La recensione di A passo d’uomo, al cinema dal 19 ottobre

Tratto dal libro autobiografico di Sylvain Tesson, A passo d’uomo di Denis Imbert racconta con semplicità la parabola di accettazione di un uomo dei limiti del suo “nuovo” fisico e il potere curativo dello stare nella natura. A passo d’uomo è un film volutamente modesto, che trova il suo piacere nella pura osservazione del paesaggio francese ma che, parimenti, fatica ad emozionare come vorrebbe.

Quella di Pierre (Jean Dujardin) viene infatti presentata come una storia di redenzione – narrata in prima persona – di un uomo vizioso: Pierre è uno scrittore affascinante e di successo che, da sempre, per trovare l’ispirazione si reca in montagna per fare lunghe camminate o arrampicare. Quando, tuttavia, la sua ubriachezza lo porta a precipitare da un terrazzo, Pierre rischia la paralisi, salvandosi per miracolo e uscendone con una grande cicatrice sul viso, la perdita dell’udito da un orecchio e un’immensa fatica nel tras...