusura esigua, frettolosa e poco consona ai trascorsi e alla levatura intellettuale del personaggio. Ma come vedremo più avanti, è in buona compagnia.

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