La forza di Sensualità a Corte. Va avanti dal 2005, siamo all’ottava stagione. Ho sempre trovato affascinante, anche riflettendoci a latere, il fatto che ha nettamente anticipato Sense8 delle sorelle Wachowski! È stata la prima, autentica serie gender fluid! Hai anticipato i tempi, poi c’è tutto il discorso sul giovanilismo imperante per cui uno a 95 anni ancora si considera adolescente… Qual è il segreto di questa serie di sketch che continua ad avere successo nel 2005 come nel 2018 nonostante il pubblico sia cambiato in questo lasso di tempo.

È un pubblico che ha figliato nel mentre hahaha! Allora, questa cosa qua è vera effettivamente. Ma pensa che poi io sono pazzo, nel senso che quando ho scritto Sensualità a Corte nel 2005 e che peraltro, quando l’ho mostrato per la prima volta alla Gialappa’s non è che avesse riscosso tutto questo apprezzamento, mi guardarono come per dirmi “Ma ti sei rincoglionito?” e io li ho supplicati “Vi prego, mandatene in onda uno che secondo me andrà bene, è una cosa che può essere interessante e divertente” e poi infatti sono diventati loro i primi fan in assoluto di questa cosa, ma tanto io li amo, ma ti parlerò dopo della Gialappa’s… Da subito hanno cominciato a chiedermi di fare delle serate dove io proiettavo, di seguito, tutti i filmati di Sensualità a Corte e mi ritrovavo ai questi festival, anche al FictionFest di Roma, in queste sale gremite di persone dove venivano proiettate queste cose qua, una roba che già di per sé mi lasciava abbastanza basito. A una di queste serate, la presentatrice, mentre parlava con me sul palco, disse al pubblico che questa era la prima serie italiana queer, gay e io, come una pera, mi resi conto di una cosa che era evidente a tutti meno che a me! Nel senso che neanche per un secondo io mi ero posto il problema di genere, di appartenenza, avevo semplicemente fatto un adattamento di Elisa di Rivombrosa, che in quel momento imperava in TV, condito con tutta una serie di cose che per me non erano neanche degne di riflessione diciamo. È quindi è vero, e lo dico perché poi ci ho ragionato, effettivamente è un umorismo sui vizi gay, sulla tenerezza del mondo gay, che effettivamente non era molto comune nella comicità italiana dove, al massimo, c’era qualcuno che si vestiva da donna e via, che è una cosa che a me non piace. Jean Claude affronta la questione in altro modo, poi, come dici tu, ora senza esagerare sì, ha un po’ anticipato Sense8, che non mi piace dirlo, anche se però… non lo so… fa figo e mi piace pensare che sia così.

 

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Eh, però è vero! Peraltro, come hai coinvolto Cristina Donadio nell’ottava stagione? Vi conoscevate già?

No, non ci conoscevamo. Devo dirti – e qua passiamo alla Gialappa’s – che quando mi hanno chiamato per fare Mai Dire Talk io, con molta timidezza, ho riproposto Sensualità che avevo fatto come forma di crossover quando abbiamo fatto Rai Dire Niùs dato che lì aveva preso una piega più da serie vera, con una storia diluita nelle varie puntate e mi pareva che questa cosa avesse funzionato bene. In più era anche cambiata l’immagine della serie, proprio a livello di tecnologia impiegata. Faccio una parentesi. Noi giriamo tutto su green band e quindi c’è tutto un lavoro di post-produzione alle spalle. Fino ai tempi di Quelli che il Calcio era molto rudimentale nel senso che le macchine e i software che usavamo per i vari rendering non permettevano di fare niente che fosse un po’ sopra il livello cartoon per intenderci. Sei anni dopo, quando abbiamo appunto fatto Rai Dire Niùs, eravamo arrivati al punto di poter lavorare e dare forma a immagini più cinematografiche diciamo, con quel tanto di finto “disneyano” che io adoro ma che non era più un fondino in chroma key. Quando mi hanno chiamato per Mai Dire Talk ho riproposto Sensualità a Corte perché potevo fare qualcosa di nuovo rispetto a prima. E loro non solo hanno accettato subito di buon grado perché sono i nostri primi fan, ma uno dei tre, Marco, ha detto “Ma perché non uniamo Sensualità a Gomorra?”

Haha!

