Secondo appuntamento della “rassegna finale” dei protagonisti del Trono di Spade. Se nella prima analisi abbiamo esaminato Cersei Lannister, stavolta ci occupiamo di quella che per molti aspetti è, nelle fasi finali della storia, la sua controparte: la Lady di Grande Inverno e ventura regina del Nord, Sansa Stark, interpretata da Sophie Turner.

Una crescita esponenziale

Sansa condivide con Cersei un altro tratto “virtuoso”: è uno dei pochi personaggi che mantiene uno sviluppo lineare e coerente fino alla fine, e che si addice tematicamente al suo percorso narrativo globale. Dopo avere passato buona parte della serie all’ombra di molti dei personaggi più detestabili della serie come Joffrey Baratheon, Ramsay Bolton e, più ambiguamente, Ditocorto, e avere vissuto esperienze che definire traumatiche è dire poco, una volta conclusasi l’ordalia e tornata tra le mura di Grande Inverno, Sansa acquista sicurezza e indipendenza, riunisce attorno a sé quello che resta della sua famiglia e diventa un punto di riferimento essenziale per la lotta contro il Re della Notte. Si tiene, almeno fisicamente, fuori dallo scontro finale nelle terre del sud con le forze dei Lannister per riaffiorare nel finale, in cui strappa e ottiene dal consiglio dei sette regni l’indipendenza per il Nord. Curiosamente, e in modo alquanto appropriato, per una figura che da giovane ha a lungo sognato il matrimonio perfetto e il principe ‘azzurro’ dopo le esperienze matrimoniali di tutt’altra natura mantiene la sua indipendenza anche su quel fronte: gli showrunners lasciano completamente aperta la sua situazione a livello sentimentale, e anche in questo caso ci sentiamo di dire che è una scelta appropriata, a simboleggiare la sua indipendenza e autosufficienza raggiunta sotto ogni aspetto.

sansa stark season 1

Conti da regolare reali…

Per arrivare a quel traguardo, la giovane Stark ha una manciata di conti da regolare, conti che salda con determinazione e anche un certo grado di cinismo e crudeltà riflessa ereditate indubbiamente dai “cattivi maestri” frequentati. Il primo è quello con Ramsay Bolton, che ormai sconfitto e prigioniero nelle segrete di Grande Inverno, viene lasciato in pasto a quegli stessi mastini che tante vittime innocenti avevano mietuto in precedenza su ordine del loro folle padrone. Qui, nulla da obiettare: poetic justice servita alla perfezione, ottima chiusura dell’arco narrativo per l’odioso Bolton e gradino importante sul percorso di crescita di Sana.

Il secondo è quello col suo pigmalione e potenziale corteggiatore, Petyr “Ditocorto” Baelish. In questo caso il percorso è più accidentato, perché se dal lato di Sansa si arriva a una risoluzione appagante e in sintonia col suo personaggio e col suo percorso di crescita, dall’altro questo risultato non viene raggiunto senza un degrado e uno svilimento immotivato ed eccessivo del personaggio di Baelish, ma su questo torneremo quando esamineremo in dettaglio le vicende di Ditocorto. Se menzioniamo la vicenda in questa sede è perché il piccolo intrigo che coinvolge Baelish, Sansa e Arya nelle sale di Grande Inverno è gestito fumosamente: non è chiaro se e quanto la giovane Stark creda alle manovre di Ditocorto per metterla contro la sorella prima dell’intervento deus ex machina del fratello Bran, e un suo eventuale tentennamento su quel fronte striderebbe con il percorso di maturazione e consapevolezza completato sugli altri fronti. Alla fine della vicenda, il legame tra sorelle è salvo e l’intrigo è sventato, ma un po’ più di chiarezza su questo fronte non avrebbe fatto male.

sansa stark season 3

…e immaginari

Tutte le voci del bilancio di Sansa sono dunque positive? Verrebbe da dire di sì, o quanto meno buona parte di esse. Sansa è uno dei personaggi che esce meglio dalle vicende finali del Trono di Spade: forse meno simpatica ed entusiasmante di tanti altri (ammesso che come personaggio lo sia mai stata), ma coerente e lineare nel suo sviluppo.

Almeno una voce in negativo, tuttavia, va computata: non essenziale e non compromettente come in altri casi, ma comunque fastidiosa perché forzata e alquanto innaturale, vale a dire la sua freddezza iniziale, poi sfociata in ostilità “politica”, nei confronti di Daenerys Targaryen.

Questa scelta narrativa appare imposta da motivazioni “esterne” all’universo di Westeros per esigenze di copione, vale a dire la necessità di spingere la Madre dei Draghi verso la follia invischiandola in una rete di situazioni sempre più complicate e sfavorevoli. Sansa si ritrova a essere suo malgrado il motore e la causa di buona parte dei guai che affliggeranno Daenerys nell’ultima stagione, violando la promessa di segretezza fatta a Jon Snow riguardo il suo retaggio Targaryen e mettendole contro di fatto molti dei suoi presunti alleati.

Ma manca il movente iniziale per questa ostilità: Daenerys si è dimostrata leale e affidabile come alleata e pur nonostante la “dura scuola politica” frequentata da Sansa, i dettami di onore e di correttezza che sono i capisaldi di casa Stark avrebbero imposto una linea d’azione più pulita. Tanto più che, a puro livello caratteriale, avrebbe avuto molto più senso che le due giovani si trovassero accomunate dalle numerose affinità ed esperienze comuni che le hanno segnate, essendo entrambi vissute prima all’ombra di uomini che volevano usarle o abusare di loro, e poi avendo conquistato potere e indipendenza con le loro forze. Sull’ostilità di Sansa pesa una “necessità di copione” che trova però poche giustificazioni nelle meccaniche interne della storia. Una macchia che ‘sporca’ un percorso narrativo altrimenti più che dignitoso. Ma al di là di questo, Sansa Stark arriva al traguardo potendosi considerare non solo una vincitrice nel ‘Gioco del Trono’, ma anche sfuggendo agli inciampi di sceneggiatura più madornali. Una sopravvissuta fino in fondo, come aveva predetto Tyrion Lannister!

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