Jack Reacher è su Netflix

La nostra recensione della serie di Prime Video dedicata a Jack Reacher si apriva con queste parole: “La prima cosa che salta all’occhio guardando Reacher è Alan Ritchson, cioè lo stesso Jack Reacher”. La prima cosa che salta all’occhio guardando Jack Reacher, invece, non è Tom Cruise, ma una straordinaria sequenza quasi muta che dimostra come Christopher McQuarrie, veterano dell’industria che nel 2012 dirigeva quello che era appena il suo secondo film, sia uno dei registi di genere migliori che ci siano in circolazione, capace di coniugare secchezza e precisione chirurgica con un gran gusto estetico e un notevole occhio per le simmetrie. Tom Cruise, cioè il Jack Reacher che non è esattamente Jack Reacher, arriva dopo; e la prima impressione, almeno per chi ha letto i romanzi di Lee Child, è quella di trovarsi di fronte alla versione ordinata su Wish dell’ex supersoldato.

È da dieci anni che è impossibile parlare di Jack Reacher – La prova decisiva (questo il titolo italiano completo del film tratto dall’omonimo romanzo) senza parlare della presunta inadeguatezza di Tom Cruise, soprattutto ora che Reacher ha un nuovo volto molto più fedele a quello dei romanzi. Non si è risparmiato neanche Lee Child, che dopo aver inizialmente difeso la scelta è tornato sui suoi passi e ammesso che “i lettori avevano ragione”. Fin dai primi giorni in sala – anzi, fin da quando le prime foto dal set hanno cominciato a circolare nel lontano 2011 – Jack Reacher si è dovuto confrontare con il problema del protagonista, e ha dovuto sopportare critiche e sberleffi senza poter reagire.

 

Rosamunda Piche

 

Perché al di là di ogni considerazione che faremo dopo sul film, e dei soliti discorsi sull’importanza o meno di un adattamento fedele quando si fa il salto dalla pagina al grande schermo, è innegabile che il Jack Reacher di Jack Reacher non sia Jack Reacher. Una cosa è adattare, modificare certi tratti caratteriali di un personaggio o certi snodi di trama per meglio adeguarli al salto di mezzo. Un’altra è prendere un personaggio descritto come un armadio di 1.95m per 95kg con “la faccia che sembrava cesellata nella roccia da uno scultore con tanto talento e poco tempo a disposizione” e affidarlo a Tom Cruise, che stando alle informazioni che si trovano su Internet è più basso non solo del Jack Reacher dei romanzi e di quello della TV, ma persino di chi sta scrivendo queste parole.

Non è un vezzo solo estetico. Il fisico imponente di Reacher è parte integrante della sua personalità, come lo è il fatto, per esempio, che è così gigantesco per semplici ragioni genetiche: ama il junk food e odia la palestra, e nonostante questo madre natura lo ha dotato della corporatura (e della muscolatura) di una statua greca sotto steroidi. Non è solo un discorso di dimensioni: Jack Reacher è quasi un freak, una persona innaturalmente enorme e muscolosissima, che è nata così e che ha potuto quindi dedicare il periodo della sua crescita a coltivare altri interessi e altre passioni. Jack Reacher è naturalmente colossale ed è anche per questo che è un genio alla Sherlock Holmes: non ha dovuto sprecare tempo a fare pesi per diventare così, e l’ha potuto quindi investire nella sua formazione intellettuale.

 

Cruise

 

Cambiare in maniera così radicale l’aspetto di Jack Reacher, nascondendo quella “forza pari a quella di tre uomini” dietro le camicette anni Novanta di Tom Cruise, significa avere a che fare con un personaggio che con il Jack Reacher dei romanzi condivide il nome e la backstory, ma che per il resto deve necessariamente avere una forza tutta sua, un suo modo di essere Jack Reacher che non può affidarsi alle proporzioni. O anche: il Jack Reacher di Jack Reacher non è Jack Reacher, ma un personaggio interpretato da Tom Cruise che si chiama Jack Reacher. E sapete qual è il punto? Lo era nel 2012 quando il film uscì e lo è ancora di più oggi che abbiamo potuto vederlo e rivederlo a mente lucida: il punto è che al film, a Christopher McQuarrie, soprattutto a Tom Cruise, di tutti questi discorsi non frega nulla.

McQuarrie, che di mestiere fa principalmente lo sceneggiatore (nel 1995 vinse anche un Oscar per I soliti sospetti), è interessato in primo luogo a raccontare questa storia di una strage apparentemente insensata compiuta da un cecchino senza motivazioni riconoscibili, una storia che, come da tradizione dei romanzi di Child, si allarga a macchia d’olio fino a rivelare una complessa rete di interazioni più o meno criminali nella quale nessuno è innocente, e Jack è la fiamma purificatrice. Non gli interessa che il suo Jack non sia un monolite: è comunque Tom Cruise, e se deve riempire di sberle senza fare troppa fatica un gruppo di delinquenti ingaggiati per minacciarlo lo fa, senza preoccuparsi troppo del fatto che se fosse trenta centimetri più alto lo starebbe facendo “come nei romanzi”.

 

Jack Reacher Cruise

 

L’intero film è caratterizzato da una sorta di tacito consenso relativo alla discrepanza tra quello che Reacher fa e quello che è. Ovviamente è capace di disarmare un intero plotone di mercenari con il solo uso della sua intelligenza e di una graffetta (potrebbe non essere esattamente così, ma il senso rimane): è Tom Cruise, e quando Tom Cruise si mette in testa di fare una cosa non c’è nulla che lo possa fermare. Con ogni probabilità, Jack Reacher non funzionerebbe altrettanto bene se al posto di Tom Cruise ci fosse un altro attore altrettanto bravo e con lo stesso physique du rôle ma che non è Tom Cruise: il film beneficia direttamente della fama del suo protagonista e dei miti che circolano su di lui e sulla sua dedizione al lavoro. Reacher si può permettere di non raggiungere il metro e ottanta perché lo fa con la faccia di Tom Cruise: metteteci chiunque altro e l’illusione collasserebbe all’istante.

Ovviamente, e qui chiudiamo come avevamo aperto, Jack Reacher è anche aiutato da quello che ingenerosamente potremmo definire “contorno”. McQuarrie qui fece vedere per la prima volta tutto il suo talento come regista (le sequenze iniziale e finale valgono da sole la carriera di tanti mestieranti), e non a caso dopo l’uscita del film è rapidamente diventato il regista di fiducia di Cruise, il quale gli ha affidato le chiavi della casa di Mission: Impossible. Rosamund Pike dal canto suo mette in piedi una masterclass di versatilità, dimostrando una volta di più perché è una delle migliori attrici al mondo, che sarebbe in grado di interpretare qualsiasi ruolo. E infine: come si fa a non amare un film il cui villain è Werner Herzog, protagonista di un film parallelo tutto suo che pagheremmo denaro sonante per poter vedere?

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