Io lì per lì ho pensato “Oh mio Dio, cos’è questa cosa!”. Poi ci ho pensato e visto che la seconda cosa che adoro, dopo il comico, è la violenza, cinematografica ovviamente perché sono una persona molto pacifica, mi sono detto “Perché no?” e abbiamo cominciato a ragionare sul chi coinvolgere dei cattivi… vabbè, a parte che in Gomorra sono tutti cattivi, però intendo un cattivo di prima categoria e abbiamo pensato a Scianel, una villain memorabile. Poi ho conisciuto Cristina, che è una persona adorabile oltre ché bra-vi-ssi-ma, una roba pazzesca, e abbiamo girato con lei queste due puntate e ora, nella ripresa di Mai Dire Talk, stiamo cercando nuova linfa in attori o di quel mondo o di mondi analoghi per continuare questo melange fra Jean Claude e il thriller.

Ti faccio un ultima domanda anche se starei qua a parlare altre due ore…

Ma guarda che per me possiamo continuare tranquillamente!

Aaah, bene allora cambio la domanda e non ti faccio quella che volevo farti in chiusura dell’intervista. Parlami di come lavori agli sketch di Sensualità a Corte. Vengono concepiti settimanalmente? Come vengono inseriti nella scaletta del programma? Insomma, come nasce una puntata di Sensualità a Corte.

Dunque, io sono un po’ Otto e Barnelli nel senso che me la canto, me la suono, me la monto, me la giro, me la interpreto. Faccio tutto quello che è concepimento della puntata, poi la lavoro con un gruppo di persone che sono le stesse con cui opero dai tempi di Avanzi. Puoi immaginarti da solo che tipo di sodalizio si è venuto a creare nel tempo, è gente bravissima. Pur abitando da 30 anni a Roma prendo treni aerei quello che è e vado a Genova perché senza di loro non riuscirei a fare niente. Ma la parte creativa me la sobbarco tutta io. E non ho mai seguito un metodo. Non sono Stephen King che ogni giorno dalla tal ora alla tal ora si mette al computer a scrivere. No, io sono la persona più disordinata del mondo da questo punto di vista. Il luogo di maggiore creatività per me è il cinema. Vado al cinema a beccare un film che poi scopro che mi piace e mentre io a quel punto lo ignoro, comincio a prendermi degli appunti sul telefonino nascondendo la luce per non dare fastidio perché chiaramente odio quando qualcuno si mette a usare il telefonino in sala. Mi metto proprio sotto al cappotto e prendo appunti di quello che mi viene in mente e metto in piedi lo sketch. Chiaramente, quando partiamo con un programma settimanale, mi devo dare una regolata e un ritmo perché altrimenti rischio di non avere la puntata pronta al momento in cui devo mandarla in onda e cerco sempre di avere un “magazzino” di episodi, di essere comunque una puntata avanti, di girare sempre un po’ di più anche perché io butto sempre via tantissima roba. Se dovessi montare gli scarti di Sensualità verrebbe fuori un film di sei ore e mezzo.

Ecco infatti, in uno sketch che dura dai 4 ai 6 minuti, quanto materiale scartato c’è?

Guarda, non è una regola perché cerco sempre di pensarci bene prima di girarne uno, anche perché poi la guardo, la riguardo e magari alla fine butto via tutto. Per la ripresa di gennaio ero avanti di una puntata e niente. Ho cestinato tutto. Ho già chiamato dicendo che la rigiriamo completamente. Anche perché la cosa incredibile è che il comico invecchia a una velocità incredibile. Nel senso che se tu fai una cosa in TV in cui ti fai influenzare da quello di cui si parla e che fluttua nell’aria, dopo un mese non la puoi più sentire. Mi è successo quest’anno, non ti dirò con cosa, ma con uno sketch che ho fatto, che avevo scritto e girato qualche mese fa quando il personaggio a cui si ispirava mi pareva interessante e anche poco battuto, ora mi sento male quando lo vedo perché mi dico “No, cioè”. Bisogna fare le cose anche molto a ridosso della messa in onda per evitare di arrivare tardi, di fare qualcosa che nel frattempo è diventato straimitato da tutti, oppure non è più interessante oppure, nel mentre, ti è cominciato a stare sul cazzo. Anche perché le pochissime volte che io ho imitato qualcuno, l’ho fatto perché mi piaceva la persona, come Carla Fendi.

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E ritorno illibata #madreillibata

Cocktail d’Amore è una trasmissione che adoro e porto nel mio cuore di spettatore.

