Nel nostro ultimo appuntamento settimanale con le videorecensioni troviamo il regista Paolo Strippoli, al cinema dal 10 novembre con Piove, indagare in una lunga chiacchierata con Francesco Alò i mondi nascosti del film e il messaggio che lui voleva trasmettere.

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A partire dai titoli di testa, che presentano quadri storici di violenza, senza però renderli espliciti, prende avvio il mondo creato da Strippoli in collaborazione con lo sceneggiatore Jacopo del Giudice. Troviamo infatti…

Persone vicine che si guardano morire. Attraverso questo sguardo, questa connessione, questo scambio orrendo, si forma la melma che, anni dopo, con la pioggia, esalerà il vapore malefico.

Dal momento che la melma si origina da noi, non si tratta di un elemento magico “piovuto dal cielo”, ma di qualcosa di intrinseco nell’uomo, qualcosa di cui siamo responsabili. Come dice Strippoli stesso.

Io penso che abbiamo una grande responsabilità. In questo senso penso che Piove sia un film politico. La responsabilità di non insozzare il mondo con le nostre azioni, con le nostre parole, perché non va via, perché non si lava. Io non credo si possa lavare, io credo che qualsiasi cosa facciamo rimanga e magari scompare, magari non la vediamo. Ma poi ci passerà qualcuno e quel qualcuno ne sarà posseduto, come da uno spirito, da un fantasma. Questo è un film di fantasmi, quello che riesce veramente a possedere le persone è un sentimento negativo, un sentimento atroce…una vibrazione. Sembra molto new age, ma io ci credo veramente. Io penso che in questa città…perché io parlo di Roma? Perché io in questa città l’insofferenza la sento dappertutto, girando l’angolo. Ed è colpa di ciò che c’è stato, non di ciò che è. Non si riuscirà a pulire facilmente.

Non c’è, in realtà, una precisa connotazione geografica all’interno di Piove, ma Strippoli, nonostante affermi che la melma esiste in ogni parte del mondo, ha in testa Roma quando ne parla.

Non potevo fare questo film a Bologna o Amsterdam perché non le conosco, non ci ho mai vissuto. (…) Roma ha quella pulsione che viene da sotto che, soprattutto se vieni da fuori, non puoi non sentire. Una rabbia sociale…un’insofferenza. Roma è una città insofferente. E ti dico la verità, pure da non romano, questa insofferenza ti prende, lo diventi pure tu.

Non solo melma e spazzatura emotiva però, ma anche una bellissima immagine di pioggia. Una pioggia salvifica che ha in sé qualcosa di religioso. Dio esiste in Piove?

Di certo non è Dio che li salva. Sono loro stessi che riescono a salvarsi. Chi si salva riesce a ristabilire un contatto. Per me c’è qualcosa di fisico. La soluzione per rompere questo circolo vizioso di violenza in cui i personaggi sono intrappolati è l’amore. Qualcosa di terribile da dire, ma così semplice. Però io credo in qualcosa di più fisico, in un contatto. (…) La bambina si avvicina, li prende e crea una catena. C’è un momento in cui fisicamente si ristabilisce la catena familiare.

Come è stato creato visivamente il mostro? Qual è il futuro del cinema horror in Italia? A tutte e a molte altre domande risponde Paolo Strippoli nel corso della lunga videointervista che potete trovare abbonandovi a BadTaste+.

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