Nintendo festeggia oggi il trentennale della sua prima console da salotto…

Il 15 luglio del 1983, poco più di trent’anni fa, i negozi di Tokio, Kyoto e Osaka si riempivano di scatoloni rossi e oro. Nintendo, all’epoca, era nota per i suoi Game & Watch e aveva una lunga storia come produttrice di carte da gioco e scacchiere, in pochi anni l’azienda della famiglia Yamauchi si sarebbe trasformata in una delle più grandi multinazionali del mondo, creando vere e proprie icone pop come Mario e Zelda, passando attraverso rivoluzioni tecnologiche straordinarie, dalla pixel art, fino al 3D stereoscopico, passando per la grafica poligonale e i pad con sensori di movimento.

Tutto è cominciato li, in quelle confezioni rosse e oro e nel loro contenuto: il Famicom, l’antisegnano del NES, la prima, vera home console di casa Nintendo. L’inizio degli anni ‘80 non è stato un periodo semplice per il mondo dei videogiochi: improvvisamente, a causa degli errori di Atari e di alcune speculazioni finanziarie, l’asse mondiale e la leadership del settore passò al Giappone così, mentre in Nuovo Messico si sotterravano videogiochi, il Sol Levante si preprava a cambiare il mondo. Per far capire l’enormità della rivoluzione portata dal Famicom basterebbe citare la sua innovazione più ovvia nonché, spesso, più sottovalutata: la standardizzazione del pad. Ai tempi di Atari e compagnia, ogni azienda ha cercato – con alterne fortune – di proporre un sistema di input al tempo stesso semplice e funzionale, tuttavia nessun designer è mai riuscito ad imporre uno standard effettivo. Nintendo ci riuscì, il D – Pad del NES, insieme ai due pulsanti e ai testi start e select ha rappresentanto il seme da cui, nel corso degli anni, si sarebbero evoluti tutti i controller, almeno finché, sempre Kyoto, non cambiò di nuovo tutto con la levetta analogica del Nintendo 64. Ma fermarsi al pad sarebbe riduttivo. Il Famicom è stato anche la prima console ad integrare un vero sistema antipirateria, non tanto rivolto agli utenti finali, quanto pensato per costringere le terze parti ad accordarsi con la casa madre per poter sviluppare. Il chip 10NES è l’antisegnano di ogni DRM e a tutt’oggi, tutte le console si basano sullo stesso schema, ovvero un modello in cui ogni third party paga alcune royalties necessarie per poter sviluppare sul device in questione.

Oggi tutto questo ci pare più che normale ma, trent’anni fa, Nintendo cavalcà dalle lande nipponiche come lo shogun destinato a riportare la pace in una terra flagellata da disgrazie e guerre; senza l’arrivo salvifico del Famicom e del NES (che, comunque, ci mise due anni ad approdare in America e tre per giungere nel Vecchio Continente) il mercato dei videogiochi difficilmente si sarebbe ripreso dalla grande crisi del 1982 e, con tutta probabilità, questi trent’anni sarebbero stati molto diversi.

Tanti auguri, dunque, noi, per festeggiare, andiamo a farci una partita a Super Mario Bros. 3 tirando fuori dalla vetrina il nostro NES del day one.