Sì, era un gran programma. L’ho adorato da morire. Però ti dico la verità: ho avuto il culo di beccare… di fare pochissima televisione – alla fin fine non ne ho fatta tantissima – ma quando l’ho fatta di beccare Dandini, Avanzi, Tunnel, Cocktail d’Amore, la Gialappa’s, tutte persone che, e qua mi allaccio a quello che mi chiedevi, alle quali io presento i miei filmati, glieli porto e non c’è mai una lettura preventiva, non devo mai aspettare un “Sì” prima di produrre. Si fidano. Io giro, produco, spedisco il materiale e la roba va in onda. Così lavorare diventa più semplice e pratico. E non so quanti siano in TV a poter fare questo perché ormai è tutto un leggere, approvare, verificare eccetera. Da questo punto di vista noi – e dico noi come gruppo perché lavoro con attrici e attori come Simona Garbarino, Madre, che è davvero un piacere dirigere – siamo tutti molto liberi di fare il programma in cui stiamo.

Parlando di “bersagli” della comicità, e considera che questa è una domanda che ti faccio con una punta di autocritica perché nel mio piccolo anche io faccio il mestiere che faccio, ma ho una presenza sui social che chiaramente viene seguita tanto dall’utenza quanto dagli uffici stampa e vengo visto come un “influencer” tanto che a volte mi domando come Zoolander “Chi sono io?”… È più semplice fare comicità su figure come queste rispetto ad altre proprio per via della collocazione ibrida di chi magari crea un contenuto perché deve pubblicizzare il prodotto X o Y?

Ti dirò, per me è più pericoloso. Quando ho fatto Carla Fendi per intenderci, si trattava di un personaggio noto per il cognome e per il marchio che trovavi sulle borse, ma non era particolarmente esposto, era sconosciuta ai più. In quel caso ho usato un nome conosciuto che non fosse Pinco Pallino che rendesse magari facile parlarne che ne so magari in un articolo su “Marcello Cesena che fa Carla Fendi” e non Piripicchio De Rossi, ma allo stesso tempo non era sovraesposto come ti dicevo prima. Ora con gli influencer è più delicato perché rischi di finire in un calderone dove tutti fanno quella roba lì e non hai più il problema di dover far capire cosa fai, ti getti in un mare magnum dove puoi perdere originalità e forza. Difatti Chiaro Ferragno, che è una specie di crasi fra Fedez e Chiara Ferragni è un’occasione per parlare anche di altro. Spero sia chiaro che non vuole essere un’imitazione della Ferragni, anche perché tra l’altro essendo uomo è quasi più Fedez in caso. Ripeto: è pericoloso. Difatti, parlando di scelte, preferisco non usare personaggi conosciuti anche perché non ti ritrovi neanche a dover ragionare sul dubbio di impiegare quella persona, la sua risonanza per spingere quello che fai. È un modo di fare che evito. Usare un nome in voga per dare maggiore visibilità a quello che faccio.

 

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Ultima domanda, quella che ti volevo fare 4 ore fa. Prima mi parlavi dei progressi nella post-produzione di Sensualità a Corte, anni fa hai dato vita a un film a suo modo folle come Il Cosmo sul Comò che forse non è stato capito proprio per il suo essere fuori di testa, poi in Sensualità a Corte abbiamo visto Darth Vader, Batman, adesso una Wonder Woman coi baffi, cosa ne pensi dei cinecomic? Ti piacciono? Li vai a vedere?

Li guardo, sì. Alcuni mi piacciono tantissimo, specie la saga di X-Men che trovo molto visionaria, ma non posso definirmi un grandissimo intenditore di questo tipo di cinema, ho amici che sono drogati furiosi di cinecomic. Personalmente conosco i supereroi più noti e celebri, ma non vado nel dettaglio di tutti gli altri. Sono film che mi piacciono anche se credo che l’offerta si sia ampliata troppo e magari rischi di perderti un po’, ma questo è un problema che vale anche per le serie tv e tutto l’intrattenimento in genere. Ma sai, io sono uno a cui piace andare in gelateria e vedere un unico pasticcino in esposizione. La sera, quando mi metto davanti a Netflix, vengo colto da una specie di bulimia da serie, così come per i film tratti dai fumetti. È tutto bellissimo, ma c’è troppa roba. Ecco, credo che sia questa la principale differenza fra questa epoca e le precedenti, forse l’unica su cui mi sento di dire “Prima era meglio”. Perché c’era molta meno roba, c’era la possibilità di diventare feticisti di qualcosa. Per me il feticismo è la base di un corretto rapporto con il cinema, la televisione e/o i fumetti. E il feticismo implica che ci sia una carenza della data cosa che cerchi disperatamente. Quando ti ritrovi ad avere 800 serie bellissime in TV che parlano degli argomenti che ami – sangue, violenza, cadaveri, sesso, quello che è – il troppo stroppia.


Mai Dire Talk, la pagina del programma su Mediaset Play.

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