The Astronaut Wives Club 1x01"Launch": la recensione

Temi già visti per una storia che non cattura, raccontata con un ritmo sbagliato: The Astronaut Wives Club non funziona

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Nessun dubbio che il titolo della nuova serie della ABC sia dovuto a quello dell'omonimo saggio su cui è basata, ma forse nel momento in cui è deciso di adattare questa storia sarebbe stato meglio optare per qualcosa di meno letterale o almeno più ispirato. In ogni caso quello del titolo di The Astronaut Wives Club non è che l'ultimo dei problemi della nuova, e a lungo rimandata, serie del network americano. Ad una grande storia che forse avrebbe avuto senso raccontare, soprattutto in questo momento di grande fortuna per i period-drama, viene preferito un approccio da una prospettiva diversa: un dietro le quinte evidentemente indirizzato ad un target femminile, e tuttavia senza pretese e senza nemmeno la forza della leggerezza. Un drama dai personaggi già visti e dai temi poco incisivi, con alcune scelte di ritmo incomprensibili e poche prospettive per il futuro.

Nel 1961, all'inizio del decennio della corsa allo spazio, gli Stati Uniti riescono a mandare il loro primo astronauta in orbita. Quel lancio viene preceduto da una lunga selezione tra sette potenziali candidati, trasformata, in puro stile americano, in una lunga campagna promozionale, anche questa strumento nella Guerra Fredda. Davanti ai riflettori finiscono anche le sette mogli dei candidati, che inevitabilmente, tra ripicche, frecciatine e gelosie, stringono un legame di amicizia che le porta a confidarsi reciprocamente segreti che non possono trovare spazio in pubblico. La serie creata da Stephanie Savage (Gossip Girl, The O.C.) inizia proprio così, nel giorno del lancio, per poi fare un immediato dietrofront di due anni.

Questo lunghissimo flashback occupa tutta la durata del pilot, presentandoci le mogli, inquadrando le loro caratteristiche principali, esaurendo immediatamente la spinta narrativa verso la scelta del candidato e quindi la missione, e rilanciando subito dopo con il progetto di allunaggio. E qui c'è già il primo problema della serie. Riassumere due anni in quaranta minuti non è semplice, e la serie semplicemente non ci riesce: il passaggio del tempo non viene percepito, i rapporti si fanno e disfano con velocità sorprendente, e solo l'autoillusione che in realtà la finestra temporale sia molto più breve di quanto in effetti non è ci permette di prendere per buona l'evoluzione dei rapporti tra queste donne.

E in ogni caso, come è ovvio, questi due anni non sono altro che l'introduzione di una storia e di un gruppo che solo alla fine della puntata entra in una nuova fase, allineandosi al racconto della stagione, che probabilmente avrà tempi narrativi molto più brevi. Avrebbe avuto molto più senso costruire il gruppo episodio dopo episodio, magari facendo coincidere la missione con il finale di stagione, dando un senso alla vicinanza tra queste donne che, al termine della puntata, non sappiamo bene come giustificare. E che tra le altre cose blocca qualunque possibile tensione nei momenti più concitati, come appunto il lancio nello spazio.

Nulla di particolarmente originale sotto il profilo dei temi trattati. Una semplice fotografia della società dell'inizio degli anni '60, con la moglie insoddisfatta e spesso tradita che rinuncia alla propria individualità per il bene del matrimonio e, in questo caso, anche per evitare lo scandalo pubblico, tutto trattato in modo molto superficiale e piatto. Sui residui di credibilità rimasti si abbatte infine un casting in cui ritroviamo, tra le altre, Yvonne Strahovski, Dominique McElligot, Odette Annable e Joanna Garcia: va bene che anche l'occhio vuole la sua parte e che si tratta di interpreti che in altre serie ci sono piaciute tantissimo, ma nell'insieme appare subito evidente come qui si è calcata troppo la mano sull'aspetto "telegenico", piuttosto che sull'aderenza storica.

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