“Non faccio la commedia borghese”: Massimiliano Bruno da C’era una volta il crimine al futuro del cinema

In occasione dell’uscita nelle sale di C’era una volta il crimine, il suo regista Massimiliano Bruno è stato ospite nel nuovo appuntamento con il BAD TIME di Francesco Alò. Opportunità per parlare del film, ma anche del percorso del regista e di come lui vede il futuro del cinema.

Un regista sincero e disturbante

Partendo dalla tradizione della commedia italiana, Bruno è stato capace di realizzare opere che hanno suscitato dibattiti e irritazione, come Viva l’Italia:

Ho scelto di essere sincero e disturbante, per cui ho dovuto mettere in preventivo di non essere sopportato dalla metà dei critici. Non sono quello che sta comodo in certi salotti o coltiva rapporti per avere benevolenza da parte di certa intellighenzia. A 50 anni non voglio essere politicamente corretto: non faccio la commedia borghese, non mi interessa raccontare le idiosincrasie dei loro componenti, ma gli operai fascisti di oggi o un tipo di generazione che ha massacrato i giovani. Voglio parlare bene di chi ha meno di 25 anni, per evitare il discorso: “Si stava meglio quando si stava peggio“.

Nei suoi film, ritorna spesso, come in Beata ignoranza, il tema dell’importanza dell’educazione, in un’epoca in cui c’è sempre meno stima per il corpo insegnante:

Anni fa si depauperava il vero insegnamento per creare una generazione che avesse meno conoscenze e quindi governarla meglio, come tipico dell’Occidente sbiadato di cui l’Italia fa parte. Poi, con l’arrivo in politica di Berlusconi nel 1994, le varie riforme varate hanno portato a studiare meno la storia e la geografia, a privilegiare gli studi tecnici rispetto a quelli umanistici, per trasmettere l’idea che è meglio trovare lavoro a 18 anni piuttosto che andare all’Università. Gli insegnanti sono sottopagati e non hanno più voglia: oggi si approccia a questa professione chi andava male a scuola, perché chi andava bene vuole fare altro piuttosto che guadagnare due lire. Così, gli  studenti, in gran parte dei casi, escono dalle Superiori pensando che è da scemi continuare a studiare e guadagnare poco. La cultura, per come è insegnata a scuola, perde valore, perché non è incoraggiata, non passa come una cosa bella. Sapere è un’arma democratica per combattere i soprusi, a cui altrimenti si soccombe.

La sala come il vinile

C’era una volta il crimine è il terzo capitolo della “saga del crimine”, una trilogia segnata dalla pandemia. Il primo film, Non ci resta che il crimine, era uscito nel gennaio 2019, incassando oltre 5 milioni; Ritorno al crimine, inizialmente previsto per marzo 2020, è approdato direttamente su Sky nel luglio successivo. Bruno commenta:

Per fortuna siamo riusciti a tenere vivo il nostro progetto: il secondo film, non potendo uscire al cinema, è arrivato direttamente sulle piattaforme, dove è stato visto da più di 1 milione di utenti, cifre irraggiungibili con la sala. Il terzo lo abbiamo girato in piena pandemia, facendo slittare le riprese e indossando sempre le mascherine. È stato molto difficile girare in queste condizioni un film leggero, mantenere il buon umore necessario, che da parte mia ho cercato di non perdere mai.

In questo panorama ancora incerto, quali potrebbero essere allora gli orizzonti per il cinema?

La sala per i film è destinata a diventare come il vinile per la musica: l’esperienza non morirà, ma dovrà abituarsi a convivere con le piattaforme, che non sono un fenomeno passeggero. L’importanza è creare un evento per convincere il pubblico ad andare in sala. Così accade per i film spettacolari americani, che continuano ad avere successo: noi italiani dovremo capire quali titoli fare uscire in sala e quali in piattaforma. Ma non so con precisione cosa accadrà, che film faremo, le tendenze del pubblico. Sono però certo che l’attuale crisi mondiale, tra il Covid e la guerra in Ucraina, creerà una nuova generazione di registi: dobbiamo avere il coraggio di fare esordire i ventenni/trentenni. È arrivato il loro momento.

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