“Harvey Weinstein era un appassionato cinefilo, una persona che si prendeva dei rischi, un sostenitore del talento nei film, un padre premuroso e un mostro. Per anni, è stato il mio mostro”.

Così Salma Hayek rompe il silenzio sulle pagine del New York Times, raccontando in un lungo editoriale la lunga, estenuante lavorazione di Frida e il rapporto tra lei e il produttore Harvey Weinstein, caduto in disgrazia negli ultimi mesi dopo le numerose accuse di molestie sessuali da parte di più attrici.

Nel pezzo, l’attrice e produttrice spiega di essere “fiera della mia capacità di perdonare, ma il mero fatto di vergognarmi a descrivere i dettagli di ciò che avevo perdonato mi ha fatto riflettere sul fatto che forse quel capitolo della mia vita non si è davvero risolto […] Stiamo finalmente prendendo coscienza di un vizio socialmente accettato che ha insultato e umiliato milioni di bambine come me, perché in ogni donna c’è una bambina”.

Dopo anni di sviluppo, la Hayek propose alla Miramax di produrre il suo biopic di Frida Kahlo, con un accordo secondo cui la compagnia dei Weinstein avrebbe pagato per i diritti di quanto del film era già stato sviluppato, il minimo stipendio della SAG (più il 10%) all’attrice e le avrebbe anche assicurato un credito come produttrice senza un compenso (“non era raro per una produttrice donna negli anni novanta”). In cambio, la Hayek avrebbe firmato anche un contratto di opzione per diversi film con la Miramax. “Disse di sì, non immaginavo che poi sarebbe stato il mio turno di dire no”.

L’attrice elenca quindi tutta una serie di situazioni in cui il produttore iniziò a perseguitarla con richieste (che lei negò in continuazione) e molestie. I continui rifiuti provocarono una “furia machiavellica” in Harvey, che trasformò quindi la lavorazione del film in un vero inferno, arrivando anche a minacciare di morte l’attrice in un attacco d’ira.

Weinstein annunciò alla Hayek di aver offerto la parte a un’altra attrice, e lei per tutta risposta cercò di riprendersi il film. L’uomo le diede quindi una serie di incarichi per rilanciare lo sviluppo della pellicola, tra cui la riscrittura gratuita della sceneggiatura, trovare un regista di alto livello, affidare quattro parti minori a quattro grandi attori e trovare 10 milioni di dollari. “Non so come, ma riuscii a ottenere tutto questo: Edward Norton rimise mano più volte alla sceneggiatura, senza mai ottenere un credito di sceneggiatore. Margaret Perenchio mise i soldi. Julie Taymor accettò di dirigere il film, e divenne la mia roccia. Riuscii a coinvolgere Antonio Banderas, Edward Norton, Ashley Judd, Geoffrey Rush che a malapena conoscevo all’epoca”. L’attrice costrinse quindi Weinstein a rispettare la parola data: a riprese iniziate, le molestie sessuali terminarono ma la furia del produttore peggiorò. “A metà delle riprese iniziò a pretendere che togliessi il monociglio […] dicendomi che l’unica mia qualità era il sex appeal e che non ve n’era nel film, e che avrebbe fermato la produzione perché nessuno mi avrebbe voluto vedere in quella parte. […] Mi sentivo abbattuta perché, lo confesso, persa in una specie di Sindrome di Stoccolma, volevo che lui mi vedesse come un’artista.” Weinstein disse alla Hayek che avrebbe fatto proseguire le riprese solo se lei avesse accettato di girare una scena di sesso con un’altra donna, con nudità quasi totale: “Dovevo accettare. Dopo tutti quegli anni passati a sviluppare il film, le riprese erano in corso da cinque settimane e avevo convinto così tante persone di talento a partecipare. Come potevo mandare tutto a rotoli?” Inutile dire che l’attrice ebbe un crollo nervoso durante le riprese della scena, e riuscì a girarla solo grazie all’assunzione di calmanti.

A riprese concluse, la Hayek dovette prendersi una pausa durante la post-produzione a causa del crollo emotivo, ma quando Weinstein vide il primo montaggio del film disse che lo avrebbe fatto uscire solo in home video perché non era abbastanza buono. Fu Julie Taymor a insistere che venisse distribuito in una sala a New York davanti a un pubblico di prova: dopo che ottenne l’ottimo punteggio di 85, Weinstein si infuriò e attaccò sia la regista che il marito, il compositore Elliot Goldenthal. A quel punto, però, era impossibile fermare l’uscita del film in più sale: si rivelò un ottimo successo, nel 2002 ottenne sei nomination all’Oscar (incluso migliore attrice) e ne vinse due.

La Hayek ricorda che anni dopo, Weinstein la incontrò nuovamente e si scusò per il suo comportamento:

Harry non sapeva quanto fossero importanti quelle parole per me, perché non sapeva quanto mi aveva ferito. Non gli dissi mai quanto ero terrorizzata da lui. […] Ma perché così tante artiste devono combattere per raccontare delle storie quando hanno così tanto da offrire? Perché è necessario combattere con le unghie e con i denti per avere una dignità? Penso che sia perché noi, come donne, siamo state svalutate artisticamente a uno stato indecente, al punto che l’industria cinematografica ha smesso di cercare di scoprire cosa vuole vedere il pubblico femminile e quali storie vogliamo raccontare. […] Gli uomini molestavano sessualmente perché potevano farlo. Le donne ora parlano perché, in questa nuova era, possono farlo.

Un portavoce di Harvey Weinstein ha risposto all’editoriale con una dichiarazione ufficiale nella quale spiega di “non ricordare di aver fatto pressioni su Salma per realizzare una scena di sesso gratuita con la costar, e non era presente durante le riprese. […] Era comunque parte della storia, Frida Kahlo era bisessuale e la scena di sesso più importante era quella tra la signora Hayek e Geoffrey Rush”. Nello stesso comunicato Weinstein spiega di aver spinto il nome della Hayek come protagonista contro la scelta iniziale di Jennifer Lopez (“che all’epoca era una star più nota”) e che “tutte le accuse di molestie sessuali non sono accurate, altri testimoni raccontano cose diverse da quanto esposto”.

Harvey Weinstein è stato licenziato dalla sua The Weinstein Company e ora è indagato negli USA e nel Regno Unito per una serie di accuse emerse nelle ultime settimane.

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