E così è stato proprio James Gunn ad ammetterlo: la stanchezza da supereroi esiste e cammina con noi. L’ha detto nel momento più strano in cui rilasciare una dichiarazione del genere. E non è la prima volta. L’ha fatto poco dopo aver presentato il piano della sua DC parlando di “pigrizia nella scrittura” dei film più che stanchezza del pubblico. E poi l’ha rifatto in apertura del periodo più intenso di promozione di Guardiani della Galassia: Volume 3. In un lungo speciale dell’Hollywood Reporter dedicato al film il regista ha spiegato la sua posizione.

Le argomentazioni sono così riassumibili: è vero che esiste la stanchezza da supereroi ma non è tanto legata alla sovraesposizione di questi personaggi, bensì al tipo di storie che vengono raccontate. Quando i film sono basati solo sullo spettacolo, senza radici emotive piantate a terra, si perdono le emozioni e subentra la noia. 

Ora, quello che dice in questo caso (e che ha detto in passato) è ampiamente condivisibile e metterebbe d’accordo anche Martin Scorsese. Alla Marvel non sono però abituati a parlare del tema in questi termini. È pertanto una “prima volta” importante. Interpellato sulla questione, praticamente sin dalla nascita dell’MCU, Kevin Feige ha alternato risposte del tipo: finché ci divertiremo noi a fare questi film, il nostro entusiasmo passerà anche agli spettatori. E ancora: se con le storie di supereroi si va oltre un solo genere, e si prova ad esplorare i diversi linguaggi adattandoli bene, il pubblico continuerà a seguirti.

Dopo gli incassi deludenti di Ant-Man and the Wasp: Quantumania e Shazam!: Furia degli dei è difficile voltarsi dall’altra parte. È da almeno una quindicina di anni che il mondo dei cinecomic non appariva così fragile. Sicuramente ha smesso di essere un porto sicuro al box office.

I due principali studi rivali hanno dei piani ambiziosi e molte uscite previste. Se la scommessa diventa più rischiosa, può essere un grosso problema per la sostenibilità di progetti sempre più costosi e proiettati in là nel tempo. Un flop oggi potrebbe fare male a film di cui si sta discutendo nelle stanze degli sceneggiatori che sono pianificati per il 2026 e oltre. Il pubblico guarda all’oggi, gli studi pagano le conseguenze degli insuccessi sul domani. 

Perché si parla così tanto della stanchezza da supereroi?

Nessun genere cinematografico è immune da stanchezza. È accaduto di recente con i vampiri, con i fantasy e gli Young Adult. Pochi titoli fanno un successo clamoroso, il mercato insegue, satura e inizia a perdere spettatori come un colabrodo. I cinecomic invece sono stati in questi anni un genere capace di attrarre con costanza. È corretto il paragone fatto da Spielberg, parlando della morte del genere, con l’impatto sulla cultura popolare che hanno avuto i western

L’attenzione sullo stato di salute di questi franchise è così alta per un motivo facilmente intuibile: portano soldi, e non solo in sala, ma lungo una filiera fatta di merchandise, piattaforme streaming, parchi a tema e molto altro. Se dovessero declinare in maniera rapida e incontrollata l’impatto sarebbe devastante. D’altronde, come spiegato dal responsabile finanziario di Warner Bros. Discovery Gunnar Wiedenfels: i franchise vanno fatti vivere, non possono prendere polvere negli scaffali delle proprietà intellettuali acquisite. Vanno monetizzati.

Vi abbiamo parlato tempo fa di un’interessante ricerca su questo tema. Chi coltiva una fanbase forte ha anche una platea disposta a spendere in prodotti vari. Si rilevava ad esempio come i fan più attivi di Harry Potter avessero un esborso medio di 557€ per collezionare costumi, tazze, magliette brandivate e quant’altro. Per i fan di Superman la spesa si aggira intorno ai 313€, quelli dei Guardiani della Galassia 259€. Un valore ben maggiore rispetto a quello del semplice acquisto del biglietto. 

