Sono circa le 9 di mattina del 31 marzo.

A Roma si respira una piacevole aria primaverile.

Il cielo è attraversato da qualche fugace nuvolone, ma nel complesso c’è quel tipico tepore romano che già non guasta mai di per sé e che, in vista della set visit di Ben-Hur che mi attende, diventa un plusvalore di non poco conto.

Non si svolgerà al chiuso di un teatro di posa, ma en plein air nel backlot di Cinecittà World.

L’appuntamento è presso la sede italiana della Universal, la major che si occupa della distribuzione nel mercato nazionale delle pellicole prodotte dalla Paramount. Nonostante sia abbastanza a favore di metropolitana – si trova nei dintorni di Villa Borghese quindi stop con la metro a Barberini e vai di passeggiata nell’elegante via Veneto – Francesco Alò si offre di darmi un passaggio in scooter per ottimizzare i tempi: sarebbe dovuto uscire in ogni caso per una proiezione stampa quindi, come si suol dire, due piccioni con una fava.

Curioso come nei medesimi istanti, a pochissima distanza dal nostro punto d’incontro, siano in corso le riprese di un’altra produzione americana targata Paramount: Ben Stiller sta girando una qualche scena in esterni del suo Zoolander 2.

Una volta a bordo del minibus comincio a colloquiare con le colleghe presenti e con le publicist della Universal, ma mentre passiamo nei pressi dei vari monumenti di epoca romana che ci vengono invidiati dal mondo intero, non posso fare a meno di pensare al paradosso che, di lì a poche decine di minuti, mi sarei ritrovato a passeggiare nella versione fittizia degli anni in cui i monumenti di cui sopra sono stati eretti. Uno strano viaggio senza soluzione di continuità fra l’antichità vera e quella Made in Hollywood che, come scoprirò più in avanti nel corso della giornata, non è indifferente neanche agli stessi realizzatori del blockbuster.

Dopo circa 30 minuti di tragitto graziato da un traffico abbastanza snello, arriviamo al parcheggio di Cinecittà World. Non passiamo dall’ingresso del parco giochi, ma dalla gigantesca area posteriore del backlot, interamente occupata dai mezzi, dai tendoni e dal set del lungometraggio diretto dal regista russo Timur Bekmambetov.

Il primo incontro che facciamo una volta scesi dal monovolume è con un… dromedario! D’altronde abbiamo appena lasciato il centro di Roma per finire nella Gerusalemme occupata dai romani, per cui nulla di cui stupirsi, no? Mentre la responsabile del set ci consegna i badge, ci ritroviamo immersi istantaneamente nella tipicamente surreale, paradossale, assurda realtà alternativa di un set cinematografico. Un melting pot fatto di tecnici, attrezzisti, gru, macchine da presa, camion, roulotte del cast, cavalli, decine e decine di comparse con addosso costumi da legionari romani, rabbini, paesani di ogni genere e tipo e, alle orecchie, gli anacronistici auricolari dello smartphone. Nelle pause fra i ciak non è di certo vietato tornare al 2015 almeno per qualche minuto, a patto di non commettere poi delle gaffes stile Hrundi V. Bakshi che potrebbero pregiudicare sensibilmente la credibilità del film.

Proprio mentre veniamo accompagnati dentro tenda dove effettueremo i vari incontri con i talent artistici e tecnici della pellicola dalla gigantesca struttura che si trova proprio a ridosso dell’area deputata alle roundtables udiamo l’abituale e sempre affascinante “Aaand ACTION!” e, all’improvviso, veniamo investiti da una carica di decibel fatta di grida, applausi, rulli di tamburo, dalle vibrazioni del terreno per lo scalpitio dei cavalli. Il nostro viaggio sul set avviene proprio nella giornata in cui il regista e il cast stanno girando la scena della corsa delle quadrighe al Circo di Antiochia, quella in cui Giuda Ben-Hur riesce a vendicarsi sull’ex amico fraterno Messala. A giudicare dal make-up a base di sangue, ferite e lacerazioni che Toby Kebell ci mostrerà nel pomeriggio, il suo personaggio deve aver trascorso dei pessimi cinque minuti.

