È in occasione di una masterclass presso la Event Horizon – School of Digital Art che abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Aleksi Briclot, artista parigino che partendo da fumetti (New Avengers, Spawn), illustrazioni per giochi di carte (Magic: the Gathering), illustrazioni per copertine di libri e concept art di videogiochi (è co-fondatore di Dontnod Entertainment, sviluppatore di Remember Me e Life is Strange) è arrivato a lavorare per i Marvel Studios come concept artist di Thor: Ragnarok, Avengers: Infinity War, Ant-Man and the Wasp, Captain Marvel.

Con lui abbiamo parlato del percorso che ha fatto per arrivare a lavorare nell’industria cinematografica e in particolare del suo apporto a Thor: Ragnarok.

Come hai iniziato la tua carriera? Quali sono stati i tuoi primi lavori come concept artist, come sei stato coinvolto la prima volta nel mondo dei concept?

Ho frequentato una scuola si grafica e design. Non si studiava propriamente illustrazione e concept design, ma sono argomenti che ho approfondito per conto mio, a casa, durante gli studi. Ho iniziato a lavorare a piccoli progetti come libri o magazine francesi, poi ho iniziato a collaborare con una casa di produzione di videogiochi, Cryo Interactive, al videogioco Egypt 2, una rappresentazione storica del mondo egizio. Poi mi sono spostato in un’altra compagnia, dove ho lavorato a 12 progetti diversi… di cui poi solo uno è uscito! Ho deciso di rimanere freelance per poter fare l’illustratore, a quel punto si è scatenata una sorta di dinamica esponenziale: mi contattavano sempre più realtà, in particolare ho lavorato a Magic: the Gathering, ho debuttato sul fumetto Spawn… È difficile fare una vera cronologia. Mi occupavo di illustrazioni, fumetti francesi e non, videogiochi… insomma, la mia carriera è iniziata così.

Molti illustratori nascono in questo modo: i progetti diventano sempre più grandi e così crescono, passando da un lavoro all’altro. C’è stata una fase nella quale hai lavorato a grandi progetti videoludici, giusto?

Sì, ho co-fondato Dontnod e ho lavorato a titoli come Remember Me, Life is Strange e The Division. Assieme a un gruppo di amici abbiamo deciso di concentrarci solo su progetti un po’ folli, videogiochi che avremmo voluto giocare, e per questo abbiamo fondato Dontnod, pur avendo pochissimi soldi, pochissima tecnologia, solo tanta passione. Il mio apporto all’azienda è stato quello di trovare alcuni degli artisti chiave, insieme cercammo dei finanziatori per il nostro videogioco Remember Me: inizialmente parlammo con Sony, poi convincemmo Capcom. Ci vollero sei anni per far uscire il videogioco, anche se non ho passato sei interi anni al lavoro solo su quel progetto ovviamente. Il vero impegno è stato costruire la compagnia, i processi di lavoro, coinvolgere le persone giuste. Dopo otto anni ci sono state delle divergenze creative, non condividevo più il punto di vista della persona che guidava l’azienda a livello creativo e così io e altri amici co-fondatori ci siamo allontanati da Dontnod, pur avendo ancora una partecipazione.

E come sei passato dal mondo dei videogiochi al cinema?

Ho sempre desiderato lavorare per il cinema. Dopo aver lasciato Dontnod sono tornato a dedicarmi all’illustrazione, e ho iniziato a lavorare per la Warner Bros. e per un film cinese, Asura, un progetto ad alto budget da 50 milioni di dollari. A quel punto sono stato contattato dalla Marvel Television: ero in lizza per partecipare a un loro grande progetto. Era qualcosa di molto interessante, ho parlato con il produttore che mi ha proposto di spostarmi da Parigi a Burbank. Sarebbe stata una svolta importante per me, un grande cambiamento. Allo stesso tempo, ho iniziato a parlare anche con i Marvel Studios: il supervisore allo sviluppo visual della compagnia Andy Park mi disse che adorava le mie illustrazioni, proponendomi di fare concept art per loro. A quel punto sono stato ingaggiato per Thor: Ragnarok.

Come descrivi il tuo coinvolgimento in Thor: Ragnarok? Hai lavorato all’intero impianto visivo del film o solo ad alcuni aspetti?

Solitamente in un film c’è il production designer, una sorta di art director, che si occupa di tutte le ambientazioni e dell’aspetto visivo. I Marvel Studios sin dall’inizio hanno invece deciso di coinvolgere un team di artisti e farli lavorare a più film insieme, impostando una linea comune “interna” all’azienda. Io ho un contratto, lavoro da Parigi e mi sento molto fortunato perché Los Angeles è molto competitiva, ci sono persone che lavorano magari solo 2-3 settimane invece io da due anni ho un contratto. Quando finisco un film, mi mettono su un altro. In Thor: Ragnarok mi sono occupato molto dei personaggi, ho lavorato a Thor, Loki, Hela, Grandmaster… dovevo sostanzialmente fare proposte, proporre idee intriganti e sempre diverse, quindi non è detto che la versione finale dei personaggi che vedete al cinema sia mia, ma è il frutto di uno sviluppo visivo al quale ho contribuito concretamente. Ho lavorato a Surtur, per il quale ho proposto 50 concept diversi. Il mio lavoro è “nutrire” la macchina, facendo tante proposte diverse e dando un’ampia scelta al regista e al suo team. Ho progettato molti personaggi secondari, inclusi alcuni Scavengers; ho collaborato anche allo sviluppo di alcuni effetti. Dovevo poi realizzare dei keyframe: ricevevo una descrizione dettagliata dell’inquadratura e dovevo cercare di rendere nel modo più realistico possibile l’idea di come sarebbe risultata alla fine, nel film definitivo. Ci sono alcune scene, in Thor: Ragnarok, molto simili a come le avevo immaginate e proposte.

