Se prendete un passante e gli chiedete “chi è il padre del cinecomic moderno?” è probabile che scappi a gambe levate credendovi dei pazzi. Se invece avete trovato una frequentatore della sala cinematografica probabilmente vi risponderà con sicurezza: “Sam Raimi”. La risposta è corretta.

Solo che il papà de La Casa e L’Armata delle tenebre non si vedeva al cinema da parecchio tempo, soprattutto ad occuparsi del genere del cinefumetto che, nel frattempo, ha fatto passi da gigante. Ebbene, come ha detto ai nostri microfoni, il regista di Doctor Strange nel multiverso della follia ha staccato abbastanza di netto con queste storie dopo avere diretto Spider-Man 3. Si è dedicato soprattutto all’attività di produttore e non si è tenuto al passo con il complicato intreccio di storie dell’MCU. 

Intervistato dall’Hollywood Reporter ha spiegato che parte del lavoro è stato proprio capire a che punto fossero le trame, studiare la versione cinematografica di Doctor Strange e Wanda e come si sono trasformati fino ad ora. Da lì ha portato avanti una nuova avventura in cui li vediamo interagire approfonditamente. Il rapporto tra i due è infatti il cuore della pellicola dove i due personaggi si dividono quasi a metà lo spazio concessogli. Il secondo compito di Doctor Strange nel multiverso della follia era poi quello di spalancare le porte – appunto – al multiverso, e quindi “sbloccare” infinite possibilità creative. Chi meglio di lui per questa nascita simbolica di un nuovo MCU?

Eppure Sam Raimi non era l’unico presente su quei set della trilogia di Spider-Man che tanto hanno influenzato il cinema a venire. C’era anche un Kevin Feige alle prime armi che stava imparando il mestiere. Era alla corte di Avi Arad, potente produttore che aveva accompagnato i supereroi Marvel nella loro prima espressione moderna (Blade, Hulk, I Fantastici 4 etc..).

Feige era il suo assistente e già in questi primi lavori dava il suo contributo. Il regista ha svelato che Arad ricambiò il favore dando una mano sul set del primo Iron Man. Sam Raimi non cela l’ammirazione verso lo studio e racconta un aneddoto interessante. Pare infatti che quello che adesso è la mente assoluta dietro all’universo di storie cinematografiche e televisive, avesse già ben chiaro il valore aggiunto rappresentato dalle comparsate dei personaggi. 

È stato Kevin a volere apparizioni di altri personaggi sin dai primi tre film di Spider-Man. Non sono sicuro se fosse Wolverine o un altro il personaggio che cercava di portare nella pellicola. Tutto questo è accaduto perché Avi è salito sulle spalle di Stan Lee e Kevin su quelle di Avi. (…) I personaggi avevano i propri numeri e fumetti, ma si univano nei team-up. Tutte queste interazioni erano già state descritte da Stan Lee e Steve Ditko 50 anni fa, e ora stiamo solo seguendo la loro formula.

Aggiunge poi un elogio a Feige e al suo insolito mestiere:

Non ho mai conosciuto nessuno che porti avanti un’azienda semplicemente assicurandosi, come lavoro di prima importanza, la corretta trasposizione dei personaggi. È incredibile. È un piacere lavorare con società come questa. Lui non rende conto agli azionisti, lui rende conto ai fan. E questo la rende un posto meraviglioso dove lavorare.

Quando gli viene chiesto di commentare il ritorno del suo Spider-Man al cinema, Sam Raimi risponde senza mascherare un po’ di emozione. Per lui è stato come ritrovare un amico e un eroe che non incontrava da 15 anni. La stessa sensazione provata dal pubblico in sala. Loda poi la performance di Tobey Maguire che sembra avere vissuto una vita difficile nei panni dell’Arrampicamuri.

Fonte: Hollywood Reporter

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