Ovviamente non so se questa versione reggerà il confronto con l’analogo segmento presente nell’immortale pellicola diretta da William Wyler e, purtroppo, non posso neanche anticiparvi nulla su quello che, tecnicamente, stanno girando. Gli schermi con la “diretta delle riprese” sono infatti posizionati nel tendone più grande in cui sono stati radunati i giornalisti provenienti dalle altre parti del globo e, per le ovvie ragioni di sicurezza, non possiamo assistere in prima persona alla lavorazione. Durante la pausa pranzo veniamo guidati all’interno del set: la vibrazione che offre è comunque positiva e alquanto straniante. Entrando incrociamo una comparsa che sta procede in direzione opposta fischiettando il tema della Contea del Signore degli Anelli. Agli antichi romani piaceva già Tolkien, a quanto pare. Non possiamo circolare troppo liberamente nella corsia ellittica che forma il Circo perché i vari prop sono stati disposti con un criterio ben preciso e, inoltre, le suole delle nostre scarpe potrebbero lasciare delle impronte ben poco attinenti al 26 Dopo Cristo. Sulla sabbia è adagiato un cadavere, presumibilmente con le fattezze di Toby Kebbell, sotto la carcassa di un cavallo. È scontato specificare come anche quella dell’animale sia una riproduzione scenica, ma vi assicuro che vederlo a pochi centimetri di distanza è abbastanza scioccante per quanto è realistico e dettagliato. Vorrei toccarlo così come la scimmietta Steve di Piovono Polpette vorrebbe fare con i baffi del nerboruto padre di Flint Lockwood, ma non è il caso. Chiaramente la struttura del Circo di Antiochia, per quanto imponente, si presenta con le classiche “mozzature” verticali che verranno poi completate ed ampliate in fase di post-produzione.

Jack Huston plays Judah Ben-Hur and Morgan Freeman plays Ilderim in Ben-Hur from Metro-Goldwyn-Mayer Pictures and Paramount Pictures.

Trascorsi cinque minuti circa, abbandoniamo la zona e ci trasferiamo all’art department allestito all’interno di un altra tensostruttura di svariate centinaia di metri quadrati, accolti dal line producer italiano del film, Enzo Sisti. Al suo interno sono sistemati svariati pannelli su cui sono esposti i concept art delle location, dei costumi dei personaggi, delle quadrighe, le foto delle riprese e gli storyboard della “chariot race” ma una buona metà della superficie è fisicamente occupata dalle quadrighe, comprese le copie danneggiate. Quelle integre, complessivamente, sono otto, mentre i cavalli utilizzati sono ben 86, chiaramente non tutti impiegati la sfida fra Ben-Hur e Messala e accuditi in larga parte all’interno di un gargantuesco capannone dislocato proprio all’ingresso del backlot.

Trattandosi della nuova iterazione di una storia già magnificamente traghettata sul grande schermo con il film interpretato da Charlton Heston, la domanda più pressante che tutti noi vorremmo fare al regista è “Perché raccontare ancora una volta Ben-Hur?”.

Purtroppo però le set visit sono come una specie di gioco d’azzardo: non hai mai la matematica certezza di chi andrai a intervistare nell’arco della giornata e, spesso, il grande assente potrebbe risultare essere proprio il regista, come sarebbe avvenuto in questo caso. Mai dimenticare che se un attore o un’attrice possono intervenire sul set durante il proprio giorno libero, come ad esempio hanno fatto Ayelet Zurer (L’Uomo d’Acciaio, Daredevil) e Nazanin Boniadi (Homeland), il regista, tendenzialmente, può godere di meno attimi di libertà.

Fortunatamente è una questione che abbiamo potuto affrontare subito dopo la visita all’art department durante la roundtable con uno dei produttori, Sean Daniel, che, mentre il clamore delle riprese si fa sentire con vigore nel corso dell’incontro, ci spiega,:

