1976

Esiste un altro cineasta classe 1976 nelle sale italiane a partire dal 25 febbraio oltre al nostro ottimo Gabriele Mainetti con Lo Chiamavano Jeeg Robot. Ma mentre il regista romano è al suo esordio nel lungo, Pablo Larraín (40 anni da compiere il prossimo 19 agosto) è arrivato con Il Club già alla sua quinta regia. La peculiarità è che ci troviamo ad avere a che fare con un artista giovane, deciso e molto, molto ambizioso. I suoi sono drammi dagli spunti allegorici in cui si riflette sulla storia politica del suo Cile attraverso percorsi individuali dai tratti idiosincratici, sia che si tratti di ballerini ossessionati da La Febbre del Sabato Sera e disposti a tutto pur di coltivare quella mania (Tony Manero), sia si tratti di impiegati di un obitorio (Post Mortem), sia si tratti di pubblicitari impegnati per la prima volta in una campagna di natura politica (No). Stavolta Larraín ha affrontato la religione. Partendo con una didascalia dedicata all’inizio.

Genesi 1:4