Era un Peter Jackson sotto assedio quello che girava la battaglia al Fosso di Helm per Il Signore degli Anelli: Le due torri. Era circondato da orchi, comparse, mura. Ed era richiamato al suo dovere da un occhio attento. Quello della New Line Cinema che, come Sauron, vigilava dall’alto sulla produzione di una saga considerata infilmabile. Lo era anche nell’estate del 2000, quando il regista si apprestava a realizzare quello che ha sempre definito come il capitolo più difficile.

Ho sempre considerato Il signore degli anelli: Le due torri come quello difficile dei tre. Non ha un inizio e non ha una fine. Mi piace molto entrare nella storia all’improvviso. Dopo che la Compagnia dell’anello era organizzata in maniera lineare non abbiamo potuto fare la stessa cosa con Le due torri. Mi sono persino rifiutato di fare un prologo. Ci si butta subito dentro.

Problemi di budget al Fosso di Helm

A più di 20 anni di distanza bisogna ammettere che ci siamo abituati bene. Il signore degli anelli: Gli anelli del potere, lo show andato in onda su Amazon Prime Video, ha avuto un budget record, grande esattamente come l’estensione visiva che doveva coprire della storia. Non fu così per Peter Jackson, che dovette fare i conti comunque con ristrettezze economiche per la straordinaria saga che voleva filmare. Anche dopo avere avuto l’ok alla sua titanica imprese di filmare i tre capitoli tutti insieme, affrontava lo scetticismo della produzione e i timori sull’aumento dei costi di realizzazione.

Un film nel film, i 40 minuti della battaglia del Fosso di Helm hanno segnato l’immaginario e sono una pietra miliare nel modo in cui si riprendono le battaglie (l’abbiamo persino visto citato da un film che, per ambientazione e temi è diversissimo: Athena). 120 giorni di riprese nell’ex cava di Dry Creek Quarry tra i set di Minas Tirith e del Fosso di Helm. Centinaia di comparse e attori sfiniti ancora prima di iniziare. 

Peter Jackson porta al limite il cast e la produzione

Viggo Mortensen ricorda con amore e odio quel periodo della lavorazione. Con il piede fratturato (dopo il famoso calcio all’elmo dell’orco) doveva rimanere in piedi per ore sotto la pioggia, vera o artificiale che fosse. Bernard Hill (Re Theoden), fu colpito e si ferì alle orecchie da una spada sguainata da uno dei figuranti nei cavalieri di Rohan.

La notte impediva di leggere con chiarezza le immagini, ma il 75% della battaglia doveva essere ripresa al calar del sole. Si inventarono così un’illuminazione blu, diffusa, che conferisce precisione e tono apocalittico alla battaglia. 

Nel giorno più buio del fosso di Helm piove incessantemente. Fu un’impresa mantenere la continuità delle immagini, con secchiate d’acqua lanciate sui figuranti e con i costumi fradici per ore e ore. Basterebbe solo questo a far crollare un regista sotto la pressione. La New Line lo sapeva e, per di più, non aveva un buon presentimento. Un salto nel vuoto?

Peter Jackson Fosso di Helm

La New Line invia un osservatore per Il signore degli anelli

Il budget combinato dei film dichiarato da Jackson ammontava a 180 milioni di dollari. Ma le stime della produzione portavano il solo primo capitolo a 120 milioni di investimento. Punto di svolta nel libro di Tolkien, il Fosso di Helm ricoprì lo stesso ruolo anche per la lavorazione della trilogia cinematografica. Non poteva fallire: avrebbe infatti dovuto trainare il finale del film in un climax potente verso Il signore degli anelli: Il ritorno del Re. E doveva dimostrare la fattibilità di scene di battaglia dalla scala colossale. Lì si svilupparono tecniche e strategie di ripresa essenziali per il gran finale. 

Mentre Peter Jackson affrontava questi problemi, nella dirigenza della New Line Cinema vigeva una forte inquietudine sulla tenuta del tutto. Inviarono così da Wellington al set il dirigente Barrie Osbourne. Il suo compito era osservare il regista all’opera e parlargli per rivedere il budget.

Jackson si rifiutò di incontrarlo. Si assediò sul set continuando a filmare. 

Ero sul parapetto, probabilmente con Viggo Mortensen, e vedo Barrie. Gli ci sono voluti 30 minuti per arrivare in cima sbuffando. Così ho continuato a girare. Barry arriva e mi dice: “lo studio chiede di metterti in contatto con Michael Lynne”. Gli ho chiesto il perché e lui mi ha detto “oh, minaccerà di denunciarti e di vendere la casa per coprire i costi che hai sforato”. 

Secondo il racconto di Peter Jackson, quello fu un momentaneo punto di rottura in cui dovette forzare la mano, anche di fronte a un semplice messaggero. Gli rispose infatti:

Di a Michael Lynne che girerò questo c***o di film e farò il miglior lavoro possibile, e non interromperò quello che sto facendo per una chiamata del genere. 

Il patto fu chiaro: troppo tardi per tornare indietro, si può solo andare avanti come il film richiede e si può solo farlo insieme. O così o l’alternativa è mettere fine all’intera produzione.

Sappiamo come è andata a finire. Il signore degli anelli fu un trionfo sotto tutti gli aspetti, la New Line non si pentì della fiducia data.

Peter Jackson non perse il suo lavoro. 

Fonte: Telegraph

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