Dune di David Lynch, del 1984, fu una lavorazione frustrante sotto molti punti di vista. Vi avevamo già raccontato dei disastri sul set: l’elettricità mancava con regolarità così come la linea telefonica. Il cibo della mensa veniva fermato alla dogana affamando la troupe e ad un certo punto si scoprì che il vulcano usato come location era una discarica per carcasse dei cani morti. (LEGGI TUTTO QUI). 

A Masterpiece in Disarray: David Lynch’s ‘Dune,’ An Oral History” è un volume scritto da Max Evry che mira a ripercorrere la lavorazione di Dune attraverso le parole di chi ha preso parte all’impresa. Il libro è disponibile in edizione americana dal 21 settembre. All’interno Kyle MacLachlan e Sean Young raccontano l’aneddoto riguardante una sequenza particolarmente difficile e frustrante.  

Si tratta del combattimento tra Paul Atreides e Jamis. Una sfida rituale per verificare se sia veramente il Lisan Al-Gaib delle profezie. Grazie al suo addestramento Paul riesce a uccidere il rivale. È il suo primo omicidio e il ragazzo ne rimane profondamente scosso. Nel suo arco di sviluppo questo passaggio è fondamentale per farlo diventare un leader agli occhi della tribù. Durante la successiva cerimonia funebre Paul si rende però conto di quello che ha fatto e scoppia a piangere. Le lacrime cadute in terra sono secondo le credenze dei Fremen un tributo ai morti. Il gesto ha un grande valore sacro. Quelle lacrime lo fanno accettare pienamente come messia: Paul Muad’Dib.

David Lynch ha girato la scena, ma non l’ha inserita nel montaggio del film. MacLachlan ha raccontato nel libro di essere contento che non sia mai arrivata nel final cut. Il motivo è che, nonostante il regista gli fosse di supporto, non riusciva a piangere a comando.

Nel libro c’è uno spazio di tempo tra il combattimento e il pianto di Paul Atreides. Nel film invece, per sintesi, i due momenti erano compressi nella stessa scena perdendo l’enfasi solenne della cerimonia. Più Kyle MacLachlan faticava a piangere, più la frustrazione gli rendeva difficile entrare nel personaggio. Così, spiega, gli fu proposta un’altra soluzione: usare del mentolo.

Contrario, MacLachlan riteneva quel metodo una scappatoia. Voleva che il pianto venisse naturale, ma non ci riusciva. Così, preso dalla frustrazione, accettò. Si fregò nervoso gli occhi con il mentolo sperando di piangere, ma il metodo non funzionò a dovere. Le lacrime furono troppo rapide e per nulla veritiere.

Ho pensato: ‘Questa è una scappatoia, non è come dovrebbe essere fatto. Deve essere naturale.’ Io volevo che fosse così, ma continuavo a non farcela e mi hanno dato il mentolo così, frustrato, mi sono fregato gli occhi e me lo sono buttato dentro. Con il mentolo negli occhi mi sono messo a piangere, ma non ha funzionato come dovrebbe. Le lacrime erano artificiali e troppo repentine.

Per questo capisce bene perché la scena sia stata tagliata.

Adoro la scena nel libro, il fatto che (Paul) abbia dovuto combattere e che sia stato costretto a farlo. In quel momento non sa cosa pensare. Poi c’è questo piccolo passaggio di tempo, e c’è il momento del lutto. È in quel momento che prende coscienza di ciò che ha fatto. Quella progressione ha senso per me come attore, ma non è stata girata in questo modo.

In ogni caso è possibile vedere qui la sequenza scartata e giudicare da sé.

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Fonte: The Wrap

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