Il signore degli anelli: La Compagnia dell’Anello ritorna in sala raccogliendo il grande affetto del pubblico. Ma quando si è generato? La critica ha capito subito di essere di fronte a qualcosa di grande? Cosa dicevano le prime recensioni? Lo scopriamo qui sotto.

Quando si pensa alla Terra di Mezzo è difficile non immaginarsi i luoghi e i volti scelti da Peter Jackson per il film. La magnificenza della messa in scena è così efficace da avere contaminato l’immaginario collettivo. Prima de La compagnia dell’anello, immaginarsi Il Signore degli Anelli era compito della fantasia del lettore. C’erano le illustrazioni di Alan Lee e il film animato da Ralph Bakshi, ma nulla in confronto a quello che arrivò sul grande schermo.

Roger Ebert nella sua recensione ammira la tecnica e la maestria che ha reso possibile il film, ma confessa anche un disagio: il mondo di Tolkien non era come se lo immaginava leggendo i libri. Una differenza di visione tra il critico e l’autore dei film che, come detto nella recensione, poco deve importare il pubblico perché relegato alla pura sfera soggettiva. 

Questo pensiero ha però guidato Ebert nel riprendere in mano il libro. Ne riconosce una natura diversa da quella cinematografica. Sul libro del Signore degli Anelli, dice, “non ruota intorno a un arco narrativo o alla crescita dei personaggi, ma su una lunga serie di episodi in cui la vera essenza dei personaggi viene dimostrata ancora e ancora…”.  Questa osservazione fa riferimento alle molte peripezie affrontate dagli Hobbit che, nel libro molto più che nel film, mettono alla prova la loro natura bonaria di partenza. E dimostrano, grazie alla fedeltà al loro carattere, di essere più forti del male.

Peter Jackson invece complica il viaggio, toglie l’aura rassicurante del libro e costringe gli Hobbit ai margini di una storia più grande. Per Roger Ebert quindi Peter Jackson non ha trasformato il libro de Il Signore degli Anelli ne La Compagnia dell’Anello, ma l’ha trasmutato in un epico cappa e spada dallo stile moderno. Un tradimento necessario, ma che impedì al critico di dare pieni voti al film (ma “solo” tre stelle su quattro).

Di diverso avviso era Peter Travers che su Rolling Stone aprì la sua recensione dicendo che Peter Jackson aveva fatto ballare le pagine del libro. Neanche finito il primo paragrafo e già elencava gli anni (pochi) di attesa per vedere la conclusione. Si lancia in un lungo elenco di aggettivi positivi pieni di entusiasmo. Il complimento migliore appare però quello di avere accostato tre delusioni di quell’anno (il terzo Jurassic Park, La Mummia – Il ritorno e Lara Croft: Tomb Rider) e di avergli contrapposto il film come estremo opposto in positivo. Il lungo prologo? Semplicemente: “Tolkien for Dummies”.

Tra i passaggi della recensioni più esemplari del clima di quell’epoca cinematografica vi è anche: “lavorando in Nuova Zelanda con la sua troupe, lontano dagli squali di Hollywood, Jackson mette a segno un colpo di regia che dovrebbe far riflettere George Lucas”. La mente dietro a Star Wars stava progettando in quegli anni la sua discussa trilogia prequel. Sono molte le recensioni che lo attaccano elogiando come contrasto il film di Jackson. Pura nostalgia di battaglie dei tempi andati. 

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Arwen e Elrond non sono sviluppati a sufficienza, continua l’autore della recensione, ma la colonna sonora di Howard Shore fa vergognare la “poltiglia fatta da John Williams per Harry Potter” (sic!). Opinione condivisa anche da Todd McCarthy su Variety. Erano bei tempi. Decisamente bei tempi…

La Compagnia dell’Anello si portava dietro anche infiniti pregiudizi rispetto al genere fantasy, considerato roba per ragazzini e coacervo di suggestioni fiabesche superate dai tecnologici anni ’90. Peter Bradshaw esprime tutto questo nella sua recensione per The Guardian. Prende in giro il Frodo di Elijah Wood per i suoi occhi sgranati in una perenne espressione di shock e paragona Gandalf a Obi Wan Kenobi di Star Wars. Sembra non trattarlo come un film d’autore, ma come un film di puro e semplice intrattenimento. 

La rivalità tra il mondo di Tolkien e quello di J.K Rowling viene sottolineata anche da The A.V Club, in favore del primo. Si percepisce però sempre una certa cautela nell’elogiare un prodotto simile, lasciando il giudizio sospeso per i successivi capitoli.

La recensione cita inoltre Creature del Cielo in cui il mondo di fantasia è un sintomo di una regressione di due teenager emotivamente disfunzionali. E aggiunge “fatico a dire se questa sia o non sia una descrizione corretta del target di fan de Il Signore degli Anelli”. 

Tutte le recensioni citano e analizzano con meticolosità la lotta del bene contro il male che è rappresentata nel film. Spesso viene citata come un elemento insistito e quasi banale. È un aspetto che oggi appare molto meno fastidioso se si riguarda il film. Probabilmente questa attenzione dei critici sul manicheismo del film viene dalla vicinanza con l’attacco alle Torri Gemelle di pochi mesi prima dell’uscita del film. Il clima geopolitico era tesissimo e molti cercavano di vedere una fotografia dell’attualità. 

Variety continua l’analisi del film notando l’eccellente lavoro fatto sulla prospettiva e sulla differenziazione dei personaggi. Grandi lodi sull’aspetto tecnico, seguite da una maggiore freddezza per quanto riguarda la parte emotiva della storia. 

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Slant Magazine incentra la sua recensione sull’importanza dei luoghi. Le avventure degli Hobbit, strutturate quasi a capitoli come il libro, trovano nei posti visitati e nelle scenografie un tono e un’espressività particolari.

Screendaily invece tira un sospiro di sollievo sulla profittabilità del film a livello internazionale: Il Signore degli Anelli ha le carte in regola per essere un successo internazionale nonostante il budget stratosferico.

Generalmente le altre recensioni hanno promosso il film con buoni voti (quasi mai dando il massimo del punteggio). Colpisce che in pochi si siano resi conto del fenomeno a cui stavano assistendo. O, per lo meno, in pochi l’hanno esplicitato. La Compagnia dell’Anello fece però il suo. Generò una grande attenzione e attesa rispetto al proseguimento della storia.

Colpisce inoltre quanto i critici abbiano dovuto usare altri franchise come Harry Potter e Star Wars come “stampella” per descrivere e dare una scala di valutazione all’opera di Peter Jackson. Solamente questo fatto descrive bene la portata (inconscia) dell’evento.

E noi cosa ne abbiamo scritto? Come facilmente intuibile dal nome dato a questo sito che state leggendo, il lavoro fatto da Peter Jackson ha avuto un impatto fondamentale sulla nostra vita cinefila. Non ne abbiamo scritto nel 2001 (ancora il sito non esisteva), ma abbiamo recuperato la lacuna tempo dopo con degli omaggi che ci sono venuti dal cuore. Vi lasciamo quindi con il ricordo di quei magici giorni dell’uscita de La Compagnia dell’Anello a cura di Francesco Alò. “Sembrava impossibile. Noi tolkieniani avevamo perso la speranza” dice nell’articolo che potete trovare qui. E ancora concordiamo con lui.

E a voi, invece, come era parso il film ad una prima visione? Fatecelo sapere nei commenti e, soprattutto, scriveteci cosa ne pensate ora se lo rivedrete con noi sul grande schermo!

Noi saremo, ovviamente, a Melzo in Sala Energia.

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