Questo speciale fa parte della rubrica Tutto quello che so sulla vita l’ho imparato da Sylvester Stallone.

Dici “Sylvester Stallone” e subito ti vengono in mente gli anni Ottanta, i bicipiti, i cazzotti, le sparatorie e magari una bella bandana rossa. Eppure se avete seguito questa rubrica fin qui dovreste sapere che in realtà la carriera di Gardenzio è stata molto più varia di così, e che soprattutto all’inizio il nostro le ha provate un po’ tutte prima di orientarsi (o di farsi incastrare) nello stereotipo dell’uomo action. Insieme a Rambo II, uscito un anno prima e del quale vi avevamo già parlato, Cobra rappresenta l’inizio della trasformazione, e di un (lungo) periodo durante il quale Sly ha continuato a interpretare sé stesso in infinite variazioni (cadendo tra l’altro fragorosamente ogni volta che ha provato a fare altro).

L’altro film circa coevo che va associato idealmente a Cobra non è di Stallone: parliamo di Commando, anch’esso uscito nel 1985 quasi come risposta a Rambo II. Più che un battesimo, Commando fu una conferma per Schwarzenegger, che dimostrò definitivamente di essere l’uomo giusto per certi action: un esercito racchiuso in un solo essere umano, che così ti fa risparmiare anche sul cast. Anche Rambo II partiva dalle suggestioni del primo Rambo per alzare il volume a 11 e dimostrarci che Stallone era in grado di reggere per un intero film un ruolo solitamente riservato a un’intera squadra di specialisti.

Cobra Stallone

Cobra si può quindi vedere come il tentativo di Stallone di rispondere a Commando e di dimostrare che era ancora lui il migliore – e quindi come l’inizio di quella rivalità, vera o presunta, che lo contrappose per oltre un ventennio all’ex governatore della California. Lo diciamo perché, pur essendo diretto da George Pan Cosmatos (lo stesso regista di Rambo II), Cobra è indiscutibilmente un film non solo con Stallone, ma di Stallone. E la cosa più buffa è che in origine sarebbe dovuto essere… Beverly Hills Cop.

Stallone fu il primo nome scelto per il ruolo del detective Foley, poi andato a Eddie Murphy (l’intera storia è lievemente più complicata e la trovate qui). Sly accettò anche, a patto che gli lasciassero riscrivere il copione. “Ma no Sly dai non esagerare” gli disse probabilmente qualcuno, al che il nostro reagì mettendo mano alla sceneggiatura ed eliminando tutte le parti comiche, trasformando Beverly Hills Cop in un action duro e puro. La proposta venne bocciata per un semplice motivo: inserire tutte le sequenze pensate da Stallone avrebbe fatto lievitare il budget (e infatti Cobra costò il doppio di BHC), mentre il film era stato costruito su dialoghi e comicità (anche) per risparmiare.

Villain

Da questo grande rifiuto nacque così la sceneggiatura di Cobra, un film che la critica si affrettò a bocciare spiegando che in superficie condannava la violenza ma all’atto pratico si divertiva a glorificarla e faceva venire il dubbio che la sua morale fosse più ambigua di quanto potesse apparire. E sapete cosa? È vero, ma è anche falso. È vero che Cobra è un film estremamente violento (almeno per essere un poliziesco, ma Commando, per tornare a Schwarzenegger, lo è dieci volte di più), ma è anche vero che presenta la violenza senza alcun giudizio morale. È una cosa che succede, e succede in maniera efferata e ripetuta: e quindi, nella tradizione dei vari Ispettore Callaghan e Il braccio violento della legge, per fermarla serve un poliziotto altrettanto amorale.

Il dilemma etico sta quindi altrove, non nel dubbio che mostrare troppa violenza significhi automaticamente giustificarla (un’idea che squalificherebbe parecchi film, non solo action, non solo horror) quanto nel fatto che Marion Cobretti detto Cobra è l’equivalente per l’ordine pubblico di buttare una bomba atomica per fermare una guerra. È qui che Stallone fa il salto e si scrive addosso un personaggio proiettato già in avanti, ai successi e agli eccessi del decennio successivo. Rispetto a Rocky, a Rambo, a Cosmo Carboni, Cobra è un personaggio già fatto e finito, inattaccabile, senza debolezze (a parte la passione per le belle donne) e soprattutto non in formazione. Il suo non è un arco di crescita dal quale imparare, è una missione per compiere la quale è importante accumulare più cadaveri possibile. È un mezzo, non il fine, dove invece, per esempio, Robert “Rocky” Balboa era il fine e i combattimenti di boxe il mezzo.

Brigitte

Il fine qui è l’intrattenimento puro, è una collezione di one liner da far impallidire, è Stallone che con un paio di occhiali da sole costruisce un look. Cobra è un film che definisce un’estetica e un approccio prima ancora di raccontare una storia. Pesca a piene mani dal noir (la femme fatale, che è anche damsel in distress, è ovviamente Brigitte Nielsen, al tempo moglie di Sly) ma rispetto ai classici ha una frenesia, una voglia costante di far muovere cose e persone, di far succedere qualcosa. Usa la violenza come coreografia, non come messaggio; è il trionfo del cool: non è un caso che Ryan Gosling abbia detto di essersi ispirato proprio a Marion Cobretti e al suo fiammifero in bocca per il suo personaggio in Drive.

C’è una recensione dell’epoca di Gene Siskel che è significativa. Il critico dice che “dove Clint Eastwood si sarebbe limitato a guardare di traverso Robinson (il capo di Cobra, nda), Stallone sceglie un approccio più violento. Forse è questa la differenza tra i due: Eastwood sa essere divertente; Stallone è più spesso un primitivo”. Immaginiamo che dovesse suonare come una critica a Sly, considerato grezzo e monodimensionale, ma a noi suona più come un complimento: invece di appoggiarsi ai modelli che l’avevano preceduto, Sly si inventò un nuovo tipo di “eroe con la pistola”, che invece di avere un solo colpo in canna spara ai cattivi dalla cima di una montagna di proiettili. E in questo modo, insieme al nemico-amico di origini austriache, ridefinì tutto il genere per una decina d’anni. Poi ci pensò Schwarzenegger a demolirlo, ma questo è un altro discorso, e magari il soggetto di una futura rubrica?

(arrivati qui magari vi starete chiedendo: di cosa parla Cobra? Noi vi risponderemo: conta davvero? E va bene: c’è una banda di neofascisti suprematisti bianchi stupratori assassini che terrorizzano la città, e Marion Cobretti detto Cobra, il capo della forza d’elite supersegreta nota come Zombie Squad, viene chiamato a intervenire. Insieme a lui, come in ogni buon poliziesco, c’è un partner, che però non serve a granché. Cobra interviene come richiesto, massacrando tutti i fascisti con gran gusto; nel mentre trova anche il tempo di proteggere la vita di una modella che ha avuto la sfortuna di assistere a un omicidio e di vedere in faccia i terroristi. Alla fine muore un sacco di gente)

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