Duemila (e più) anni di storia dell’uomo hanno dimostrato che gli equilibri del mondo si basano su rapporti di forza tra diversi gruppi sociali. Gli scontri, le guerre, tracciano i confini della geografia e cambiano le vite delle persone. La democrazia stessa si basa sull’idea di controllare questi conflitti in maniera non violenta. Non certo di sopprimerli, ma di trarre giovamento dall’inevitabile rapporto di forze che si crea. Anche nei consessi politici più avanzati, prima di emanare una legge ci sono scontri, visioni diverse, bracci di ferro da cui solo una posizione uscirà vincitrice. Nell’universo di Mortal Kombat (disponibile dal 30 maggio in esclusiva streaming su NOW) le questioni si dirimono a calci e pugni. I regni si regolano in maniera viscerale. I combattimenti mortali sono la moneta di scambio per l’indipendenza. Nella fantascienza e nel fantasy spesso queste forme sono conseguenza del crollo delle strutture sociali. Seguono l’apocalisse. Qui sono semplice normalità, sono la legge primitiva degli Dei.

In questa nuova e attesissima trasposizione dell’immaginario del videogame Mortal Kombat, un manipolo di campioni deve scontrarsi in un torneo per dominare multiverso. L’Outworld (una dimensione malvagia e brutale), dopo ripetute vittorie nei Mortal Kombat, sta per conquistare in segreto l’Earthrealm. Ma un’antica profezia fa rinascere la speranza: una nuova generazione di guerrieri si unirà per difendere il regno e scongiurare l’avvento del male.

Il set di regole che governa Mortal Kobat è ben noto agli appassionati di videogiochi: vinci o sarai ucciso (con violenza). Salta da un incontro all’altro. Non fidarti di nessuno. Picchia duro. Picchia ancora più duro e, mentre lo fai, divertiti.

320x80-now-guarda-su

Ma il protagonista del film Cole Young (interpretato da Lewis Tan) non lo sa ancora e dovrà scoprirlo sulla sua pelle. Inizialmente fallisce perché si trattiene, si autocensura quasi per timidezza. È un neofita proprio come uno spettatore che entra in questo mondo senza conoscere il videogioco e che non sa cosa aspettarsi. Prima sottovaluta la portata di quello che gli succede, poi attraverso fiumi di sangue (e potenti shock visivi che non gli lasciano alcun dubbio su ciò che deve fare) viene trascinato dentro la spirale di violenza e ne diventa parte integrante. La posta in gioco non è solo la sua vita, ma la sua intera realtà.

mortal kombat Questa nuova versione di Mortal Kombat diretta da Simon McQuoid è folle, rapida, esplosiva come promesso. Fa venire voglia di inforcare il controller. È un atto d’amore, cuore in mano (letteralmente strappato dal petto), nei confronti del videogioco. Sono infatti presenti alcuni nomi storici della saga come Sub-Zero, Sonya Blade, Kano, Jax, Liu Kang e molti altri che sapranno stuzzicare i fan. Ma c’è anche altro, c’è la voglia di andare oltre il semplice omaggio, di raggiungere anche un altro pubblico.

McQuoid ci prova attraverso l’incognita, il mistero che lega la trama e che risponde al nome di Cole Young. Il nuovo protagonista è un volto inedito della saga e, in quanto tale, è come un Caronte che guida lo spettatore nell’inferno dei combattimenti. La sua identità (e i poteri) sono tutti da scoprire, non solo per chi guarda, ma anche da lui stesso.

Articolo realizzato in collaborazione con NOW Ha il combattimento nelle ossa e nel sangue. È un lottatore di MMA che si guadagna da vivere sputando sangue nella gabbia. Ma è anche un essere umano completo, capace di avere una famiglia, provare amore e pietà.

Un simbolo impresso nella sua pelle (e dove altro poteva essere in un film così carnale?), racconta di un passato misterioso, di una stirpe scomparsa di cui è erede. E soprattutto è un segno dell’anima, una vocazione a combattere fino all’ultimo respiro. Guerrieri si nasce, non si diventa.

Cole sembra però scappare dal suo retaggio, spaventato dalla sua potenza inespressa. Durante i tornei MMA sembra trattenersi, perdere apposta per non eccedere nei danni fisici inferti all’avversario. Nel mondo di Mortal Kombat, dove tutto è netto, chiaro e viscerale, non c’è spazio per le incertezze. Lo capirà presto.

L’intuizione del regista Simon McQuoid è infatti di mostrare le fatality non solo come tripudio splatter citazionista rispetto al videogioco, ma con un senso nella trama. La morte, di cui il film si nutre, non può mai essere ambigua. Se una persona è ancora riconoscibile, nonostante le ferite e i litri di sangue persi, magari per un atto di pietà, non è detto che sia veramente finita. La fatality non è (solo) un atto di crudeltà, ma è la prova visiva che l’avversario non tornerà più. È un’autopsia a cadavere ancora vivo.

Non bisogna vergognarsene di goderne. Perché il tripudio di interiora e di mutilazioni è puro sfogo estetico di giustizia o ingiustizia. È puro cinema della visione aumentata, interiore e scarnificata.

320x80-now-guarda-su

Gli occhi con cui il protagonista guarda e partecipa alle lotte, sono anche quelli dello spettatore che affronta il Mortal Kombat per la prima volta. Nella filosofia del film il torneo non è una cosa che succede per caso, ma è un momento della vita a cui si è chiamati. Il processo di scoperta dei poteri, l’addestramento a cui sono sottoposti gli eroi, è come un lavoro scultoreo: non si plasma la materia per fare uscire una figura, ma si tolgono gli strati di marmo per liberare ciò che già esiste sotto la superficie. La forza, i poteri, ci sono già. Bisogna solo farli uscire.

Ed è qui che il film gioca con le attese. Ovvero la voglia di scoprire ciò che già si sa, cioè vedere i poteri dei personaggi ben noti. Ma anche la sorpresa di capire chi sia il nuovo personaggio (dilemma che ha dato origine a numerose fan theory per i mesi che ci hanno separato dall’arrivo del film) e come si esprima attraverso i calci e i pugni.

Mortal Kombat racconta la violenza attraverso la lente deformante e surreale del cinema. Corre veloce, saltando subito al punto, proprio come quando si accende la consolle e si vuole iniziare a pigiare con frenesia i tasti. Ma il “gioco” avrebbe stufato presto senza uno strumento narrativo per togliere la passività dello spettatore: questo elemento è proprio Cole, il volto nuovo, il giocatore bonus, il legame emotivo. Cole è il personaggio più distante dalla leggenda di Mortal Kombat, ma che potrebbe segnare il futuro della saga. Per lo meno al cinema.

 

Mortal Kombat è disponibile in esclusiva dal 30 maggio in streaming su NOW. E fino a domenica 30 Maggio è possibile abbonarsi alla piattaforma per 2 mesi a soli 9.99€.

 

Classifiche consigliate