Come si fa a essere sempre creativi, proponendo continuamente idee nuove, in un film basato sui fumetti? Ci sono tantissimi fumetti diversi, e alcuni sono stati sicuramente presi come riferimento, ti sei ispirato a essi o li hai usati per avere idee fresche e originali?

La mia prima, grandissima ispirazione da giovane erano i fumetti Marvel, li leggevo in continuazione e cercavo di ricopiarne i disegni. Per il film sapevo che dovevo creare personaggi distinti, a sé. Il mio lavoro è proprio renderli reali e credibili nell’immaginario cinematografico. La difficoltà quindi sta proprio nel dove mediare tra le origini fumettistiche di questi personaggi e la necessità di fare qualcosa di realistico, verosimile e a se stante. Devo anche capire il tono che il regista vuole conferire al film: Thor Ragnarok, per esempio, è molto diverso da altri film dei Marvel Studios. Ecco quindi che quando lavoro a un personaggio faccio proposte assurde, esagerate, che magari vorrei vedere in un film, e per contrasto lavoro anche a proposte molto ragionevoli e verosimili, realistiche. A volte cerco di esplorare le origini di un personaggio nel fumetto, partendo proprio da quella base per la mia ispirazione. Ma mi impegno sempre a proporre nuove idee, pur cercando di rimanere fedele alle origini.

Cosa trovi stimolante ed entusiasmante nel lavorare per i Marvel Studios?

Il mio sogno, da bambino, era poter vedere al cinema i personaggi che leggevo sui fumetti. Non avrei mai immaginato che avrei contribuito a portarli sul grande schermo. Mi piace molto l’animazione e il cinema anime, ma mi piace anche il realismo: c’è qualcosa di magico, per me, nel portare personaggi dei fumetti nel mondo reale in questo modo. Sono reali. E questo crea anche qualche problema: alcune cose che funzionano nei fumetti non riescono altrettanto bene al cinema, risultano inverosimili. Ne consegue un esercizio intellettuale: cercare di rendere credibili personaggi che nei fumetti hanno vestiti folli o un aspetto assurdo. Mi piace molto questa sfida. Poi c’è anche il fatto che i film dei Marvel Studios sono colossali, e milioni di persone in tutto il mondo vedono il frutto del mio lavoro, e questo nutre il mio ego artistico! Ci sono persino dei giocattoli, del merchandising che proviene dai miei concept. A volte mi sembra impossibile che Kevin Feige e gli altri capi dei Marvel Studios facciano intere riunioni incentrate sui miei lavori!

Sappiamo che stai lavorando anche ad Avengers: Infinity War, Ant-Man and the Wasp e Captain Marvel. Sono tre film molto, molto diversi tra loro: Ant-Man è una commedia, Infinity War è un kolossal dai toni drammatici, Captain Marvel… non lo sappiamo ancora, cos’hanno in comune? Riesci a parlarci di quanto è stato diverso il tuo lavoro per ciascun progetto?

Non mi hanno chiesto direttamente di differenziare il mio lavoro per ciascun film, ma lo faccio automaticamente, cerco di adattare me stesso al film a cui devo lavorare. Cerco di pensare, anticipare ciò che cercano loro, tenendo presente che ogni film ha dei punti in comune con gli altri ma ha anche delle grandi differenze. Per esempio, in Thor: Ragnarok dovevamo pensare a mostri spaventosi con un tono da commedia, mentre in Ant-Man mi hanno chiesto… devo pensare a cosa posso dire e cosa non posso dire! A volte mi concentro solo su un personaggio, altre volte a keyframe di una scena. In alcuni casi mi viene chiesto di pensare a dei keyframe di scene che non sono state ancora scritte, per aiutarli a pensare bene alla situazione che i protagonisti si trovano ad affrontare. E così mi trovo a pensare da solo a una storia, una situazione, per immaginare la scena. Sono storie che quasi certamente non finiscono nel film, ma le uso per condividere queste immagini con sceneggiatori e filmmaker, e può capitare che qualcosa poi finisca nel film. Inoltre la cosa che ho apprezzato di più nel lavorare a una varietà di progetti diversi è che non mi sono mai annoiato, mi è servito a mantenere alta la mia motivazione! Ant-Man è realistico, Thor: Ragnarok è folle, Infinity War contiene dell’azione pazzesca…

Infine, qual è il tuo personaggio preferito tra quelli che hai dovuto immaginare per questi film, se puoi parlarne?

Ho adorato Avengers: Infinity War, ho passato cinque mesi su alcuni dei personaggi principali e non vedo l’ora di vederli sul grande schermo.

 

 

Si ringrazia Fabio Cristi per la collaborazione.

 

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