Nel libro Videogame-induced tourism, Fabrizio Berardone riconosce nel videogioco un “ottimo esempio di come si possa indurre un utilizzatore più o meno assiduo e più o meno giovane […] ad abbandonare per un momento il monitor e passare a esperire, realmente, quei luoghi teatri di sfide, raid e avventure”. L’autore non è il primo a rilevare questo potenziale. Se ne è parlato spesso, in giro per la rete. All’Archivio Videoludico, per esempio, è disponibile per la consultazione la tesi di Andrea Capone, Turismo videoludico: in viaggio con Assassin’s Creed 2 tra Monteriggioni e San Gimignano. Un lavoro che si sofferma sul caso probabilmente più emblematico di questo fenomeno. La serie Ubisoft è stata di frequente punto di partenza per una serie di riflessioni che hanno messo in luce il potenziale turistico dei videogiochi. Se è vero che Assassin’s Creed si prende parecchie libertà dal punto di vista storico e urbanistico – d’altronde stiamo pur sempre parlando di un’opera di fiction – è altrettanto vero che il potere di questi mondi virtuali sembra celarsi non tanto in quello che insegnano, quanto nella curiosità che instillano.

assassins

A dire il vero, le declinazioni turistiche legate al videogioco possono essere molteplici. La più ovvia, e anche la più interessante per chi si occupa di valorizzazione del territorio, riguarda la possibilità che la riproduzione virtuale di un contesto reale spinga il fruitore a organizzare un viaggio che altrimenti non avrebbe mai pensato di fare. Nel campo cinematografico esistono da anni Film Commission regionali che supportano la produzione in loco: una città che diventa scenario di uno o più film può guadagnarne in termini di flussi turistici e di ricchezza indotta.

Pensate, però, anche alle fiere di settore. Colonia non è esattamente la meta turistica più rinomata della Germania, ma grazie alla Gamescom diventa ad agosto la destinazione preferita di migliaia di videogiocatori (che prima andavano a Lipsia). Oppure, per rimanere in tema Assassin’s Creed, a tutte quelle mostre organizzate in questi anni e dedicate al gioco Ubisoft, una tra tutte quella tenutasi a Milano nel 2012 in occasione dell’uscita del terzo capitolo. Non ci fosse stata, magari Trenitalia avrebbe venduto qualche biglietto in meno.

Infine, c’è il turismo che si consuma all’interno del videogioco stesso. Quei mondi così ampi e dettagliati diventano teatro di viaggi e scoperte. Prima ancora di tornare al reale, il giocatore può girare per i vicoli, imbattersi in palazzi o costruzioni storiche, rimanere stupito di fronte a panorami mozzafiato. Non è un caso che nel corso degli anni si sia sviluppata la cosiddetta Gaming Photography, un nuovo concetto di fotografia, un occhio che cattura non la realtà, ma la realtà del virtuale, dei mondi digitali creati dentro lo schermo.

Brokensword

Il potenziale del nostro Paese è notevole e non se n’è accorta solo Ubisoft con Assassin’s Creed. Venezia, per esempio, ritorna in Tomb Raider II, in Venetica e in Casanova: Il duello della rosa nera. C’è la Valle d’Aosta di Anna, oppure il Vaticano di Shadows on the Vatican. La Bologna di Il codice dell’Alchimista o la Capri della trilogia di S-G Software. Se guardiamo ai nostri cugini francesi è Parigi a farla da padrone in decine e decine di titoli (Broken Sword, The Saboteur, Post Mortem, Remember Me, Nikopol… e l’elenco potrebbe continuare). Chissà poi in quanti si sono spinti a Rennes-le-Château, nel sud della Francia, dopo aver giocato a Gabriel Knight 3 nel 1999. Erano ancora lontani i tempi de Il codice da Vinci, libro che avrebbe reso il piccolo paesino della Linguadoca ancor più celebre.