Con Il Signore degli Anelli – Il ritorno del Re tutti si fregavano le mani aspettando grandi cose. La produzione, che aveva capito di avere di fronte una gallina dalle uova d’oro (sì ma che rischio economico e che coraggio per farla nascere!); gli spettatori, che fremevano per vedere la conclusione della storia; i Tolkieniani, pronti in prima linea ad amare il film e a criticarne ogni minima variazione dal canone. E poi c’erano i critici cinematografici. La categoria che con La compagnia dell’Anello vide distrutti i molti pregiudizi sul fantasy e che con Le due torri faticò (ma non troppo) ad ammettere di essersi sì divertita, ma anche di essere stata appagata come di fronte a un film d’autore da festival. Ecco cosa scrivevano i giornalisti pochi giorni dopo l’arrivo in sala de Il ritorno del Re.

Partiamo, come da tradizione, con Roger Ebert. Questa volta pienamente convinto dal film (ma non a sufficienza da dargli il voto pieno). Prima riga: “alla fine l’intero arco è visibile e la trilogia de Il Signore degli Anelli raggiunge il suo obiettivo finale. Lo ammiro più come un tutt’uno che nelle sue parti”. È il migliore dei tre, dice, e ribadisce quanto l’intera operazione sia di grande ambizione in un tempo di timidezza cinematografica. Anche se per poco “la storia è un po’ troppo sciocca per portare il peso emotivo di un capolavoro”.

Per altri speciali come questo, abbonati a BadTaste+

Il riferimento è ad opere come Apocalypse Now che volevano avere delle grandi conseguenze sul mondo. Gli spettatori de Il ritorno del Re invece, secondo Ebert, sono portati dal film a interessarsi più alla Terra di Mezzo che al mondo reale. La battaglia finale è magnifica, continua, “mi sono trovato a pensare ai film visionari dell’epoca del muto come Metropolis e Faust con il loro desiderio di illustrare eventi fantastici di inimmaginabili dimensioni e potere, con la loro allegra dipendenza dai giochi visivi. Ultima nota positiva: gli Hobbit sono di nuovo al centro!

il signore degli anelli il ritorno del re

Peter Bradshaw sul The Guardian ha avuto una querelle con i fan del Signore degli Anelli a causa delle sue prime due recensioni, ha vissuto la fine della saga con visibile sollievo. Ammette però che il capitolo finale è lungo, ma mai noioso. Critica le performance degli attori, “salvando” però Christopher Lee il cui Saruman incarna il male. Compito ora delegato a “una sorta di brulicante pericolo amorfo”.

Elogia le battaglie, che sente risuonare ancora nella sua testa ore dopo la fine del film e lo spettacolo visivo, rafforzato (questa volta) da una storia solida. Anche se lamenta che non ci sia un’esperienza di perdita in grado di far riflettere, e nemmeno un forte senso della tragedia della guerra. La posta in gioco è quindi più debole di quanto potrebbe essere. Bradshaw dà la colpa di questo all’assenza di Saruman. Ne La compagnia dell’anello si prendeva gioco dei fan di Tolkien. Nella recensione de Il ritorno del Re critica i tradimenti rispetto al libro. Come dice in chiusura, si è approcciato da ateo alla saga e ha finito da agnostico.

Per altri speciali come questo, abbonati a BadTaste+

Peter Travers di Rolling Stones aveva capito tutto. Scrive che Il signore degli Anelli è proiettato nella leggenda.Che elogiare Peter Jackson non è abbastanza. È più di un regista, è uno che fa miracoli. Il ritorno del Re è per lui un film che risuona sia nell’azione che nelle parole poetiche di Gandalf a Pipino. Contrariamente a Bradshaw elogia le performance, soprattutto quella di Sean Astin nei panni di Sam, tanto da meritare l’attenzione degli Oscar (che non arrivò).Tra qualche sparuta nota negativa cita il momento in cui si accende la “scintilla del Re” negli occhi di Aragorn. Un passaggio che avviene quasi fuori campo. 

Comune a molte recensioni, ma espresso con forza dal New York Times, il sollievo per il fatto che Il signore degli anelli – Il ritorno del Re non sia caduto sotto il peso del terzo capitolo come Matrix o Star Wars. IGN non cela l’entusiasmo sin dal sottotitolo della recensione: “una conclusione profondamente deludente di una già poco brillante trilogia. SCHERZIAMO!”. E inizia il pezzo affermando che non c’è mai stato un film della stessa magnitudine di quella raggiunta da Peter Jackson. Si cita la WETA Digital come la principale casa di effetti speciali nel mercato e il fatto che lo sforzo produttivo incredibile ha per forza alzato la barra per i filmaker che vorranno seguire quella strada.

Esprime grande attesa anche per la versione di quasi 4 ore della versione estesa. Un assalto ai sensi in cui a volte è quasi impossibile ricevere tutte quelle informazioni visive insieme. Il tono de Il ritorno del Re si bilancia tra il dramma basato sui personaggi come ne La compagnia dell’Anello e il più freddo film di guerra come Le due torri. Tutto per “l’esperienza di cinema più viscerale di tutti i tempi”. Il pezzo finisce con un accenno al successivo King Kong e la speranza che il regista possa riprendere anche… Lo Hobbit.

il signore degli anelli il ritorno del re frodo

Da notare, a questo punto, che quasi nessuno ha inserito i molti finali tra le note negative, ad eccezione di Variety. Una delle critiche principali dei temi odierni, ma che con l’emozione dell’uscita non fece scalpore, anzi!

Interessante la lettura dell’incipit del film secondo l’Independent: il film inizia mostrando un verme. Un’inquadratura quasi ironica per una pellicola che “non ha tempo di mostrare nulla di più piccolo di un rinoceronte”. La recensione ammette anche che La compagnia dell’Anello aveva disarmato la critica non assomigliando a nulla visto prima. Si prevedeva uno spettacolo moderno e invece il film restituiva una sensazione molto artigianale. La colossale battaglia de Il ritorno del Re salta però lo squalo secondo la recensione, diventando troppo eccessiva. Tenta poi una previsione: “in futuro considereremo il successo di Jackson come magnifico, ma futile”.

Per altri speciali come questo, abbonati a BadTaste+

Nella già citata recensione di Variety si parla soprattutto della scelta azzeccata di girare tutti i film in sequenza e senza stacco. È merito di questa idea il tono coeso e la riuscita del climax finale. L’assedio di Minas Tirith è la madre di tutte le battaglie cinematografiche. Il New Yorker spiega che di film in film la mente ha smesso di valutare l’opera secondo la fedeltà alle pagine del libro. ScreenRant invece va subito al sodo nella prima riga: “Il ritorno del Re è stupendo”.

E voi, cosa ne pensate? Fatecelo sapere nei commenti!

Classifiche consigliate