La recensione della seconda stagione di Alice in Borderland, disponibile su Netflix

“Ogni cosa ha la sua morale, se si sa trovarla.”

Così Lewis Carroll teorizzava nel suo folle e controverso Alice nel Paese delle Meraviglie, spunto (saggiamente tradito) di Alice in Borderland. Difficile, per chi abbia visto la prima stagione della serie Netflix, rintracciare una morale nelle morti che si susseguono al suo interno; l’unica logica apparente è quella del divertimento di un pubblico invisibile, che costringe i personaggi a continui, estenuanti giochi letali associati alle carte da poker.

La seconda stagione non devia dal tracciato, ma rallenta sensibilmente il ritmo del racconto per concentrarsi sulla componente psicologica che ciascun gioco porta con sé. Fiducia, tradimento, sacrificio; temi certo già affrontati dalla serie, ma che nel nuovo arco trovano un respiro più ampio e profondo. Il viaggio prosegue su binari già noti allo spettatore, correggendo però il ti...