Nei primi di luglio la notizia che il nuovo film di Richard Linklater, Apollo 10 e mezzo, non sarebbe stato selezionabile per gli Oscar come miglior film di animazione aveva creato un’ondata di polemiche. L’opera è distribuita su Netflix, e realizzata con la tecnica del rotoscopio, cara al regista. Già A Scanner Darkly – Un oscuro scrutare e Waking Life avevano usato questo sistema. Il primo è tratto dall’opera di Philip K. Dick e l’altro è un complicatissimo (quanto affascinante) percorso filosofico attraverso il cinema. Due film rivolti a un pubblico adulto, in cui l’aspetto visivo ha una precisa funzione rispetto al contenuto. Due opere indipendenti applaudite da pubblico e critica, ma sottovalutate in sede di premi.

L’Academy ha fatto un passo indietro rispetto alla decisione di non considerare Apollo 10 e mezzo un film di animazione. La rettifica arrivadopo che Linklater e il produttore Tommy Pallotta avevano fatto ricorso il 12 settembre contestando la decisione. Una notizia accolta con sollievo dagli animatori, che negli scorsi mesi si erano più volte espressi contrariamente. Non solo mettendo in discussione la decisione ma anche evidenziando i molti pregiudizi. La stagione dei premi è dominata dalla tecnica 3D, dicevano, e soprattutto da contenuti per lo più rivolti ai bambini. Come se, pur facendo entrare nella cinquina opere dal contenuto maturo (come nel caso recente di Flee), ci fosse un bias che porta a vincere solo i grandi studi e le storie per famiglie. 

C’è da dire che i dubbi su dove collocare il rotoscopio sono legittimi. Nonostante infatti Linklater abbia opposto all’Academy l’argomento “se questo non è animazione, cosa lo è?” il problema è leggermente diverso. La tecnica comporta infatti che il film sia anche (!) animato… ma non solo. Si tratta cioè di filmare dal vivo parte delle sequenze per avere un riferimento reale su cui poi disegnare. Questo permette un maggiore realismo e fedeltà alla performance degli attori che vengono “ricalcati” conservando le sfumature emotive. 

Di cosa parla Apollo 10 e mezzo

Apollo 10 e mezzo ha come protagonista Stan, un ragazzo vagamente ispirato all’infanzia del regista. Vive vicino a Houston e sogna ad occhi aperti. Guarda la TV nel 1969 e si immagina di essere coinvolto nella missione spaziale che porterà all’allunaggio. Sogno e realtà, la fantasia di un bambino si mischia ai veri eventi, rendendo così logica l’adozione di una tecnica mista. Gli attori sono stati filmati davanti a un green screen. Spesso non erano in scena insieme e sono stati poi uniti dal disegno. Un film in live action quindi? Sì e no.

Per realizzare Apollo 10 e mezzo Linklater ha assoldato 200 animatori per due anni di lavoro. Una condizione non sufficiente, fino a poco fa, per l’Academy.

Il dibattito che ne è seguito ha visto Linklater in prima fila per evidenziare le ramificazioni che la scelta poteva avere sull’intera industria. Decidere di escludere un certo tipo di film, ha detto, significa tagliare le gambe a chi vuole produrre opere simili. “Chi darà il via libera a un film così se non può essere nominato?”.

E ancora:

L’industria dell’animazione è raggruppata intorno all’intrattenimento per bambini. Ho questa sensazione che sia un po’ come se ci dicessero “indipendenti strambi, andate a casa”.

Cosa dice l’Academy

Le linee guida dell’Academy descrivono l’animazione come un film in cui il movimento e le performance dei personaggi sono create usando una tecnica di fotogramma per fotogramma. Possono essere narrativi o astratti e includono (ma non sono limitati) il disegno a mano, lo stop motion, l’animazione a computer, la claymation, la pixilation (lo stop motion con persone vere), la cutout animation e così via. 

La motion capture non è considerata di per sé una tecnica di animazione. Questo criterio fu deciso a seguito dell’arrivo di Avatar, un film girato sul set e poi ricreato a computer. Non c’è una grande differenza rispetto al rotoscopio. Fu questo dunque un importante precedente che ha portato alle incertezze rispetto a Apollo 10 e mezzo

Le linee guida aggiungono anche però: “se il film è creato secondo uno stile cinematografico che può essere confuso per live action i filmaker devono fornire le informazioni spiegando come e perché il film sia sostanzialmente un’opera di animazione piuttosto che un live action”. È considerata insomma la possibilità di considerare caso per caso e ascoltare le scelte dei registi.

Le reazioni degli animatori

La decisione di far concorrere Apollo 10 e mezzo nella categoria animazione è stata recepita con entusiasmo da Minnow Mountain, lo studio di animazione del film (e, tra le altre opere, anche della serie Undone). Così è stato twittato: 

Apollo 10 e mezzo, il film animato, è ufficialmente un film d’animazione. Il nostro appello ha avuto successo per aver dimostrato che Apollo 10 e mezzo rispetta i criteri dell’Academy come lungometraggio d’animazione. Proviamo così tanta gratitudine per i filmaker che hanno scritto lettere all’Academy o fatto dichiarazioni pubbliche a supporto del film. La giuria dell’Academy ha la possibilità di valutare Apollo dieci e mezzo vicino ad altri grandi film d’animazione dell’anno. 

Fonte: Cartoonbrew, Indiewire

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