Dietro la storia di Kasia Smutniak che entra nel corpo di Pierfrancesco Favino e viceversa raccontata in Moglie e Marito, si cela un nome nuovo: Simone Godano. E forse non è un caso che un film così vicino ai generi statunitensi sia stato affidato ad un esordiente nel lungometraggio ma non nel cinema di genere. Con il fratello infatti Simone aveva creato Niente Orchidee, un corto noir e da lì si era mosso in diverse direzioni tra cui la regia di alcuni spot per la società di Matteo Rovere (produttore di Smetto Quando Voglio e regista di Veloce Come il Vento) con il quale ora sta realizzando questa storia di scambio di corpi.

Non è un caso allora che, dopo aver sentito la trama e l’idea di come raccontarla, la prima domanda abbia generato una risposta quasi indignata.
Da come mi è stato descritto mi sembra un film molto “italiano”, sbaglio?

“Aahahahah italiano… No no. Ma che italiano? Assolutamente no. È chiaro che possono parlare solo le immagini ma ti assicuro che ha una messa in scena particolare. Abbiamo eliminato le patine da tutti i comparti alla ricerca di una certa sofisticazione che non sia presunzione, un film molto di interni senza essere claustrofobici, cucito addosso a due attori incredibili”.

La storia ha un elemento fantastico ma come è trattato, cioè quanto il film vola con la fantasia e quanto no?

“Quando Matteo [Rovere] e Giulia [Steigerwalt] mi hanno fatto leggere la sceneggiatura io non sapevo niente e l’opinione che gli diedi fu che per me bisognava andare in una direzione realistica per sfruttare al meglio il traino della storia. Almeno era quello che mi sarebbe piaciuto vedere.
Del resto anche la Warner Italia voleva un film un po’ così, cioè una storia fantastica ma anche realistica, con una componente di genere. In una frase volevamo cercare di convincere lo spettatore per tutto il tempo che loro si sono scambiati davvero. Il modello è chiaramente americano, anche perché la storia di Giulia aveva protagonisti giovani, noi però abbiamo scelto di alzare l’età credendo che potesse uscire meglio per quel che volevamo, perché un’età maggiore porta con sé un peso maggiore, un rischio maggiore che le cose possano andare male”.

Per questo avete scelto due attori come Favino e Smutniak che, nonostante abbiano fatto della commedia, non sono davvero legati a quel genere nell’immaginario dello spettatore?

“Eh esatto, è quel che intendevo quando dicevo di non voler andare in una direzione facile. Non volevamo ripetere i film che vengono fatti in serie. La Warner è stata molto contenta della mia idea di casting e di film, volevamo proprio cavalcare questa chiave diversa. E proprio perché c’è una forte storia d’amore e si sono molto calati nei panni dell’altro (Favino viene da una famiglia di sole donne e Kasia ha una mascolinità tutta sua, quindi non è stato difficile per loro calarsi nei personaggi), la loro forza e il loro spessore hanno rafforzato il tentativo di evitare il classico. Insomma non è uno di quei film in cui i due si scambiano, poi rido, rido, rido e alla fine tornano insieme, ma semmai un film che cerca di funzionare anche senza lo scambio, come storia di due persone non riuscite completamente (lei è alla prima esperienza in tv, mentre lui progetta un macchinario per far comunicare chi non parla)”.

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Gli attori mi hanno detto che la scena più difficile per loro è stata quella dello scambio. È stato così anche per te, cioè è complicata anche a livello registico?

“No, io avevo più paura del momento dell’intervento chirurgico che fa svenire Favino, invece è stato più semplice del previsto, ne è venuta una scena molto comica e divertente. Ma avevo paura anche di quando Kasia registra i programmi televisivi perché non è facile mostrare uno studio televisivo, temevo la ripetitività”.

Quanto hai contribuito nel decidere che tipo di approccio allo scambio sessuale gli attori avrebbero avuto?

“In realtà se ho fatto qualcosa è stato grazie a loro, che mi hanno dato la possibilità di spingere più di quanto non avrei potuto con altri attori”.

Sì ma è tuo ruolo anche quello di fermarli un momento prima di sfociare in “Massimo Boldi”?

“Guarda che la loro forza è proprio che non scadono in macchietta, sono così bravi che possono esagerare senza esagerare davvero. Io poi ho tutta una mia idea di come bilanciare il tono generale, abbiamo girato scene con diversi livelli di macchietta a cui daremo un ritmo con il montaggio. Sai alla fine nessuno davvero vuole scadere nella macchietta omosessuale, ma sappiamo anche che un uomo nel corpo di una donna o viceversa nel nostro immaginario quello sono, cioè quel tipo di dinamiche e movimenti dovrebbero avere”.

Il film, scritto da Giulia Steigerwalt, prodotto da Warner Bros. Entertainment Italia, insieme a Matteo Rovere per Groenlandia e Roberto Sessa per Picomedia, uscirà nelle sale il 13 aprile 2017, distribuito da Warner Bros. Pictures.

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