Si è svolta nello storico TCL Chinese Theatre di Hollywood la premiere americana di Pinocchio, film d’animazione diretto da Guillermo del Toro (premio Oscar per La Forma Dell’Acqua nel 2018) e Mark Gustafson (direttore dell’animazione di Fantastic Mr Fox di Wes Anderson).

Il film in stop-motion è basato sul romanzo di Carlo Collodi del 1883, Le avventure di Pinocchio, che nella rivisitazione di Del Toro è ambientato al tempo del fascismo. Realizzato da Netflix insieme alla Jim Henson Productions, il lungometraggio d’animazione sarà disponibile sulla piattaforma a partire dal 9 dicembre.

Noi di Badtaste.it siamo stati invitati all’evento che ha chiuso in grande stile la 36^ edizione dell’AFI FEST, il festival dell’American Film Institute che si svolge ogni anno a novembre e che apre le porte alla stagione dei premi.

Il cast dei doppiatori include David Bradley (Geppetto), Gregory Mann (Pinocchio), Ewan McGregor (Sebastian J. Cricket), Christoph Waltz (Conte Volpe), Ron Perlman (Mangiafuoco), Tilda Swinton (Fata Turchina), Joh Turturro (Master Cherry) e Finn Wolfhard (Candlewick/Lucignolo).

Pinocchio Guillermo del Toro
Guillermo del Toro’s Pinocchio – (L-R) Pinocchio (voiced by Gregory Mann) and Count Volpe (voiced by Christoph Waltz). Cr: Netflix © 2022

Al termine della proiezione si è svolto un incontro insieme al regista Guillermo Del Toro e moderato da J.J. Abrams.

Guillermo, hai più volte parlato di quanto questo film sia incentrato sull’infanzia e sulla guerra e di come chiuda la tua trilogia insieme a Il Labirinto del Fauno e La spina del Diavolo. Come hai sviluppato questo amore per la storia di Pinocchio?

Ho visto il film da bambino, la versione del 1940 della Disney, ed è un film che per tutta la vita mi ha legato a mia madre. Mi ha colpito perché Pinocchio vedeva il mondo come lo vedevo io. Anche questo come gli altri due, dal mio punto di vista, non è un film fatto per bambini. Perché dico questo? Perché l’animazione in generale non è un genere per bambini, ma i bambini possono guardarlo se i loro genitori ne parlano con loro. In un certo senso abbiamo cercato di ribellarci a quello che è cool e alla moda. Nessuno in questo film è figo o alla moda. Abbiamo puntato sull’umanità, sul dolore, sulla memoria e sulla perdita. Abbiamo cercato di affrontare i temi che fanno male.

Quali sono i temi che fanno male?

Questo film inoltre mostra quanto sia spaventoso essere un bambino.
Direi che quasi tutte le altre storie di Pinocchio parlano di obbedienza. Mi infastidiva che le persone chiedessero obbedienza a Pinocchio, quindi volevo fare un film sulla disobbedienza come virtù, e sul fatto di non dover cambiare per essere amato. La nostra versione riguarda appunto la disobbedienza che è un fattore primordiale per diventare umani e diventare umani non significa cambiare te stesso o gli altri ma capire. Il primo passo verso una coscienza e l’anima, per me, è proprio la disobbedienza.

Hai lavorato su questo film per moltissimo tempo. Che tipo di percorso è stato?

Abbiamo iniziato a parlare del film nel 2006 e siamo partiti nel 2008. L’idea era di finirlo per il 2013, ma il progetto è sfortunatamente è caduto nelle terribili fosse dell’inferno del development. Nel 2011, si è unito al progetto Mark Gustafson che è stato chiamato a co-dirigere con l’artista Gris Grimly, che è qui seduto in sala e che vorrei ringrazire. Le sue illustrazioni di Pinocchio sono servite da ispirazione per il design dei personaggi del film. Nel 2012, io e Grimly ci siamo scambiati il posto, e oltre alla regia ho scritto la sceneggiatura.

Che ruolo ha avuto Grimly nel modellare il tuo immaginario per il film?

Avevo sentito che Gris Grimly stava preparando un libro su Pinocchio. Di mio sono molto scettico su una nuova interpretazione. Dal mio punto di vista la chiave per fare un nuovo Pinocchio è capire chi è Pinocchio. Nel momento in cui ho visto il disegno di Pinocchio di Gris, che era essenziale, ho pensato che la sua era la versione giusta. Il suo Pinocchio ha questa essenza indisciplinata, una forza della natura indomita. È curioso, ribelle, a volte crudele e a volte troppo curioso.

Nella tua rivisitazione il racconto di Pinocchio è ambientato sullo sfondo cupo dell’Italia fascista di Benito Mussolini.

Il fascismo, per me, è una questione molto maschile, molto paternalistica e uno dei fili del film è quello. Non è la parte predominante, ma uno dei filoni. Uno dei temi toccati da questo film è quello della paternità. Il fascismo assomiglia a una forma paterna di diverso tipo, in noi c’è il desiderio di liberarsi di un padre che vuole imporci il suo pensiero. Lo sentivo sin da quando ero un adolescente che se avessi fatto Pinocchio, sarebbe stato così. Lo sapevo a 20 anni e lo sapevo a 30 anni. E mi era chiarissimo quando abbiamo iniziato questo progetto.

Il film è stato completato in 1000 giorni di lavoro, su diversi set tra la Gran Bretagna e la Polonia. Come è stato il dietro le quinte?

È stato tutto molto fisico. Registravamo in video gli animatori che recitavano le scene dal vivo per avere un’idea chiara delle interazioni dei personaggi. Ha funzionato a tal punto che alcune scene del film sono state tagliate per farle corrispondere a questi video originali. L’obiettivo era catturare quelle piccole sfumature che gli esseri umani non sono necessariamente consapevoli di fare e metterle nel burattino per dargli una caratterizzazione realistica.

Trovate tutte le informazioni su Pinocchio nella nostra scheda.

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