La cosa più importante da sottolineare è che non si tratta di un remake del film del 1959. William Wyler e Charlton Heston hanno dato vita a un film leggendario che ha ispirato tutti noi in quanto filmmaker, ma il nostro non è un rifacimento. La nostra base di partenza è stata il libro di Lew Wallace e il co-sceneggiatore del nostro film, John Ridley autore anche di 12 Anni Schiavo, ha iniziato il suo viaggio creativo da lì. La nostra è una storia differente proprio perché la vicenda di Ben-Hur tratta di svariati argomenti: la famiglia, la fede, il desiderio di vendetta, il conflitto, lo spettacolo. Quello del 1959 verteva principalmente intorno al solo concetto di vendetta, ma tanto il libro originale quanto il nostro script vanno oltre questa idea. Si passa dalla vendetta al perdono. Un tema molto potente da affrontare al giorno d’oggi. Ben-Hur è una storia unica che si è mostrata in maniera differente ogni singola volta che è stata portata di fronte al pubblico: è stata un libro, è stata a teatro, è stata portata al cinema nel 1926 e nel 1959 e adesso tocca a noi. Ogni volta si è trasformata in un successo, ora chiaramente non voglio portare sfortuna al film perché la nostra missione è di essere all’altezza di chi ci ha preceduto. Quello che intendo è che i temi alla base di questa storia possono avere una notevole presa sul pubblico, anche quello odierno. Quello che avviene fra i personaggi… parla a tutte le differenti culture di oggi. Si parla di idee e emozioni universali.

Intervengo domandando se, a livello di comunicazione, hanno già pensato a un modo per far capire alle persone che questo è “il vostro Ben-Hur, una versione aggiornata ai tempi del romanzo e non della pellicola di Wyler”:

Si tratta di un discorso che inizieremo ad affrontare più in avanti, quando cominceremo a pianificare il marketing del film e le varie attività stampa, quando inizieremo a discutere pubblicamente quello di cui ora stiamo discutendo qua in anteprima con voi. Sono abbastanza sicuro del fatto che quando le persone usciranno dai cinema, penseranno di aver effettivamente vissuto una nuova esperienza cinematografica. Sai, è normale che ci venga chiesto “Perché proprio Ben-Hur?”, “Perché avete scelto questa storia?”. Ma come spiegavo poco fa credo che parli di tematiche che, al giorno d’oggi, sono più rilevanti che mai. Ma c’è dell’altro. Quando il film uscirà nel 2016, sarà la prima volta che la storia di Ben-Hur verrà mostrata e fatta vedere in tutto il mondo. Nel 1959, la cultura dell’esperienza cinematografica non era radicata pressoché ovunque come accade oggi. Non c’era la Cina, non c’era la Russia, non c’era l’Asia. Per noi si tratta di un’idea stimolante su cui basare il nostro progetto, pensare a come il variegato pubblico attuale reagirà alla nostra storia. E ritengo che Ben-Hur riuscirà a parlare a tutti ovunque nel mondo, a prescindere dalle aree geografiche.

Banale, ma inevitabile e anche giustificata da ovvie ragioni, la domanda sulla scelta di girare il film in Italia, come già fatto da Wyler per il suo Ben-Hur:

È eccitante e non potrebbe essere altrimenti dato che vi parlo in quanto persona cresciuta a pane e cinema che adesso è così fortunata da poter direttamente produrre dei film. Lavorare a Cinecittà e Cinecittà World, nei teatri di posa in cui ha lavorato Fellini. I nostri uffici si trovano proprio dove lui aveva il suo appartamento. Per noi è esaltante stare e lavorare in quegli stessi luoghi in cui un genio come lui creava i suoi capolavori. Ogni giorno non puoi fare a meno di pensare ai nomi illustri che ti hanno preceduto e ai film che sono nati da queste parti, sia che si tratti del già citato Ben-Hur di Wyler, o Cleopatra, o le opere di Sergio Leone, Rossellini, De Sica. È incredibile. Così come pensare a quanti incredibili attori e attrici hanno camminato per le strade di Cinecittà. Poi è straordinario produrre un film come questo, ambientato negli anni degli antichi romani e ricostruire, ovviamente secondo le nostre necessità cinematografiche e scenografiche, quei monumenti che possiamo ammirare ogni giorno passeggiando per Roma. È una circostanza speciale e non proprio così scontata. Fornisce una grande ispirazione.