Così la stanchezza da supereroi fa tremare l’industria molto più che i fan. In fondo a loro basta semplicemente distaccarsi da un franchise. Ben più difficile per gli studi liberarsi o gestire una proprietà che non funziona più su tutta la catena di business.

James Gunn Zachary Levi

James Gunn ha ragione?

Secondo un recente sondaggio, nonostante Gunn sia uno dei pochi ad ammetterlo con tale verve, ha ragione da vendere. Il rischio della saturazione dell’offerta supereroistica è un dato di fatto. Più di un terzo dei fan Marvel ha detto di essere affaticato dal continuo flusso di contenuti sia in offerta cinematografica che su Disney Plus. I fan DC sono invece più disposti a seguire opere con un supereroe specifico, ma fanno fatica a stare dietro all’intero catalogo. Per i Marvel Studios però, che hanno fatto della continuità il loro successo, perdere pubblico su personaggi specifici potrebbe tramutarsi in un abbandono della storia generale, il cosiddetto “grande affresco”. Chissà, ad esempio, se Quantumania avrà delle conseguenze rispetto al lancio di Kang, il nuovo grande cattivo che il pubblico avrebbe dovuto iniziare amare e temere in questo film. 

Nell’intervista James Gunn dice anche altre cose parlando di Guardiani della Galassia: Volume 3 insieme a Karen Gillan.

Poter completare la trilogia dopo nove anni dall’inizio, in cui molti avevano dato per perdente il progetto, ha comportato un’emozione che si è riversata sul set. C’è una scena sul finale, dice Gilian, in cui i personaggi piangono, ma nessun attore stava recitando. Gli ultimi giorni di riprese erano un addio (sappiamo che questa squadra non tornerà in eventuali prossimi capitoli) che tutti hanno percepito come autentico.

Chris Pratt invece ha spiegato che sarebbe interessato a continuare ad interpretare Peter Quill, qualora ci fosse qualcosa di interessante da dire. Senza alludere alla possibile morte del personaggio ha aggiunto che in queste storie c’è sempre un modo per riportare in vita qualcuno. La fine non è mai scritta.

È proprio questo il punto che manca quando si parla della fatica a seguire queste avventure: il bisogno di una fine. La Marvel divide in trilogie, fasi, saghe, senza che queste siano concetti particolarmente rigidi. Però un orizzonte come questo può aiutare il pubblico a defaticarsi. Serve sapere cioè quanto impegno si dovrà dedicare per potersi godere dall’inizio alla fine un racconto. E poi, quando arriva un termine, deve essere il più definitivo possibile. Show must go on, ovviamente, ma solo un senso di chiusura permette di aprire nuove trame. 

Gunn parla della stanchezza da supereroi perché sa come vincerla?

The Flash Batman v Superman

Ci si metta nei panni di James Gunn. A capo della nuova direzione DC sta stendendo il piano per i prossimi anni. La stanchezza da supereroi non può che essere il suo pensiero principale notte e giorno. E se il suo progetto arrivasse troppo tardi, senza più un pubblico ben disposto a seguirlo? Come evitare tutto ciò?

Il primo passo è ammettere che un problema esiste e che, per il pubblico, i cinecomic non sono più appetitosi come un tempo. In questa prospettiva le dichiarazioni di Gunn spiegano anche il loro tempismo apparentemente sbagliato. Invece che un segnale d’allarme queste parole indicano una missione per il regista che sarà impegnato testa e corpo nel genere alla pari dell’amico Kevin Feige. James Gunn ha firmato un contratto per dedicare i prossimi anni della sua carriera al genere. Non lo si fa senza amore per la materia.

Così, senza disprezzo, polemica o disfattismo, queste dichiarazioni vogliono essere una rassicurazione. L’uomo che ha in mano il presente della Marvel e futuro della DC ci sta dicendo di aver ben presente la crepa nel vaso. Tranquilli tutti, sembra dire, non la ignorerà, anzi, ha intenzione di porvi rimedio alla svelta. Prima che sia troppo tardi.

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