Se non fosse per qualche citazione di passaggio a TikTok e ad altre diavolerie moderne, e per la (francamente insopportabile) musica della popstar fittizia Koop che accompagna le quasi due ore di film, Afterlife of the Party potrebbe tranquillamente essere stato scritto e girato trent’anni fa. Se fosse uscito sulla scia di Ghost l’avremmo salutato come una simpatica variazione su un tema – quello delle seconde possibilità, dei rimorsi e dei rimpianti, e della vita dopo la morte – che al tempo non era ancora stato sviscerato in ogni sua possibile sfumatura. Oggi, su Netflix, la stessa piattaforma peraltro che ospita quella che forse è l’opera definitiva sull’argomento cioè The Good Place, Afterlife of the Party è molto più semplicemente un film di cui non si sentiva il bisogno e che vi dimenticherete dieci minuti dopo i titoli di coda (o per lo meno vi sforzerete per farlo).
Cassie (Victoria Justice), la ...
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