Coincidenza o meno, non si può non confrontare Il nostro generale con Esterno Notte, altra serie RAI da poco andata in onda, di cui la prima funge da differente prospettiva e ideale prosecuzione. Raccontando la vita di Carlo Alberto dalla Chiesa, inizia focalizzandosi sullo stesso nucleo narrativo (le Brigate Rosse) con il medesimo tentativo di fornire uno specchio dell’intera Italia, oltre che delle vicende dei personaggi. Proprio il rapimento e l’omicidio di Ado Moro costituirà inoltre una svolta cruciale per la storia e per il suo protagonista, interpretato da Sergio Castellitto. Ma se quella di Marco Bellocchio era una (raro) esempio di serialità d’autore trasmessa dalla televisione generalista italiana, Il nostro generale è invece un prodotto più vicino a quello a cui siamo abituati a vedere in RAI. In attesa del suo debutto sul piccolo schermo, al Torino Film Festival abbiamo visto in anteprima i primi due episodi. Vi raccontiamo le anticipazioni sulla trama e le nostre impressioni.

La trama de Il nostro generale

La storia del Il nostro generale inizia quando, nel 1974, dalla Chiesa viene trasferito a Torino, dove le Brigate Rosse stanno cominciando le loro azioni violente. Con un gruppo di affiatata giovani, fonda il Nucleo Speciale Antiterrorismo per contrastarle, spesso ricorrendo anche a infiltrati e a lunghi appostamento per stanarne i membri. Le investigazioni portano ai primi successi e ai primi arresti, ma il terrorismo non si placa. Nonostante i buoni risultati, nel 1976 la formazione viene sciolta, a seguito delle critiche formulate da più parti sui metodi utilizzati. I suoi componenti vengono trasferiti in varie città, dove cercano di portare avanti la loro attività. Intanto cominciano i primi processi ai brigatisti, resi molto complicati dalla paura che questi hanno ormai infuso nella popolazione.

Nel frattempo, dalla Chiesa viene nominato coordinatore del Servizio di sicurezza delle carceri, dove continua ad adoperare il suo metodo rigoroso e inflessibile, tanto da scontarsi spesso coi suoi capi. Privatamente, è segnato dalla scomparsa dell’amata moglie Dora (Teresa Saponangelo), a causa di un infarto. Dopo l’omicidio di Moro, ottiene l’incarico di Coordinatore delle Forze di Polizia e degli Agenti Informativi per la lotta contro il terrorismo. Ritrova così la propria squadra e la seconda puntata si chiude con la ripresa delle attività.

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Una buona ricostruzione in una confezione da classica fiction RAI

Il nostro generale è un’accurato ritratto di un’importante figura e la ricostruzione di un cruciale momento storico per il nostro Paese dal punto di vista uno dei suoi protagonisti. Racconta le dinamiche interne della squadra di dalla Chiesa, le pratiche nel dettaglio su come si arriva alla cattura dei brigatisti. La dimensione poliziesca è quella che convince di più: in una Torino coperta dalla nebbia sia negli interni che negli esterni, le investigazione e i blitz del Nucleo speciale sono sviluppate in modi coinvolgenti. La fedeltà agli eventi è poi rispettata pienamente e scandita con precisione. Se non conosce bene la storia o volete riviverla da un’altra prospettiva, Il nostro generale vi potrà sicuramente soddisfare.

La serie diretta da Lucio Pellegrini e Andrea Jublin si pone del resto chiaramente in un orizzonte agiografico ed educativo, che mina la complessità e la profondità del racconto. Il protagonista è ritratto sempre nella sua integrità morale e compostezza: un padre e un generale inflessibile e a volte duro, ma sempre animato da buone intenzioni. Non ci sono ombre su di lui: ad esempio, l’accenno alla proposta che gli viene rivolta di prendere parte alla loggia massonica P2, e i suoi conseguenti tentennamenti, viene sbrigato frettolosamente. La relazione con la moglie e i figli trovano poi molto spazio, in quadretti tanto sinceri quanto semplici. Così come le vicende private dei giovani componenti sembrano aderire a schemi stereotipati (una ragazza amata da abbandonare sull’altare della missione a cui dedicare tutto se stesso). E se tanti temi emergono (il femminismo, le rivendicazioni giovanili, lo scontro padri-figli), vengono trattati spesso con superficialità, alla stregua di una veloce lezione da impartire allo spettatore disattento.

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