Thanksgiving è al cinema dal 16 novembre

Quando si pensa all’ispirazione che colpisce un artista e lo porta a creare un’opera indimenticabile, si tende sempre a immaginarsi situazioni epico/romantiche: l’idea che ti illumina la mente in piena notte, il colpo di genio nato durante una passeggiata tra gli alberi… A volte, però, non serve tutto questo: basta uno schermo molto grosso, un divano altrettanto enorme, degli snack appetitosi e tanti, tanti film da guardare in rapida successione. È quanto successe nell’ormai lontano 2007, quando Quentin Tarantino e Robert Rodriguez portarono al cinema il progetto Grindhouse, e con esso una serie di finti trailer di film allora inesistenti, e che con gli anni hanno acquisito vita propria. L’ultimo in ordine di tempo è Thanksgiving di Eli Roth: qui vi raccontiamo come ci siamo arrivati.

“Avevo appena fatto Sin City, ed ero andato a trovare Quentin per mostrargli il montaggio della scena che aveva diretto” racconta Rodriguez in questa vecchia intervista. “Casa sua era piena di robaccia sul pavimento, proprio come casa mia. E sul pavimento, ancora una volta proprio come a casa mia, c’era lo stesso poster di un double bill che mi aveva dato l’ispirazione [per scrivere un doppio film]. I film erano Dragstrip Girl e Rock All Night. Dissi a Quentin ‘ho questa idea di girare un double bill, e secondo me potrebbe essere il nostro prossimo film. Io ne giro uno, tu l’altro’. E lui mi rispose ‘va bene, lo chiameremo Grindhouse’”.

Thanksgiving Roth

Il riferimento è a quei cinema americani che, sempre nelle parole di Rodriguez, “proiettavano tutti i generi possibili di exploitation: kung fu, horror, giallo, sexploitation, i film di redneck che si inseguono in macchina, la blaxploitation, gli spaghetti western…”. Lui e Tarantino condividevano la passione per questi film dei quali “spesso la locandina era più bella del film stesso; noi abbiamo deciso di fare due film all’altezza dele loro locandine”: nacquero così le idee per Death Proof, lo slasher che Tarantino aveva sempre sognato di fare senza mai trovare l’approccio giusto, e Planet Terror, il film di zombi che Rodriguez sognava di fare da ancora prima del grande ritorno del genere.

Il progetto Grindhouse nasceva però dal ricordo non tanto di uno specifico film o genere, ma di un’esperienza più a tutto tondo: quella di andare in sala, pagare pochi spicci per un pacchetto di popcorn e sedersi su una poltrona appiccicosa per godersi chissà quale forma di sfruttamento della violenza, del sesso o di entrambe le cose insieme. E questa esperienza prevedeva anche il farsi ingolosire da quelle locandine citate da Rodriguez, appese in giro per il cinema e che promettevano nuove mirabolanti uscite, ma soprattutto dai trailer proiettati prima dei film, o nella pausa tra un film e l’altro in caso di double bill.

Plante

Fu Tarantino a decidere che anche il progetto suo e di Rodriguez avrebbe dovuto avere i suoi bravi trailer, per imitare il più possibile le sue esperienze giovanili. Inizialmente, i due decisero di occuparsi in prima persona anche di questo aspetto dell’opera. Ma quando raccontarono l’idea agli amici Eli Roth ed Edgar Wright ottennero da entrambi la stessa reazione: “Possiamo farne uno anche noi?”. Tarantino e Rodriguez accettarono pensando che nella peggiore delle ipotesi avrebbero potuto semplicemente non usare quei trailer; e nella migliore, la loro Intermission avrebbe avuto una varietà maggiore. Va anche detto che ci misero pochissimo a convincersi della bontà della loro scelta, e decisero immediatamente di integrare i lavori degli amici nel film: quello a cui andò peggio in questo senso fu il povero Rob Zombie, che si fece prendere la mano e girò mezz’ora di materiale, tagliato alla fine a soli due minuti.

I cinque trailer che separano Planet Terror da Death Proof hanno avuto origini e destini molto diversi. Machete è l’unico girato da uno dei due registi principali, che giocherellava con l’idea da quasi vent’anni e che aveva già inserito il personaggio di Danny Trejo nel suo Spy Kids. Il trailer fece talmente tanto scalpore che diventò un film nel giro di due anni, al quale seguì un primo sequel nel 2013. È da allora che si parla di un possibile terzo capitolo, che però non ha mai visto la luce (per ora).

Werewolf Women of the SS è la versione di Rob Zombie di un classico come Ilsa la belva delle SS, un trailer graziato in particolare dalla presenza di Nicolas Cage nonché il più grande rimpianto del progetto Grindhouse: attendiamo ancora oggi che possa diventare un film vero e proprio, e ci chiediamo cosa aspetti Zombie a recuperare quei ventotto minuti di girato che ha dovuto tagliare. Anche Don’t, che fa invece il verso agli horror della Hammer, non ha mai avuto un seguito di lunga durata, nonostante Edgar Wright si fosse divertito un sacco non solo a girarlo, ma anche a torturare la pellicola per invecchiarla ad arte e renderla quindi più adatta al progetto. Qui se volete c’è un interessante Making of.

Gli altri due trailer che sono invece diventati film sono Hobo with a Shotgun e, appunto, Thanksgiving. Il primo è forse il più curioso del lotto, perché è l’unico finto trailer non girato da un amico di Tarantino e Rodriguez. Jason Eisener, canadese, lo creò infatti per partecipare a un concorso indetto da Robert Rodriguez, il vincitore del quale avrebbe appunto avuto l’onore di essere incluso in Grindhouse. Il fake trailer è stato poi allungato in un film datato 2010, con Rutger Hauer nei panni del “barbone con il fucile a pompa” protagonista.

E arriviamo infine a Thanksgiving, che dopo sedici anni Eli Roth è riuscito a trasformare in film (e che film! Vedrete…). Roth ha raccontato qui che l’idea di uno slasher ambientato il giorno del ringraziamento gli ronzava in testa (a lui e a Jeff Rendell, che nel trailer interpreta il killer mascherato) fin da quando era ragazzo e, da fan degli slasher e in particolare degli slasher festivi, pregava perché qualcuno ne girasse prima o poi uno dedicato al Thanksgiving. Il passaggio più divertente dell’intervista è quello in cui Roth spiega che gli è piaciuto un sacco girare questo finto trailer perché “every shot is a money shot”, che potremmo tradurre “ogni scena è una scena madre”. Cioè: se stai girando il trailer di un film che non esiste, non devi preoccuparti di rovinare alcuna sorpresa, e puoi riempirlo con tutte quelle scene che in un ipotetico vero film preferiresti tenere nascoste fino al momento della visione in sala.

Di fatto, Thanksgiving è un anti-trailer, che mostra subito tutte le scene più importanti e impattanti del film rovinando ogni possibile sorpresa. Ovviamente poteva permetterselo perché pubblicizzava un film inesistente – che però vent’anni dopo è diventato realtà, costringendo quindi il suo autore a ripensare tutto da capo: Roth non si è potuto limitare a espandere le idee del trailer perché già se n’era bruciate troppe, e ha quindi dovuto reimmaginare l’intero progetto, trasformando le suddette idee in citazioni colte e introducendone di nuove. La cosa migliore è che ce l’ha fatta, e Thanksgiving è uno degli horror migliori dell’anno: ci sono voluti sedici anni ma ne è valsa la pena.

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