Girlboss: la recensione in anteprima dei primi quattro episodi

La nostra recensione in anteprima della nuova serie Girlboss, con protagonista Britt Robertson, di cui abbiamo visto i primi quattro episodi

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Spoiler Alert
Kay Cannon, dopo le prime grandi soddisfazioni con 30 Rock e New Girl a cui è seguito il successo al cinema di Pitch Perfect, ritorna a lavorare per la tv, creando per Netflix la nuova comedy Girlboss.
Il progetto si ispira alla storia vera di Sophia Amoruso, la fondatrice di Nasty Gal, un sito specializzato in moda nato dal successo del negozio eBay ideato nel 2006.

La protagonista della serie è l'attrice Britt Robertson nel ruolo della giovane Sophia, alle prese con problemi economici, senza idee chiare su quello che vuole fare nella vita, incapace di mantenere un lavoro, pronta a rubare senza farsi troppi problemi e con un rapporto difficile con il padre (Dean Norris). L'unico rapporto umano stabile è quello con la sua amica Annie (Ellie Reed), che ha da poco iniziato una relazione con Dax (Amphonso McAuley), coinquilino del musicista Shane (Johnny Simmons), per cui Sophia prova una certa attrazione.
La situazione della ragazza prende però una svolta quando si rende conto di avere la capacità di individuare nei negozi di vestiti usati dei veri e propri affari e di saper valorizzare i capi in modo da attirare l'attenzione dei compratori online. Pur non avendo alcuna conoscenza in campo economico o nella gestione di un'attività, Sophia proverà a trasformare questa dote in un business.

La storia alla base di Girlboss, un po' come accaduto con il recente film The Startup, propone il racconto di un successo che nel corso degli anni ha dovuto fare i conti con critiche e problemi economici. Mentre sugli schermi di Netflix si assistono ai primi passi di Nasty Gal, nella realtà l'azienda ha dichiarato la bancarotta, nonostante la fama raggiunta da Sophia Amoruso e la popolarità del brand ottenuta solo pochi anni fa, situazione che forse potrebbe trovare spazio nelle potenziali prossime stagioni.

La versione per il piccolo schermo della giovane non nasconde i tanti difetti di Sophia, mostrandone senza filtri gli eccessi e persino la naturalezza con cui compie piccoli crimini o si relaziona con gli altri in modo sfrontato e poco rispettoso. La bravura di Britt Robertson, tuttavia, fa emergere il lato più vulnerabile e insicuro e con alcune sequenze, come la reazione dopo l'ennesimo licenziamento o la registrazione di un messaggio sulla segreteria telefonica del padre, l'attrice riesce a suscitare le emozioni necessarie a provare empatia per la ragazza e, in un certo senso, a fare il tifo per lei.
Nei primi quattro episodi lo spazio dato ai personaggi secondari è invece piuttosto limitato, concentrandosi maggiormente su Shane, interpretato da Simmons in modo piuttosto attento a mostrare la sensibilità e l'ironia del musicista durante una giornata trascorsa con Sophia, mentre Annie, grazie alla naturalezza e alla simpatia di Ellie Reed, dimostra di possedere un buon potenziale, anche comico, lasciando la speranza di scoprire qualche dettaglio in più sulla sua personalità e sul suo rapporto con la protagonista.

La regia, in particolare quella del pilot e del secondo episodio diretto da Christian Ditter che è stato recentemente impegnato dietro la macchina da presa di Single ma non troppo e #ScrivimiAncora, appare dinamica e ben calibrata sull'atmosfera degli eventi raccontati negli episodi. La fotografia, inoltre, ha un aspetto "vintage" perfetto per adattarsi alle peripezie della protagonista, mostrandone luci e ombre. E' però la sceneggiatura firmata da Kay Cannon a rappresentare uno dei punti di forza più importanti del progetto grazie alla capacità di delineare un personaggio principale apparentemente distante dagli stereotipi abitualmente legati a chi segue la moda e ha ottenuto successo, portando sullo schermo una giovane donna fuori dagli schemi, tendente a drammatizzare con grande facilità, estroversa e alla ricerca di legami emotivamente soddisfacenti pur mantenendosi piuttosto distante da chi la circonda.
Le puntate propongono poi una buona dose di ironia e di momenti divertenti, in alcuni casi più riusciti e in altri forzati e poco efficaci, mentre la struttura appare principalmente come un insieme di aneddoti non del tutto legati tra loro piuttosto che un racconto lineare, aspetto che a lungo andare potrebbe penalizzare un po' la narrazione.

Girlboss riesce comunque a intrigare grazie alle interpretazioni dell'intero cast, di alta qualità anche per i ruoli minori, e la curiosità nell'assistere a un'ascesa nel mondo degli affari atipica, considerando la totale inesperienza e la mancanza delle conoscenze base di Sophia nei confronti del mondo del lavoro.
Difficile capire da quattro episodi della durata di circa 25-30 minuti se la prima stagione convincerà del tutto, ma Britt Robertson sembra aver trovato un ruolo in grado di evidenziare il suo talento, permettendole di spaziare in ambiti e situazioni davvero variegate e ricche di sfumature.

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