Alla fine Il ragazzo e l’airone ce l’ha fatta! 21 anni dopo la storica vittoria per La città incantata e 9 dopo il riconoscimento ricevuto per la carriera, Hayao Miyazaki ritorna nuovamente trionfante ottenendo il suo terzo Oscar. Tutto questo sebbene né lui né, tanto meno, il sodale Toshio Suzuki, co-fondatore dello Studio Ghibli, nonché suo produttore e amico, si siano presentati per ritirare il premio – nonostante quest’ultimo non abbia mancato di rilasciare un comunicato di ringraziamento. D’altro canto ben noto è il sentimento respingente che il regista ha sempre nutrito nei confronti di queste celebrazioni, preferendo la placida calma del suo Studio ai tappeti rossi e alle luci dei riflettori. È stato così nel 2003, come lo è stato anche in occasione della vittoria agli ultimi Awards of the Japanese Academy, organizzati due giorni prima.

Eppure questo risultato non era per nulla scontato. Al contrario, tutto lasciava presagire che a tornare a casa con la statuetta sarebbe stato Spider-man: Across the Spider-Verse, il secondo capitolo della saga animata dedicata al celebre personaggio Marvel. D’altronde com’è possibile non pensare altrimenti, dato che la pellicola Sony Animation aveva vinto quasi tutti i principali premi di categoria della stagione, dai Producers Guild of America Award ai Critics’ Choice Awards, senza contare l’assoluto dominio avuto agli Annie Awards. Una striscia di riconoscimenti che ha portato i principali bookmaker a indentificarlo come probabile vincitore anche agli Oscar.

A questo punto la domanda sorge spontanea: cos’è accaduto? Cosa ha portato i membri dell’Academy a non seguire quella che fino a quel momento era stata una marcia quasi inarrestabile da parte della pellicola Sony? Cerchiamo di capirlo.  

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Figli di una “categoria minore”

Alla luce di quelle che erano le prospettive alla vigilia della cerimonia, la vittoria de Il ragazzo e l’airone ha destato sorpresa. Ma d’altronde si sa, l’animazione risponde a logiche differenti rispetto a quelle del cinema live-action. Se per i film dal vero le decisioni dell’Academy possono essere soggette a un gran numero di variabili, per le pellicole animate il discorso appare diverso. È risaputo quanto la diffusa sottostima di buona parte dell’industria nei confronti della categoria conduca la maggior parte delle volte a una scelta dettata non da un riconosciuto valore (sia esso artistico o produttivo) del film quanto sulla base del nome dello Studio o del regista dietro la sua realizzazione. Da questo punto di vista, indicative sono le parole di Jimmy Kimmel che sul palco del Dolby Theatre per presentare i premi all’animazione ha detto: “Le prossime sono le categorie dedicate ai film animati, per favore alzate la mano se avete lasciato che i vostri figli compilassero questa parte della scheda”. Sebbene posta come battuta, tale affermazione mette in luce la grigia verità riguardo la generale considerazione che i membri dell’Academy hanno nei confronti del medium, non distanziandosi eccessivamente dalla realtà. Non è raro, infatti, che tutte le pellicole candidate non vengano neanche visionate e che il voto venga adeguato a quello della maggioranza. Ciò viene evidenziato dalla non scontata vittoria agli Oscar da parte del miglior film agli Annie Awards, come dimostrato in passato in altre ben sette occasioni.

Contemporaneamente, data la serie di riconoscimenti ottenuti da Across the Spider-verse non è improbabile che la gara tra i due film sia stata accesa fino all’ultimo, in un “testa a testa” che ha visto alla fine trionfare Miyazaki.

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Into the Oscar-verse

Indubbia è la portata di una proprietà intellettuale come quella di Spider-Man. Così come è impossibile rimanere indifferenti davanti al livello tecnico proposto dalla pellicola Sony, le cui animazioni si distinguono per una ricercatezza estetica e una sperimentazione atipica per quello che è a tutti gli effetti un blockbuster animato, appartenenti più ai circuiti indipendenti o da festival. Sulla base del successo e della rivoluzione introdotta dal primo film, il trio di registi Joaquim Dos Santos, Kemp Powers e Justin Thompson, sotto il nume tutelare di Phil Lord e Chris Miller, ha recuperato quanto precedentemente realizzato per elevarlo su un piano ulteriore, alzando ancor più l’asticella e dando vita a un sorprendente virtuosismo visivo. Tuttavia, proprio il legame così stretto con il primo capitolo, già vincitore di un Oscar, può essere una delle ragioni della vittoria assegnata a Il ragazzo e l’airone.

La natura così inscindibilmente collegata a quanto iniziato con Into the Spider-Verse tanto sul piano narrativo quanto soprattutto su quello stilistico può avere convinto i membri dell’Academy ad orientare il proprio voto altrove.

Inoltre, non si può non tener conto di quanto Across the Spider-Verse rappresenti il capitolo intermedio di una trilogia, parte di un racconto più ampio e preludio a un arco che, ipoteticamente, troverà compimento solo in Beyond the Spider-Verse, come evidenziato da quel finale aperto che interrompe di fatto la narrazione. Non ci sarebbe da stupirsi se (con le dovute distinzioni) il film diretto da Dos Santos, Powers e Thompson sia stato condizionato dall’effetto Il Signore degli anelli – Le due torri, rimandando l’eventuale premiazione una volta giunti a conclusione con il terzo capitolo.

Infine, in un periodo segnato da scioperi e manifestazioni, caratterizzato da una sempre maggiore sensibilità riguardo i diritti dei lavoratori in quei di Hollywood è improbabile che le indiscrezioni emerse l’anno scorso riguardo un trattamento non del tutto corretto nei confronti degli animatori (che ha portato circa 150 artisti ad abbandonare la produzione) non abbiano anch’esse influito sulla votazione.

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Il regista e l’airone

Miyazaki ha ormai superato la soglia degli 83 anni. Per quanto il regista si distingua per l’energia e il carattere che mette nel suo lavoro, è indubbio quanto il peso dell’età cominci a farsi sentire. Lo si può notare nel video di ringraziamento per la candidatura inviato all’Academy dallo Studio Ghibli, nel quale un Miyazaki privo della sua caratteristica barba si trova a interagire con l’amico Suzuki, apparendo stanco e profondamente invecchiato. Una realtà davanti alla quale lo stesso maestro si è trovato a confrontarsi. Non per niente Il ragazzo e l’airone costituisce una riflessione su tutto quello che è stato il vissuto del regista e sul futuro dello Studio Ghibli nel momento in cui lui non ci sarà più. Tutto si concretizza in un profondo senso di vergogna e imbarazzo per le dichiarazioni riguardo il suo pensinamento (percepite dal regista come una bugia nei confronti del pubblico) che, secondo lo stesso Suzuki, rappresentano le ragioni principali dietro la crescente volontà del maestro di limitare le proprie apparizioni pubbliche, lasciando al produttore il compito di curare le relazioni in sua vece. Nonostante il dichiarato intento di continuare a lavorare, proseguendo con la produzione di un altro film, non è da escludere quanto il tono della pellicola, posta come vera e propria opera di commiato, abbia convinto l’Academy ad omaggiare l’anziano regista con questo terzo Oscar, come forma di riconoscimento per un uomo che ha segnato in modo indelebile il mondo dell’animazione a livello globale, tanto in occidente quanto in oriente. Questo soprattutto in anni caratterizzati da significativi rinnovamenti all’interno dell’Academy, con la crescente introduzione di nuovi membri non statunitensi, provenienti da tutto il mondo, che si traduce in una maggiore varietà nelle votazioni.

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