La recensione Hustle, su Netflix dal 8 giugno

C’è un grande ed evidente motivo per cui Hustle funziona così bene nonostante la sua estrema banalità: che lo vogliate o meno, si chiama Adam Sandler. Un po’ spaccone e un po’ imbroglione ma ben ripulito di ogni demenzialità, Sandler veste infatti in questo linearissimo film sul mondo NBA non solo i panni evocati dal titolo – quelli appunto dell’hustler – ma i suoi abiti attoriali più fedeli, riuscendo ad aggiungere sostanza e profondità laddove né la trama né la spinta moralistica riescono ad arrivare.

Ambientato tra le fila dei Philadelphia 76ers pescando qua e là tra le vere personalità della squadra e altri cestisti/personaggi NBA, Hustle racconta con evidente amore per la sua materia (e anche questo è un evidente pregio) la storia di due uomini che attraverso il basket cercano un riscatto personale e che fidandosi l’uno dell’altro trovano la forza di inseguire i loro sogni. I due personaggi in questione sono Stanley (Adam S...