Batman Begins è su Netflix

Non capita a tutti di avere la sfiga di Batman Begins. Quello che vogliamo dire è: che cosa deve fare un sequel, di solito? Portare avanti la storia raccontata nel primo film, magari. Oppure riprenderne i personaggi e metterli in una nuova situazione. In questi ultimi anni in particolare, un sequel deve servire anche per aprire la strada a ulteriori capitoli di una storia infinita, magari, perché no, pure uno spin-off. Un sequel serve per ribadire che le cose che avevano funzionato nel primo film e che ci avevano fatto affezionare sono qui per restare. In certi casi più di nicchia, un sequel può magari servire per correggere gli errori del film precedente e migliorarlo; o magari può essere un’occasione per cambiare più o meno radicalmente il linguaggio del franchise – pensate ad Alien e Aliens.

Quante volte però capita che un sequel diventi uno dei film più importanti del suo decennio, un fenomeno culturale in parte inaspettato che sconvolge la nostra stessa percezione del suo genere di riferimento? E attenzione, prima che ci veniate a dire che Batman Begins in realtà è meglio di Il cavaliere oscuro per [motivi]: non è di questo che stiamo parlando. Non di qualità, di valore cinematografico assoluto, di valutazione critica dell’oggetto-film in questione. Qui stiamo parlando di impatto: anche i più fieri detrattori del secondo Batman nolaniano – e che ne sono – sono obbligati ad ammettere che è un film che ha cambiato parecchie regole, e le cui influenze si sentono ancora oggi.

Pipistrello

Ecco: quante volte succede questa cosa? Creare un game changer, un’opera che riscrive certe regole e detta una strada da seguire per i successivi tot anni, è un’impresa, e quasi mai si riesce se si prova a farlo apposta. Nessun autore che abbia un minimo di umiltà o per lo meno contatto con la realtà si mette a scrivere un film pensando “con questo rivoluzionerò il cinema!”. Le rivoluzioni succedono, e certo è più facile che succedano se sei particolarmente bravo a fare il tuo mestiere – ma pensate, per cambiare completamente genere, a uno dei più grandi film di tutti i tempi, The Wicker Man: dopo aver codificato il folk horror con quel film, Robin Hardy non azzeccò più nulla in carriera, e lavorò pochissimo. Non l’aveva scritto con l’intenzione di rivoluzionare nulla, ma lo fece comunque.

Neanche Il cavaliere oscuro fu scritto con quell’intenzione, almeno non solo con quella. Senza dubbio i Nolan sapevano di stare facendo qualcosa di molto diverso da quanto proposto dal genere fino a quel momento. Ma se quel film è diventato un paradigma è anche per via di una serie di elementi esterni che hanno contribuito ad alimentarne la leggenda, compresa la tragedia di Heath Ledger; e anche perché un film non esce mai nel vuoto ma inserito in un contesto culturale, e quando uscì Il cavaliere oscuro la concorrenza non si sognava neanche di poter dare una sterzata così cupa, noir e filosofica alle sue storie.

Babobile

Tutto questo per dire che Batman Begins, poverino, non poteva saperlo. Rivisto oggi ha il solo difetto – che è ormai un classico dei nostri tempi, al punto che forse non dobbiamo più considerarlo un difetto ma pensare che il problema sia nostro – di essere troppo lungo e ambizioso, e di promettere troppo per quello che poi riesce a mantenere sul finale. I film di supereroi (e non solo, ma di questo stiamo parlando) vivono e muoiono in buona parte sullo scontro finale, il climax di tutta la storia che deve essere emotivamente travolgente ma anche più spettacolare di quanto visto fin lì. Batman Begins ha il problema di non sapere come superarsi una volta giunto in vista del traguardo, e di rovinare quindi almeno in parte la rincorsa fatta fin lì.

Ma a parte quello? Ci sono ottimi motivi per affermare, per esempio, che Batman Begins sia il più Batman dei Batman di Nolan, quello dove il supereroe conta più dell’uomo che ne indossa il costume – e questo nonostante si tratti di una origin story. E anche che sia il più genuinamente divertente: sia Il cavaliere oscuro sia Il ritorno sono film densi, cupi, opprimenti, che stuzzicano prima di tutto il cervello, e in particolare il nostro senso morale. Begins ha ancora quel pizzico di spacconeria che, portata all’eccesso, aveva rovinato la reputazione dei film di Schumacher; intrattiene, più di quanto lo facciano i suoi successori, e potrebbe anche contenere le migliori scene d’azione e le migliori coreografie della trilogia.

Batman Begins Katie

Eppure quanti, alla domanda “puoi guardare un solo film della trilogia di Nolan, quale scegli?” risponderebbero Batman Begins? Il cavaliere oscuro è ormai un oggetto mitologico, il genere di film che ti capiterà sempre di rivedere a intervalli regolari anche solo per controllare che sia davvero tutto quello che ti ricordavi (e ogni volta lo è, ovviamente). C’è sempre la sensazione che una nuova visione possa rivelare dettagli che erano sfuggiti nelle cento precedenti. E persino Il ritorno, con la sua pessima reputazione, ha più possibilità di essere scelto, e proprio perché ha una pessima reputazione: “È davvero meritata? Ricontrolliamo!”.

Povero Batman Begins. È un film bello, bello e sfigato, di una sfiga tutta sua, nata anni dopo la sua uscita per colpa del suo fratello maggiore, che si è preso tutte le attenzioni e gli applausi. (vale la pena ricordare comunque che stiamo parlando di un film da quasi 400 milioni di incassi, non di un flop) Questa sera quando accenderete Netflix e dovrete scegliere cosa vedere, fate una carezza a Batman Begins, e ditegli che è la carezza di chi ancora crede che, per certi particolari motivi, sia meglio del suo successore.

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