All’uscita di Voice of Cards: The Forsaken Maiden, siamo rimasti soddisfatti della conferma della bontà del nuovo franchise con alle spalle Yoko Taro. Un franchise che prende le meccaniche tipiche dei JRPG e le mescola a un comparto artistico proveniente da un media differente come quello dei giochi di carte. Il tutto per dare vita a un’opera non certo innovativa ludicamente, ma decisamente convincente sotto il profilo artistico.

Allo stesso tempo, però, nella recensione che trovate qui sopra ci auguravamo di poter mettere presto le mani su un terzo titolo del brand, ma con qualche novità in più rispetto a The Isle Dragon Roars e The Forsaken Maiden. Ebbene, a partire dal 13 settembre 2022 è disponibile Voice of Cards: The Beasts of Burden, nuova iterazione del franchise nato meno di un anno fa. Saranno riusciti i ragazzi di Alim a dare vita a un sequel avvincente e con qualche elemento aggiuntivo, oppure ci troviamo di fronte a un’opera derivativa e poco ispirata?

La risposta nella nostra recensione.

CREATURE DAL SOTTOSUOLO

È un giorno come gli altri per la Giovane Custode, una ragazza di 14 anni che vive nel sottosuolo insieme a sua madre a agli abitanti di un piccolo villaggio. Una giornata come tante, dove la fanciulla tenta di sopravvivere all’assalto di pericolose creature, facendo di tutto affinché la sua famiglia non muoia sotto gli artigli dei mostri. Eppure, quel giorno, qualcosa va storto. Tutti i membri del villaggio vengono uccisi e lo stesso destino sarebbe toccato alla Giovane Custode, se non fosse per l’arrivo di un ragazzo di nome Gohl, che le salva la vita. Da quel momento, la sopravvissuta ha un unico obiettivo: la vendetta.

La trama di Voce of Cards: The Beasts of Burden parte nel modo più banale possibile, ma fortunatamente ingrana pian piano, facendoci affezionare ai vari personaggi che incontreremo. Il problema è che spesso la storia si evolve seguendo gli stereotipi del genere shonen, senza brillare mai davvero. I primi due capitoli del franchise ci sono parsi più a fuoco, consci di avere almeno un elemento in grado di renderli unici e “innovativi”. Questo episodio, purtroppo, rimane nel triste limbo della mediocrità e non basta qualche citazione al mondo di NieR e di Drakengard per farci gridare al miracolo.

Voice of Cards: The Beasts of Burden

CATTURALI TUTTI!

Qualche minuto dopo il massacro della famiglia della protagonista, scopriamo che la Giovane Custode ha accesso a un potere unico: catturare e addestrare le creature attorno a lei. Gli sviluppatori hanno quindi pensato di prendere questo elemento narrativo e di farne il principale motore del gameplay di The Beasts of Burden. Dopo ogni scontro, infatti, avremo la possibilità di ottenere delle ricompense. Tra queste troveremo le carte delle creature appena sconfitte, che potremo quindi equipaggiare per permettere al nostro party di ottenere abilità uniche con le quali combattere e difendersi.

Il problema di questa idea è che la “carte mostro” funzionano esattamente come le “carte abilità” dei due precedenti capitoli, di fatto non innovando per nulla il combat system di questo terzo titolo. Certo, si aggiunge l’incertezza di ottenere o meno la carta creatura, ma non è certo qualcosa in grado di valorizzare questa nuova produzione. Una produzione che, per il resto, non aggiunge nulla rispetto ai primi due episodi e che presenta persino la medesima difficoltà tarata verso il basso.

Ancora una volta ci troveremo a visitare luoghi sconosciuti, combattere avversari e migliorare il proprio equipaggiamento. Per la terza volta dovremo dosare le gemme ottenute di turno in turno, necessarie per sferrare i colpi più potenti. Il tutto senza dimenticare l’ormai rodato minigioco di carte, disponibile in tutti gli accampamenti che ci troveremo a visitare. Insomma: le novità sono davvero poche.

Voice of Cards: The Beasts of Burden

LO STILE NON È ACQUA

Nonostante si tratti della terza avventura costruita con il medesimo stile, il character design di Kimihiko Fujisaka continua a farci impazzire, dando vita a creature e personaggi esteticamente impeccabili. Ogni singolo elemento estetico della produzione è appagante, soprattutto se giocato su Nintendo Switch, dove un gioco di carte trova la sua dimensione ideale. Lo stesso si può dire della colonna sonora di Keiichi Okabe, magistrale in più di un’occasione. Ci siamo sinceramente emozionati in alcuni momenti di Voice of Cards: The Beasts of Burden e molto lo dobbiamo proprio alla bravura di Okabe.

È innegabile, però, che il comparto artistico non possa salvare per sempre un franchise. C’è bisogno che gli sviluppatori trovino un modo per dare una svecchiata al gameplay, in modo da non avere un quarto capitolo identico ai precedenti.

Voice of Cards: The Beasts of Burden è un JRPG nella sua forma più classica. Non che questo sia un aspetto negativo, ma ci troviamo per la terza volta di fronte a una formula che sta cominciando a stancare. Quella che prima era “innovazione” ora comincia ad avere il sapore della “pigrizia”, sopratutto visto il graduale calo del comparto narrativo. Siamo rimasti ancora una volta abbagliati dal comparto artistico, ma è evidente che sia necessario un cambio di rotta. Il titolo funziona egregiamente, ma sappiate che se avete già giocato ai primi due capitoli non troverete nulla di nuovo se non il comparto narrativo. Se, al contrario, questo è il vostro primo contatto con il mondo di Voice of Cards, rimarrete a bocca aperta esattamente come abbiamo fatto noi nell’ottobre del 2021.

VOTO7
Tipologia di gioco

Voice of Cards: The Beasts of Burden è un JRPG classico, raccontato attraverso uno stile unico.

Come è stato giocato

Abbiamo giocato a The Beasts of Burden su Nintendo Switch OLED grazie a un codice cortesemente fornitoci dal Publisher.