Nel nostro appuntamento con le videointerviste di Francesco Alò, troviamo come ospite della settimana il regista Edoardo Falcone, in uscita con il suo quarto film Il principe di Roma. Vincitore di un David di Donatello come miglior regista esordiente nel 2015, dopo un passato da sceneggiatore, Falcone diventa regista, scegliendo di lavorare spesso e volentieri con uno degli attori di punta del cinema italiano: Marco Giallini. E, nella cucina di Alò, ci racconta il suo rapporto con l’attore romano.

Intanto ti dico una cosa. Una chicchetta. Quando ho scritto Se Dio vuole, ho scritto il personaggio del prete pensando a Marco.

Poi li ha scambiati, facendo interpretare il ruolo del prete ad Alessandro Gassman.

Volevo vedere Marco in un’altra ottica. Tant’è che una delle prime volte che incontrai Marco, viene da me e mi dice: “va be, allora devo fare il prete?” No, Marco. Facciamo il contrario. Marco ha delle caratteristiche che mi piacciono, mi divertono, ha una “cattiveria” che si rifà agli stilemi di Sordi che io non trovo tendenzialmente in altri attori. Quindi, alla fine, certe volte scrivo pensando a lui. Abbiamo un rapporto molto particolare io e Marco. Ci vogliamo bene, però spesso c’è un contrasto. Una mia caratteristica come regista è che sono molto pignolo, molto preciso. Per avere tutta quella naturalezza bisogna costruire un’artificialità, non viene tutta da sola. C’è questa cosa, nel cinema italiano degli ultimi anni: “tanto l’attore te l’aggiunge lui qualche battuta.” Io rabbrividisco perché poi se l’attore mi aggiunge una battuta che mi fa anche ridere, ma mi porta il suo personaggio da un’altra parte, ho perso.

Un conflitto continuo quello con Giallini, che si risolve però nel migliore dei modi…

Io e Marco abbiamo un appuntamento fisso in tutti i nostri film. Durante il film lui, insomma, alle volte ha da ridire su tante cose. Poi vede il film e mi fa: “Come al solito avevi ragione tu.” Tutte le volte (ride ndr). Allora a me piacerebbe che lui di questa cosa ne facesse tesoro, però non lo fa.

Un divieto assoluto di improvvisazione che non entusiasma nemmeno un altro dei grandi del cinema italiano: Gigi Proietti, diretto da Falcone in Io sono Babbo Natale, ultimo film dell’attore prima della sua morte. Racconta Falcone…

Non l’ho permesso neanche a Gigi Proietti. Mi ricordo questa…una chicchetta bellissima su Gigi. Ogni tanto mi diceva delle cose e io dicevo “No, Gigi, non la dire così…” E lui mi guardò e mi disse: “Io ho capito una cosa, che io e te c’abbiamo un senso dell’umorismo diverso.”

Falcone ride ed è orgoglioso di quella frase di Proietti, vedendo come una “medaglia” il fatto stesso che l’attore accettasse di seguire la sua guida.

Sceneggiatura, desiderio di diventare attore, rapporto tra corpo e spirito, di questo e molto altro si parla nelle oltre due ore di videointervista che potete trovare qui sotto:

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