L'editorialista del CorSera si è lanciato in un peana contro i videogiochi, ecco la nostra risposta…

Inauguriamo oggi una nuova rubrica; l'abbiamo intitolata il corsivo perchè, così come i grandi giornali novecenteschi davano alle loro firme più prestigiose la possibilità di esprimersi senza vincoli che non fossero quelli dettati dall'etica giornalistica, anche noi vogliamo portare nel piccolo mondo dell'editoria videoludica italiana un po' di vis polemica, di quel dibattito che permette alle forme d'arte di crescere e migliorare.

Tanto per cambiare, dedichiamo il nostro primo apppuntamento alle bellezze dell'intellighenzia made in italì, quello strano mondo composto da personaggi incredibili, esperti di tutto ma appassionati di niente, quegli arciitaliani che, purtroppo, abbondano in un paese spesso incapace di distinguere fra competenza e chiacchiere da domenica mattina.

Aldo Cazzullo, noto scalatore di pianure e poeta dell'ovvio, sommo editorialista del Corriere della Sera, autore di aforismi memorabili come "per uscire dalla crisi l'Italia deve studiare di più", prolifico scrittore d'amore, nonchésaggista sobrio e lieve, noto alle cronache per aver intitolato il suo ultimo libro "l'Italia s'é ridesta – come uscire dalla crisi". Magari avessimo ascoltato Cazzullo! Lui ha le ricette per far funzionare ogni cosa, soprattutto quando si tratta di argomenti complessi. Il buon Aldo ha sempre la risposta pronta e, naturalmente, poteva una tale intelligenza non misurarsi con l'universo videoludico? Ovviamente no e, puntuale come ogni sabato, ecco apparire su Io Donna (l'inserto femminile del Corriere della Sera) un articoletto di dieci righe, intitolato "Troviamo un vaccino per i giochi elettronici". In questo accorato elzeviro, il nostro Aldo si lancia in un'analisi finissima sostenendo che i videogame, pur non essendo sempre diseducativi (e ci mancherebbe pure) sono in grado di "proiettare i nostri figli al di fuori di se stessi, e rischiano di farne degli alienati. Come una droga, li allontanano dallo studio, dalla lettura, persino dalla tv". Cazzullo conclude spiegando che ogni genitore ha il dovere di allontanare il piùpossibile le giovani generazioni dal grande demone videoludico, capace di succhiare l'anima vitale dei fanciulli e trasformarli in malefici adoratori di Chtulhu.

Francamente siamo un po' stanchi: potremmo facilmente citare un paio di numeretti, spiegando che l'industry videoludica è un settore in enorme espansione, che il gaming è un media maturo, che alcuni titoli hanno lo spessore culturale necessario per essere accostati a film e libri, che la Biblioteca del Congresso ha inserito 10 videogiochi nella lista delle opere da preservare. Ma non lo faremo. Vogliamo limitarci a un piccolo aneddoto.

Negli anni '80 del XVIII secolo, un giovanissimo Wolfgang Amadeus Mozart incontrò l'Imperatore Giuseppe II per la prima volta. Il sovrano era un uomo di grande sensibilitàma pressochéinetto dal punto di vista musicale tuttavia, all'epoca, la lirica era la grande novità del momento, ogni testa coronata d'Europa faceva a gara per avere nella sua corte i migliori compositori e, inutile dirlo, benché fosse meno che ventenne, a Mozart non mancavano né talento né competenze. Sua Maestà sapeva bene che la cultura avrebbe dovuto essere uno dei pilastri del suo regno, dunque si circondò di consiglieri ed esperti, incaricati di selezionare ogni nuovo arrivato per capire se fosse degno di rappresentare la gloria dell'Aquila Bicipite.

I cortigiani di Giuseppe II, si resero immediatamente conto delle enormi potenzialità di quel giovane tirolese, tuttavia lo costrinsero ad alleggerire (di molto) le sue prime opere, sostenendo che il sovrano riteneva alcune scelte (come i balletti, o i contrappunti) disdicevoli per la pubblica morale. Mozart, abbastanza contrariato, obbedì, ma un giorno, ormai impossibilitato a incatenare ancora il suo estro, decise di mostrare all'Imperatore le sue vere idee e a questi, con enorme sgomento dei suoi collaboratori, decise che le innovazioni di Mozart erano ottime e le abbracciò senza rimpianti.

Ecco, Cazzullo ci ricorda un po' Salieri, incapace di capire un nuovo media, lo teme e vedendo in esso un rischio èpiùrealista del re, arrivando addirittura ad "avvertire" i genitori. Tuttavia per ogni vecchio astioso, ci sono dieci, cento Mozart e, fortunatamente, molti di questi lavorano nella nostra amatissima industry.


Aggiornamento

Dopo il polverone sollevato dal post, Cazzullo ha voluto correggere il tiro, aggiornando l'articolo e scrivendo quanto segue:

29 gennaio 2013 – ore 17.30
Ringrazio tutte le lettrici e i lettori che hanno espresso il loro interesse per la rubrica sui videogiochi, comprese le voci critiche (anche se chi cita le fasce “Pegi” temo sia del settore…). Sono d’accordo in particolare con la signora Maddalena: l’antidoto siamo noi genitori. Che ieri trovavamo comodo a volte parcheggiare i figli davanti alla tv, e oggi davanti al videogame. Invece dovremmo sforzarci di piegarci sul solco, di farci piccoli come loro, di capire come cose che a noi sembrano trascurabili per loro siano importanti, e di trovare forme per comunicare con i nostri figli e farli comunicare con i nonni. Perché – anche su questo sono d’accordo – non c’è nulla di più triste delle tavolate in cui gli adulti fanno solo discorsi “da grandi” e i piccoli si isolano con il telefonino o il ds o il tablet o la play. Grazie ancora, un caro saluto. Aldo

Riconosciamo, dunque, a Cazzullo di aver corretto abbastanza bene il tiro, ammettendo che il problema non sono i videogiochi ma l'educazione ricevuta. Pace fatta, almeno per quanto ci riguarda, sperando che il giornalista non incappi in altri cadute di stile. In ogni caso, tutto è bene quel che finisce bene.