La sfida più grande, ovviamente, è anche quella di creare un’opera che sia in grado di appagare l’esperienza del grande schermo:

Quando produci un film devi sempre porti questa domanda: “Si tratta di un lungometraggio che le persone vorranno vedere con piacere al cinema?”. Oggigiorno i film possono essere visti ovunque: su un Pc, su un tablet, su uno di questi [afferra uno degli smartphone appoggiati di fronte a lui per registrare le sue parole, ndr.]… Devi guadagnarti il tuo pubblico, devi convincere le persone ad uscire di casa e venire al cinema per il tuo film, ora che esistono modi di fruizione così diversi. Qua tutti noi pensiamo che Ben-Hur sia una di quelle pellicole in grado di spingere le persone ad andare al cinema.

Considerato che fra l’imponente set del Circo Massimo e l’incredibile dispiegamento di mezzi e strutture nel backlot di Cinecittà World non c’è davverl l’aria di trovarsi su un set in cui si è andati al risparmio osservo “ed è per questo che avete pensato di spendere un paio di dollari per allestire tutto ciò!”:

Esatto. Vogliamo che tutto sia fatto a dovere e abbiamo improntato un notevole budget che non posso quantificare. Ed è per questo che abbiamo scelto un regista come Timur, qualcuno con uno stile unico in grado di saper gestire il film tanto secondo le sue necessità di storytelling, quanto per quel che concerne tutti i suoi aspetti visuali. Che fosse in grado di combinare questi due aspetti. E di filtrare tutto attraverso uno sguardo che sia, al tempo stesso, tanto classico quanto moderno.

Inevitabile sottolineare come il cast di Ben-Hur, rispetto a quello di Exodus – Dei e Re appaia molto più variegato dal punto di vista etnico:

È vero, ma non si tratta di una scelta fatta dopo le polemiche scaturite per la pellicola di Ridley Scott, anche perché il nostro film era già in gestazione prima della sua uscita. Volevamo fin dal principio dare forma a un Ben-Hur realmente multiculturale e abbiamo scelto attori da ogni parte del mondo e di ogni colore di pelle. Prendete il personaggio di Ilderim, che è arabo. In tutte le altre versioni è stato sempre interpretato da un attore bianco e inglese. Penso di poter dire che il nostro, interpretato da Morgan Freeman, sarà un Ilderim migliore. Ora, chiaramente abbiamo ingaggiato Morgan Freeman perché penso che saremo tutto d’accordo nel momento in cui affermo che è uno dei migliori attori in circolazione, ma anche perché volevamo rompere con questa tradizione di bianchi attori britannici nei panni di personaggi che con la Gran Bretagna avevano poco a che fare. Per carità, non voglio mancare di rispetto verso un grande attore come Hugh Griffith sia chiaro, ma non volevamo percorrere quella strada.

Mentre per sapere come percorrerà la strada della nostra set-visit di Ben-Hur non vi resta che continuare a tenere d’occhio le pagine di BadTaste in vista delle future pubblicazioni con i membri del cast (Toby Kebbell, Nazanin Boniadi, Ayelet Zurer) e il leggendario visual effects supervisor Jim Rygel, già responsabile dei VFX della Trilogia di Il Signore degli Anelli e del più recente Godzilla di Gareth Edwards.

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Questa la sinossi ufficiale:

BEN-HUR racconta la storia di Judah Ben-Hur (Jack Huston), un principe ingiustamente accusato di tradimento dal fratello adottivo Messala (Toby Kebbell), ufficiale dell’esercito romano. Spogliato del suo titolo e separato dalla sua famiglia e dalla donna che ama (Nazanin Boniadi), Judah è costretto alla schiavitù. Dopo anni in mare, Judah torna in patria per cercare vendetta ma trova la redenzione.

BEN-HUR annovera nel cast: Jack Huston (“American Hustle”) nel ruolo di Judah Ben-Hur, Morgan Freeman (“The Shawshank Redemption”) è Ilderim, Toby Kebbell (“Dawn Of The Planet Of The Apes”) è Messala e Nazanin Boniadi (“Homeland”) è Esther.

Il film è diretto da Timur Bekmambetov (“Wanted”) e scritto da Keith Clarke (“The Way Back”) e John Ridley (“12 Years A Slave”). Prodotto da Sean Daniel (“The Mummy” franchise), Mark Burnett (“Son Of God”), Joni Levin (“The Way Back”) e Duncan Henderson (“Master And Commander: The Far Side Of The World”). Nella produzione esecutiva: Roma Downey (“The Bible”), Keith Clarke, John Ridley e Jason Brown.

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