Avatar – La via dell’acqua ha già battuto un record: è il film distribuito in più formati di sempre. Sono i cosiddetti formati premium, che offrono un’esperienza aumentata e cucita su misura con le possibilità tecniche offerte dalla sala. I formati sono numerosi perché vengono dall’incrocio di rapporto d’aspetto del piano di visione (come ad esempio l’IMAX), il numero di fotogrammi al secondo supportati (l’HFR), la risoluzione (il 4K) e ovviamente il 3D.

Quando arrivò in sala il primo Avatar nessuno aveva mai visto un uso del 3D così valido. Fu una rivoluzione, anche a livello di resa delle immagini in motion capture, che lanciò la moda dei film proiettati in tre dimensioni. Sappiamo come è andata a finire. La tecnologia è molto costosa, riprendere direttamente con cineprese costruite per il 3D è più faticoso dato l’ingombro dei macchinari e la necessaria preparazione che richiede. Gli studio iniziarono così a cercare modi per ottimizzare il processo. Molti scelsero convertire in post produzione, per offrire lo stesso questo effetto speciale e giovandosi dell’aumento di prezzo del biglietto. In pochi eguagliarono però la qualità di Avatar, portando così il formato a rientrare nell’ombra in quieta attesa.

Tra formati e scetticismo è lecito quindi avere alcuni dubbi e chiedersi se valga la pena vedere Avatar – La via dell’acqua in 3D. Vi rispondiamo sulla base della nostra esperienza nella sala Energia dell’Arcadia Cinema di Melzo.

avatar 2 la via dell'acqua

Un 3D migliorato: meno mal di testa e più profondità

Vivere un film in tre dimensioni non era fisicamente semplice nel 2009 e non lo è nemmeno ora. Gli occhialini restano ingombranti e un po’ pesanti, considerata la durata fiume di Avatar – La via dell’acqua. Se chi porta occhiali da vista, sovrapposti a quelli dati in dotazione dal cinema, provava fastidio prima lo proverò anche ora.

Tutt’altra storia invece per il mal di testa. Molti spettatori hanno lamentato in passato un eccessivo affaticamento dell’occhio, soprattutto durante le scene d’azione. La causa è nella natura stessa del 3D: gli occhi processano, aiutati dagli occhialini, due immagini di polarità diversa che riproducono l’illusione di profondità. Nelle scene d’azione i soggetti in movimento sono più difficili da mettere a fuoco.

La classica ripresa a 24 fotogrammi al secondo è soggetta infatti a delle imperfezioni dell’immagine. L’azione presenta sfocature di movimento, un leggero andamento a scatti, e in alcune situazioni di particolare luminosità anche dello sfarfallio.

avatar 2 la via dell'acqua

La combinazione vincente con l’HFR

Qui viene il paradosso: queste imperfezioni sono esistite per così tanti anni che sono diventate parte del linguaggio cinematografico. Chi ha provato a toglierle inserendo l’HFR ovvero una frequenza maggiore di fotogrammi al secondo come Peter Jackson con Lo Hobbit o Ang Lee con Billy Lynn – Un giorno da eroe ha ottenuto inquadrature e movimenti più puliti ma non percepiti come cinematografici. Il pubblico ha così rifiutato la tecnica, bollandola come peggiorativa.

Questi registi, compreso James Cameron, considerano l’HFR la soluzione per l’affaticamento del 3D e un miglioramento della qualità di visione. Con una maggiore fluidità l’occhio si deve sforzare di meno per compensare il vuoto tra un fotogramma e l’altro. In Avatar – La via dell’acqua i 48 fotogrammi al secondo sono integrati in maniera dinamica solo nelle sequenze adatte. Tutto il film scorre a 48 fotogrammi al secondo, nei momenti più statici si conserva il sapore cinematografico raddoppiando i fotogrammi e ottenendo così un effetto classico da 24 fps. Quando scatta l’azione i 48 frame sono effettivamente 48 immagini diverse l’una dall’altra. Più fluide e nitide permettono di vedere tutto senza confusione.

Il cambio di fotogrammi al secondo è quasi impercettibile, solo un occhio attento (e distratto dal film) lo nota. L’effetto è però incredibile. Avatar – La via dell’acqua guadagna in questo modo un tocco di realismo e di presenza, di fisicità dei soggetti, che fa credere di guardare un mondo ripreso in live action. 

Avatar 2 Ronal Kate Winslet

Una maggiore profondità

L’Avatar del 2009 aveva una ragione narrativa alla presenza della tridimensionalità. Entrare nel corpo dei Na’Vi e tutta la filosofia dell’ io ti vedo portavano il film ad essere una riflessione sul cinema stesso e sul potere della visione. Noi, come Jake Sully, entravamo in un nuovo mondo che ci veniva incontro. Avatar – La via dell’acqua perde questa giustificazione narrativa alla presenza del 3D, ma guadagna la migliore qualità e resa della profondità che si sia mai vista sul grande schermo.

Per capire bene il progresso fatto consideriamo il cinema come una finestra. Tendenzialmente il 3D era usato per dare profondità, costruendo l’azione su più livelli al di fuori della finestra. In alcuni usi, più vistosi ed esagerati, gli oggetti escono e vanno verso il pubblico. Entrano in casa, bucano il quadro. È la tridimensionalità verso l’interno o verso l’esterno a cui siamo abituati. 

James Cameron con Avatar – La via dell’acqua utilizza un nuovo paradigma: in mezzo. Capita spesso quindi che le creature in volo passino dall’interno all’esterno, Utilizzando al massimo i piani di tridimensionalità. La coda è in profondità e il muso viene verso di noi. Lo schermo smette di essere una finestra e diventa una linea di confine che tutti attraversano. Per lo spettatore l’effetto di coinvolgimento è radicale e totalizzante. Tanto che i bordi dello schermo sembrano un limite da rompere per trovare altra storia e altro paesaggio. 

Avatar - La via dell'acqua

Quindi vale la pena vedere Avatar – La via dell’acqua in 3D?

La risposta è un netto sì. Il ritorno di questa tecnologia è stato anticipato da lunghi mesi di preparazione tecnica degli esercenti per accogliere al meglio il film. La tecnologia si è evoluta percé sviluppata apposta per questa storia. L’effetto tridimensionale è così integrale all’esperienza spettacolare, un tassello fondamentale per raggiungere il massimo del coinvolgimento. 

Però non tutte le sale sono performanti allo stesso livello. Bisogna scegliere gli schermi che garantiscono la migliore dotazione audiovisiva. In questo caso raccomandiamo, se ce l’avete, di recarvi dal vostro esercente di fiducia. Una rapida ricerca o qualche domanda online permette di individuare chi ha dato prova nel tempo di saper curare al meglio la qualità di tutti gli aspetti che concernono la proiezione. I proiettori meno performanti, più usurati, o un impianto audio mal calibrato possono diminuire l’impatto spettacolare di un’esperienza che, in ogni caso, non è sostituibile con quella casalinga.

Avatar – La via dell’acqua va visto in 3D per poterlo fruire al 100% della sua potenza spettacolare. Tanto che la domanda risulta quasi mal posta. Non bisogna chiedersi se valga la pena vedere Avatar – La via dell’acqua in 3D, ma se si è disposti a rinunciare alla piena potenza dell’immaginario di James Cameron guardandolo in 2D.

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